Da Assinform il 1° rapporto sul settore It in Italia che occupa 400.000 addetti. Un segmento frammentato e localizzato che sconta approcci ancora artigianali.
“I quattro milioni di piccole imprese presenti sul territorio italiano generano non oltre il 18% della spesa It complessiva. Siamo in presenza di una sotto-informatizzazione delle pmi, che se da un lato rappresenta un grosso limite per il nostro sistema Paese, dall’altro costituisce un enorme bacino di opportunità per tutto l’universo degli operatori del mercato It”.
È questo l’assunto dal quale parte Giancarlo Capitani, presidente di NetConsulting, nella sua analisi della struttura e delle caratteristiche delle imprese It italiane e della loro integrazione con il tessuto economico e industriale italiano.
In base ai dati che emergono dal 1° Rapporto sul settore It in Italia, realizzato da Assinform in collaborazione con la Camera di Commercio, e presentato questa mattina a Milano, in Italia ci sono 97.000 imprese attive nel settore It, che contano tutte insieme circa 400.000 addetti, con un valore aggiunto che copre il 2,8% del totale prodotto da industria e servizi a livello nazionale. Di queste 97.000 imprese, il 92,4% è attivo nel software e nei servizi, mentre l’hardware e i servizi di assistenza tecnica occupano un ruolo molto più marginale, con quote rispettivamente del 3,6 e del 4% del totale.
Va sottolineato, tuttavia, come all’interno del nucleo delle realtà attive nell’hardware, vi siano 40 medie imprese che fatturano complessivamente 1.500 milioni di euro, dato quest’ultimo che le pone in testa alla classifica delle aziende europee di analoga dimensione.
Forte è la concentrazione delle presenze in regioni quali Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna, mentre a Milano, come è facile immaginare, va il primato per numero di aziende attive.
Si tratta, in ogni caso, prevalentemente di piccole imprese (94% del totale), dato questo che se da un lato mostra una coerenza con tutto il sistema produttivo nazionale, dall’altro porta in sé tutte le limitazioni che queste realtà hanno nel portare innovazione ai loro clienti.
L’analisi di NetConsulting si inserisce proprio in questo punto.
“Malgrado la maggioranza delle imprese It presenti sul territorio si configuri come attiva nel software e nei servizi, un’analisi di dettaglio sulla composizione del loro portafoglio di offerta rivela molto di più. Un 24,2% di aziende dichiara di fornire hardware, il 15,4% software, il 14,4% servizi e c’è un 45% complessivo di realtà che parla piuttosto di mix di offerta, che include dunque hardware, software, servizi, consulenza. Siamo nella logica dei cluster, vale a dire offerte integrate che rispondono alle necessità delle piccole imprese di avere a che fare con un interlocutore unico per le loro esigenze It”.
Interessante, poi, l’analisi di cosa si intenda davvero quando si parla di software.
“Nel 97,2% dei casi le aziende che offrono software e servizi offrono software applicativo. E di queste, il 46,6% dichiara di fornire software verticali, seguite da un 22,9% di Erp e un 14,5% di Crm. Siamo in presenza di una offerta estremamente frammentata e indirizzata verso esisenze molto specifiche di una clientela locale. Scarsa è poi la presenza di realtà impegnate in settori strategici e innovativi quali le Soa, la mobility, l’Rfid, gli Enterprise Portal”.
In estrema sintesi, secondo Capitani le cifre parlano chiaro. Sono dati tipici di aziende che operano in contesti estremamente localizzati, su clienti piccoli e con approcci poco o nulla standardizzati.
Si tratta di un modello di go to market estremamente costoso e oneroso, che automaticamente pone queste realtà dell’It nell’impossibilità di proporsi nei grandi bandi di gara o in progetti di medio o grande respiro.
E in tempi di crisi non si tratta certo di un buon segnale. Non è un caso che un buon 30% delle imprese interpellate preveda una significativa riduzione della marginalità.
“Qualcuno fa autocritica – rileva Capitani -. Non è certo un caso che tra le cause di questa crisi, i player It italiani inseriscano lo scarso impegno nell’innovazione tecnologica interna e la scarsa propensione alla crescita”.
Non che non vi siano rimedi, naturalmente e le aziende sembrano averlo capito. Non a caso parlano di “necessità di ampliare l’offerta in un’ottica di cluster, attraverso partnership o acquisizioni, ridefinendo, anche, i mercati target”.
In altri termini, diventare più grandi aggregandosi.