Lo studio, commissionato da Microsoft e condotto su base decennale dalla società di ricerca italiana NetConsulting, ha analizzato la correlazione tra gli investimenti It e la ricchezza, la competitività e lo sviluppo della nostra nazione
In quale misura la crescita di un sistema Paese
dipende dall’utilizzo, da parte dei suoi cittadini, delle tecnologie legate
all’Information Technology?
Se lo sono chieste Microsoft e NetConsulting.
L’una in veste di mecenate, l’altra in qualità di società di ricerca, hanno
analizzato la correlazione esistente tra le due variabili considerate.
Ne è
emerso che, nel lasso di tempo che va dal 1991 all’anno 2000, il mercato
dell’Information Technology in Italia ha registrato un aumento medio annuo pari
al 6,6%. Nello stesso decennio, il tasso di crescita annuo del Prodotto interno
lordo del nostro Paese è stato dell’1,36%. L’incidenza degli investimenti It sul
Pil in Italia – comprensivi di hardware, software e servizi correlati, ma che
escludono le Tlc, poco significative negli anni ’90 – è cresciuta
continuativamente passando dall’1,21% del ’91 all’1,87 del 2000.
Nonostante
questo, gli anni ’90 hanno registrato un divario digitale che si è mantenuto nel
tempo. «Sostanzialmente – ha dichiarato Giancarlo Capitani, amministratore
delegato di NetConsulting -, le nazioni come la nostra, che fin da subito hanno
mostrato un sostanziale ritardo rispetto a Paesi come Stati Uniti e altre
nazioni europee, con il passare degl’anni hanno mantenuto lo stesso gap.
Nonostante i forti investimenti realizzati dall’Italia, soprattutto negli ultimi
anni, la spesa It sul Pil nel 2000 non ha superato il 2%, contro il 4% degli
Stati Uniti, il 3% della Francia e il 3,3% della Gran Bretagna».
In
compenso, negli ultimi dieci anni, il peso degli investimenti in Information
Technology effettuati dal nostro Paese è passato dal 18 al 24%. Inoltre, a
differenza di altri settori produttivi, dal ’91 al ’99 il numero delle aziende
create dal mercato It è cresciuto di oltre 20mila unità, mentre sono stati
creati 28mila nuovi posti di lavoro. Solo nello scorso anno, il valore
aggiunto creato è stato di quasi 37mila miliardi di lire. Un valore che
ha portando il settore dell’Information Technology a essere l’unico
ambito che, dalla metà degli anni ’90 a oggi, ha registrato in Italia una
crescita a due cifre, pari al 10,5%.
Il rovescio della medaglia
Se da una parte
l’avvento dell’informatizzazione ha prodotto anche nel nostro Paese fenomeni di
una certa rilevanza, dall’altra ha portato all’insorgere di due fenomeni
tristemente noti. Quello della pirateria informatica e del cosiddetto
skillshortage, ovvero della mancanza di figure professionali qualificate.
Secondo fonte Bsa il primo avrebbe raggiunto nel 2000 un tasso pari al 46%,
mentre sarebbero oltre 130mila i professionisti It che mancano all’appello
rispetto alle richieste di mercato. Tradotto in altri numeri si tratta
rispettivamente di un danno per le case produttrici di software pari a 900
miliardi di lire e di una perdita di fatturato per le aziende nostrane di
circa 17mila miliardi di lire.
Da qui ai prossimi tre anni
L’indagine condotta
da NetConsulting non si è limitata a interpretare i dati del decennio passato,
ma ha cercato di dare nuove prospettive per il futuro. A seconda del grado di
diffusione delle nuove tecnologie, da qui al 2004, l’Italia si troverà di fronte
a due possibili scenari. Uno definito “neutrale” in cui la crescita del mercato
It sarà costante e avrà un’incidenza sul Pil di casa nostra pari allo 0,19% nel
2002 e allo 0,21% nel 2004. L’altro in cui gli investimenti in It cresceranno di
circa 7 punti percentuali medi annui rispetto all’andamento fisiologico del
mercato.
“Perché ciò si realizzi – ha però sottolineato Capitani -, occorrerà
agire sulla diffusione dell’Ict e lavorare perché si configuri un’economia di
Rete che coinvolga tutti gli attori del mercato. Fondamentale, a tale proposito,
sarà la presenza di un environment forte in grado di “sussidiare”, e non di
sostituire, i diversi soggetti che partecipano al processo di sviluppo. Siamo
tutt’ora in attesa di sapere se la prossima legge Tremonti, inerente gli sgravi
fiscali, riguarderà anche software e servizi. La speranza è quella che si colmi
presto il ritardo nella diffusione delle soluzioni It, soprattutto con la
modernizzazione della Pa e l’incentivazione del lavoro svolto dalle venture
capital a favore delle start up del settore. In sostanza – ha concluso capitani
-, non bisognerebbe mai dimenticare che, per misurare l’impatto degli
investimenti in It su ricchezza, competitività e sviluppo di un Paese, non è
sufficiente domandarsi qual è la capacità di spesa in nuove tecnologie da parte
dei suoi cittadini. Bensì quanto quest’ultimi siano in grado di
utilizzarle”.