“L’innovazione oggi ha il volto della razionalizzazione”

La visione, non troppo ottimistica, di Enrico Negroni, per molti anni ai vertici di Sap, prima in Italia e poi nel Sud Europa. Il manager è ora presidente di Techedge, una giovane società di consulenza, che basa su NetWeaver il proprio approccio al mercato.

Potrebbe apparire singolare, e forse anche controcorrente, la storia professionale recente di Enrico Negroni. Arrivato ad assumere la responsabilità di tutta la regione Sud Europa di un’azienda come Sap, dopo aver guidato la costruzione della filiale italiana, il manager ha fatto una scelta, per così dire, di downsizing, accettando la carica, più istituzionale che operativa, di presidente di Techedge, realtà nazionale che opera nei servizi, certamente giovane e dinamica, ma dal peso certo non paragonabile a quello del colosso tedesco dell’Erp. Con lui abbiamo provato, innazitutto a chiarire i motivi di questo cambiamento e poi a ragionare sull’attuale situazione del mercato Ict in Italia, visto da chi lo ha approciato sin qui, soprattutto con le tecnologie, e ora si pone sul gradino più pragmatico delle soluzioni.

Da Sap a Techedge, cos’ha ispirato questa scelta?


"Per tredici anni ho guidato Sap Italia e ne ho fatto una squadra vincente. Poi, ho speso quattro anni per intraprendere un percorso di crescita internazionale, che mi ha portato ad assumere la responsabilità del Sud Europa. Crescere ancora, a quel punto, voleva dire entrare nel board, cioè trasferirsi in Germania e questo non mi interessava. Inoltre, la visione internazionale fa capire meglio in quale stato versi il nostro Paese. Per usare una colorita metafora, qui la gente sta a bagno pensando di essere in uno splendido mare, invece si tratta di qualcos’altro e c’è chi è pronto a "tirare la catena". Ecco perché ho pensato di tornare a occuparmi del Sistema Italia, per avere una rapporto più diretto con il mercato e mettere la mia esperienza al servizio di realtà nazionali".


Che cosa determina lo stato precario del nostro Paese?


"È evidente lo scollamento che esiste oggi fra domanda e offerta. Il dialogo fra vendor e cliente ha ormai cambiato natura. Prima si andava sul mercato con la consapevolezza di avere da proporre qualcosa di nuovo, per rimpiazzare qualcosa di obsoleto. Oggi, il punto di partenza è ciò che l’utente ha già in casa, aiutandolo a ottimizzare le risorse e, quindi, a innovare".

È un dato di fatto che i propulsori all’investimento, negli ultimi anni, siano stati fattori esogeni all’informatica in quanto tale, legati a scadenze precise. La cultura dell’innovazione ancora manca. Cosa può fare il mondo dei servizi per modificare il corso delle cose?


"L’imposizione, alla lunga, non è un elemento affidabile. L’offerta dev’essere innanzitutto consapevole dei fabbisogni della domanda, che oggi guardano soprattutto al miglioramento dell’operatività quotidiana. La maggioranza delle aziende utilizza male le risorse che ha già. Lì c’è il margine per intervenire. Un esempio? Pensando alle realtà medio-grandi, costruire portali per veicolare le informazioni. Ci sono società dove convivono interfacce e piattaforme diverse, tutte da manutenere, quando basterebbe una razionalizzazione che passa dal motore di Exchange per migliorare il lavoro e far ridurre veramente i costi, non solo promettendo, come si è spesso fatto in passato, qualcosa che poi non si è concretizzato".

Sta dicendo, in sostanza, che innovazione, oggi, vuol dire risistemazione e non nuova progettualità?


"In un certo senso, sì. Non serve un cambiamento fine a se stesso, ma un miglioramento delle performance dei Sistemi informativi. Questo è ciò che vogliono sentirsi raccontare i top manager. Nelle grandi industrie, il processo è già in corso, mentre altri settori sono messi peggio. Penso alla Pubblica amministrazione e alle banche, che non stanno nemmeno approfittando delle opportunità offerte da Basilea II".

Lei viene dal mondo Erp, che forse è tra i maggiori responsabili dell’attuale disorganizzazione delle risorse e dei processi aziendali…


"Non sono del tutto d’accordo. I sistemi Erp presentavano spigolosità operative indubbie, ma di fatto sono sempre stati solo degli strumenti. È stata la loro applicazione nei processi a rovinarne la nomea".

E chi sono i responsabili degli errori: i vendor, i consulenti oppure gli utenti stessi?


"Di sicuro è finito il tempo in cui i consulenti potevano andare in giro a vendere quello che volevano, partendo da concetti come il Bpr, che implicava una rifondazione radicale. Oggi bisogna partire dall’esistente, soprattutto dai processi, ancora afflitti dalle troppe interfacce che li governano".

È questo che fa Techedge?


"Si tratta di una società che opera nella consulenza e offre servizi basati su NetWeaver, ovvero quella che è oggi la piattaforma di punta dell’offerta Sap. Certo, è una scelta di campo, ma io stesso, per primo, non potevo andare contro me stesso. E poi, penso che la focalizzazione sia preferibile al generalismo. Una leva per migliorale le cose, senza pensare a grandi investimenti, sono i Web service. Si possono ridurre tutte le applicazioni a oggetti e poi metterci sopra una piattaforma in grado di gestirli. Siamo agli inizi, ma gli obiettivi di crescita sono solidi".

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