Lo scoperto di conto corrente

Cerchiamo di chiarire tutte le caratteristiche di uno dei prodotti bancari più usati per reperire denaro in tempi stretti, evidenziando quando è conveniente avvalersene e quando invece è meglio puntare su altre soluzioni.

IN SINTESI

Che
cos’è

Fa parte delle cosiddette linee “a revoca”. Questa
tipologia di affidamento si contraddistingue per la sua
aleatorietà, per la possibilità offerta al
soggetto finanziatore (la banca) di azzerarlo in qualsiasi momento,
senza necessità di motivazioni particolari e con brevissimo
preavviso.

Scopo
Elasticità di cassa con movimentazione continua del saldo
debitore. È fondamentale che il fido non sia immobilizzato,
con saldo perennemente a debito, ma che si muova con una certa
frequenza, alternando numeri debitori e creditori.

Destinatari
Famiglie e imprese

Soggetti
coinvolti
Imprese, persone fisiche, terzi garanti (confidi).

Lo scoperto di conto corrente, detto
anche scoperto di cassa, o fido di cassa, costituisce uno
dei prodotti bancari più noti e utilizzati

(molte volte in modo improprio) da imprese e privati cittadini. La sua
diffusione è ormai capillare, tanto capillare da toccare
quasi ogni famiglia e la totalità delle aziende, grandi o
piccole che siano. È caratterizzato, come vedremo appresso,
da un’estrema semplicità di utilizzo. La
disponibilità costituisce proprio la chiave di volta del suo
successo e nel contempo la causa di un uso non sempre centrato e
corretto da parte sia delle imprese, che delle famiglie. Abusarne
può provocare pesanti ripercussioni finanziarie e gravi
problemi con le banche.
Vediamo di definirne le caratteristiche.
L’istituto bancario accorda al proprio cliente (il c.d.
correntista) la possibilità di poter andare “in
rosso” sul conto fino a un massimo stabilito. Il cliente
quindi, anche in assenza di liquidità, può
utilizzare il conto corrente disponendo operazioni quali bonifici,
prelievi per cassa, emissione di assegni, ecc. L’utilizzo di
questo affidamento viene concesso dalla banca ad un tasso
d’interesse predefinito, le cui variazioni, grazie alla
normativa vigente in tema di trasparenza bancaria, devono sempre essere
comunicate al correntista. Fino a qualche anno fa, per consuetudine,
gli interessi a debito avevano liquidazione trimestrale,
cioè venivano addebitati sul conto corrente ogni tre mesi.
Viceversa gli interessi creditori venivano accreditati unicamente una
volta l’anno, alla fine dell’anno. Sulla
liceità per le banche di utilizzare due pesi e due misure
nell’imputazione degli interessi, si è molto
discusso, fino a giungere alla condanna esplicita di tale
comportamento. Il metodo di calcolo e la periodicità dei
flussi sono stati uniformati, in modo da rendere maggiormente equo il
contratto tra correntista e istituto bancario. La lunga diatriba tra
imprese e consumatori da una parte e banche dall’altra
è nota con il termine di “anatocismo” e
fa ormai parte della storia economica del nostro paese.
Oltre ad essere contraddistinto da un tasso piuttosto elevato, in ogni
caso ben più elevato di altre forme di credito a causa del
suo elevato grado di rischiosità (trattasi di linea c.d.
“a primo rischio” o “fatto
proprio”, nel senso che soltanto un comportamento attivo e
virtuoso da parte del debitore permette di abbattere il debito e di
rientrare dell’esposizione), lo scoperto di conto corrente si
porta appresso numerosi costi accessori (spese per riga, spese di
liquidazione, commissione di messa a disposizione), che analizzeremo
appresso.
Si tratta di uno strumento che le banche non amano particolarmente
concedere, salvo che esso non sia adeguatamente supportato da garanzie
accessorie fornite dall’obbligato principale o da terzi. Va
utilizzato in modo elastico e parziale, cercando di non saturare il
livello di credito concesso. È importante abbattere
periodicamente l’esposizione al fine di ricostituire un saldo
accettabile. Bisogna evitare cioè che si verifichi quello
che nella prassi bancaria si definisce un
“incaglio”. Un conto incagliato è un
conto che non movimenta, che è sempre al top per
esposizione. Questa è una situazione che oltre ad essere
onerosa per l’imprenditore (il debito si ingigantisce,
perché gli interessi producono altri interessi e la voragine
si allarga molto velocemente) non piace alle banche (ne tantomeno a
Banca d’Italia) e può costituire motivo di revoca
dell’affidamento. Un’altra caratteristica del fido
di cassa è quello di non avere una scadenza predefinita. Si
definisce tecnicamente linea a revoca, cioè una linea di
credito che la banca può, a sua discrezione, revocare in
qualsiasi momento. Al verificarsi di condizioni di rischio
l’istituto è libero di disdettare le linee,
imponendo al correntista l’azzeramento del debito in cinque
giorni. Decorso tale termine la banca può procedere con le
azioni legali ritenute più opportune. Mancando di scadenza e
non essendo previsto un ammortamento del debito (cioè un
abbattimento progressivo dell’esposizione tramite versamenti
periodici, le cosiddette rate), non esiste per lo scoperto di cassa il
beneficio del termine, cioè l’impossibilita di
revoca da parte del concedente nel caso in cui l’obbligato
abbia rispettato il rientro prestabilito.

