L’India secondo un osservatore italiano

Ci scrive Alberto Forchielli, amministratore delegato di Ds Data Systems nonché presidente dell’Osservatorio Asia«Le potenzialità sono infinite»

L’India sta oggi contendendo alla Cina l’attenzione degli ambienti economici, politici, industriali internazionali e i suoi ritmi di crescita, tra i più alti al mondo, sfiorano quelli cinesi. Una politica innovativa sta acquisendo forza, modernizzando il Paese e un’incisiva riforma economica ha consentito uno sviluppo più robusto, consolidando industrie importanti del business internazionale: l’elettronica, l’Information technology (It), la farmaceutica. Il Paese, peraltro, ha fatto leva sulle sue dotazioni più apprezzate: la scuola tecnica, la preparazione degli addetti e la conoscenza dell’inglese.
Ma se la Cina, insindacabilmente attore principale della globalizzazione e destinazione degli investimenti internazionali, è povera nello sviluppo del terziario, l’India, invece, è poco esposta al commercio internazionale e relativamente avanzata nei servizi. In questo senso l’India è senz’altro un mercato piccolo, ma in forte crescita per i nostri prodotti industriali, capace, però, di offrire buoni margini, perché la concorrenza locale non è ancora così sofisticata e agguerrita come quella cinese. Ma, soprattutto, è proprio in India che risiedono le competenze necessarie ai processi di innovazione industriale che sono sempre più dipendenti dal software e dall’elettronica applicata.
Alcuni anni fa, è vero, si andava in India per i bassi costi (10-15 per cento dei costi occidentali), poi si è iniziato a spostarsi in quel Paese per la qualità delle risorse. Infine, per le conoscenze tecniche. Oggi, si va per acquisire capacità innovativa.
Creare in Italia, ingegnerizzare in India e produrre in Cina potrebbe essere sulla carta la combinazione vincente per molte imprese di casa nostra. Calcutta, e tutto il West Bengala, in particolare, sono la nuova frontiera internazionale dell’eccellenza del software. Si tratta di una delle regioni più ricche dell’India, in termini di produzione industriale e agricola, ad altissima scolarizzazione, sede delle migliori università indiane: un enorme serbatoio di talenti, con 150mila studenti che frequentano corsi universitari avanzati, di cui 17mila in ingegneria, con la più alta penetrazione industriale di Internet del sub-continente Indiano. Visitando questo megadistretto di 80 milioni di persone, ci si rende immediatamente conto delle grandi potenzialità che si stanno consolidando in tutto il Paese dal punto di vista economico.

Le cifre parlano da sole. Il mercato indiano dell’It vale 22 miliardi di dollari nel 2005, dei quali oltre 17 sono da ascrivere alla voce “export”, con una crescita complessiva del 32%, e un business che è rivolto per il 90% agli Usa e al Regno Unito, mentre il Giappone e l’Europa rimangono territori incontaminati. L’offerta di bravissimi tecnici a costi contenuti (-12% rispetto a Bombay e New Delhi) e un basso turnover del personale, rendono Calcutta fortemente appetibile. In altre parole, non esiste nessun altro Paese al mondo dove sia possibile replicare una dislocazione di risorse così elevate tecnicamente e a basso costo, con un sistema educativo così avanzato da rendere operative risorse umane che dimostrano una predisposizione naturale per l’informatica. In prospettiva, con un’ampiezza di risorse tale da soddisfare le richieste di It outsourcing del mondo occidentale.

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