Scopo e controindicazioni
Serve per sopperire a temporanee esigenze di
liquidità, a coprire eventuali insoluti, a
“chiudere” un business particolarmente interessante
e dai tempi stretti
. In ogni caso, come dice il nome
stesso, il suo utilizzo deve essere estemporaneo e discontinuo.
Elasticità sta per rientri continui
dall’esposizione e non, come già detto sopra, il
mantenimento di un livello di debito al top. Serve per controbilanciare
discontinuità tra incassi e pagamenti, tra entrate e uscite.
Non serve assolutamente a finanziare gli investimenti e tutte le spese
che danno un beneficio su più esercizi. Utilizzarlo a questo
fine rappresenterebbe un autentico suicidio, sia per il costo,
sicuramente più elevato di un finanziamento a medio termine
finalizzato, sia perché l’esposizione su un
prodotto simile non può trascinarsi per più di
qualche mese, mentre un investimento richiede la diluizione
dell’esborso su diversi esercizi. Non deve neppure essere
utilizzato per finanziare le scorte o le mensilità
aggiuntive dei dipendenti. Anche per queste peculiarità
imprenditoriali esistono prodotti sicuramente migliori. Purtroppo sul
mercato si riscontra viceversa un utilizzo tutt’altro che
congruo del fido di cassa, che viene utilizzato da molte imprese
proprio per gli scopi succitati. Soprattutto in alcune aree geografiche
del nostro paese, in particolare nel Mezzogiorno. Ciò si
deve a diversi fattori. Da un lato la scarsa cultura finanziaria di
alcuni imprenditori, dall’altro la scarsa trasparenza di
alcuni interlocutori bancari che anziché proporre prodotti
mirati, indirizzano le imprese verso strumenti di più
agevole ottenimento, ma fortemente penalizzanti per quel che riguarda
costi e caratteristiche tecniche. Ovvio che ciò che
penalizza una controparte, per molti aspetti, favorisce
l’altra.

Glossario e principali voci di costo

Tasso d’interesse (passivo per il
correntista).
A seconda
del potere contrattuale del correntista può subire forti
oscillazioni. Indicativamente dovrebbe essere contenuto entro 4-5 punti
di spread oltre l’Euribor. Il che significa attualmente un
5-6%. Gli spread negli ultimi 24 mesi si sono fortemente innalzati, a
causa dell’aumentato costo di approvvigionamento da parte
delle banche. L’innalzamento del rischio paese, la crisi
finanziaria mondiale e lo scetticismo verso la tenuta del sistema
finanziario ha fatto sì che le banche abbiano dovuto fare i
conti con un livello del costo della provvista per loro sconosciuto
fino a pochi anni fa. Le emissioni obbligazionarie improntate fino al
giorno prima alla massima sobrietà (rendimenti per il
risparmiatore al di sotto dell’Euribor), hanno iniziato a
presentare tassi “Euribor + spread”.
Conseguentemente anche il margine applicato dalla banca è
cresciuto in maniera importante. Su tutti i prodotti. Figuriamoci su
quello ritenuto di maggior rischio. Per l’impresa sarebbe
opportuno ancorarne il costo all’euribor, al fine di renderlo
maggiormente controllabile e allineato al mercato. In tal senso
può essere utile utilizzare la garanzia consortile fornita
da un Confidi. Gli organismi di garanzia infatti vincolano normalmente
il loro intervento ad un tasso prefigurato a favore del debitore,
normalmente ancorato per l’appunto all’Euribor.

Spese per riga. La Banca, per
ogni operazione effettuata dal correntista (cioè per ogni
movimento registrato sull’estratto conto), applica alla fine
di ogni trimestre un costo che può raggiungere anche 1-2
euro per riga. Più operazioni si fanno e più il
conto si fa salato. La contromossa per le aziende consiste nel
concertare preventivamente con la Banca un forfait, in base al numero
di operazioni che si prevede di effettuare nel corso
dell’anno. Un buon forfait può essere costruito
imputando un costo fittizio per riga di 0,5 euro e moltiplicandolo per
il numero di operazioni presunte.
Viceversa, per un soggetto privato esistono varie tipologie di conti
correnti che prevedono esenzioni totali o parziali (franchigie fino a
un certo numero di operazioni) dal balzello in cambio di un certo grado
di fedeltà (per esempio, conti retribuzione o conti pensione
che garantiscano alla Banca un flusso mensile) o di un sacrificio in
termini di interessi (tasso a credito per il correntista pari a zero al
di sotto di un certo saldo attivo).
È fondamentale per tutti (aziende e privati) prendere
l’iniziativa: ben difficilmente la banca verrà a
proporre qualcosa di vantaggioso di sua volontà,
perché il vantaggio del correntista rappresenterebbe per lei
un mancato guadagno.

Valuta. Il sig. Rossi versa un
assegno oggi, ma l’accredito reale della somma gli viene
riconosciuto solo dopo un certo numero di giorni. Il concetto di
“valuta” permea di sé non soltanto gli
assegni, ma anche i bonifici, le ricevute bancarie,
l’estinzione o l’accensione di finanziamenti.
Per gli assegni i giorni di valuta possono andare normalmente da 1 a 3.

Spese fisse di chiusura. Ogni tre
mesi la Banca addebita una cifra compresa tra i 5 e i 30 euro. Tale
importo teoricamente dovrebbe coprire i costi sostenuti dalla Banca per
il calcolo trimestrale degli interessi a lei dovuti dai propri
correntisti. È bene concordarle a priori.

Corrispettivo sull’accordato.
Ha sostituito di fatto la famigerata commissione di massimo scoperto.
L’ingrediente è cambiato, ma il risultato finale
è sempre lo stesso. Consiste nell’applicare alla
linea di fido una commissione percentuale in funzione
dell’ammontare della stessa, indipendentemente
dall’utilizzo parziale, totale o nullo da parte del debitore.
Dall’1 al 3% annuo sull’importo della linea.

Tasso extrafido. È
il tasso applicato al correntista se questi utilizza la linea di fido
oltre il livello di affidamento concesso. In questo caso il tasso
d’interesse concordato contrattualmente viene maggiorato di
un paio di punti (nella migliore delle ipotesi).

Spese estinzione conto.
Nei contratti di conto corrente fino a qualche anno fa
era previsto anche un obolo al fine di troncare il rapporto con la
banca. Disposizioni legislative hanno ritenuto illegittime le spese di
estinzione conto, obbligando gli istituti bancari ad abolirle.

Costo del libretto assegni.
Per ogni libretto assegni ritirato la banca applica un
costo di 0,5-1 euro.

Commissioni sui bonifici. Da non
sottovalutare anche le commissioni sui bonifici
effettuati dai correntisti. L’avvento della banca elettronica
(home banking) ha per certi versi limato i costi, ma non è
sempre così. Il costo può oscillare da 1 a 4
euro, a seconda del potere contrattuale e dell’attenzione
prestata dal cliente della banca nel controllare gli estratti conto.

Invio di documenti informativi.
Ogni documento che la banca invia procura addebiti
variabili da 1,5 a 4 euro. Le banche hanno in qualche modo trasformato
la normativa sulla trasparenza, se vogliamo, in un business. La carta
fiocca nelle buche delle lettere e con essa fioccano pure le spese.

Attenzione a…

  • Valutare attentamente il reale costo del prodotto, non
    limitandosi a considerare unicamente il tasso d’interesse, ma
    tenendo a mente anche il peso di tutte le altre variabili sopra
    esposte. È bene cominciare a ragionare in termini di tasso
    effettivo e non di tasso nominale, includendo nel saggio
    d’interesse anche il peso degli oneri accessori.
  • Seguire periodicamente l’andamento del rapporto,
    controllando sugli estratti conto le variazioni delle voci di spesa. A
    norma di legge quelle sfavorevoli al correntista devono essere ben
    evidenti (di solito sono in grassetto). Il miglior modo per evitare di
    essere tartassati è contrattare continuamente le condizioni
    e opporsi ad ogni variazione peggiorativa tempestivamente.

 

(per maggiori approfondimenti vedi Finanziamenti e credito, Novecento
Media)

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