Analisti e giornali commentano la notizia. E ripercorrono la storia del pc attraverso Ibm. Senza dimenticare, però, le previsioni di Gartner
Interessante una se pur parziale rassegna dei
quotidiani, online e non, nel fine settimana.
La notizia della
possibile cessione da parte di Ibm del Personal Business Group ha conquistato
pagine e copertine, servizi ai Tg, e non solo nella cronaca
economica.
Singolare, in tutto questo parlare, che da parte di Ibm finora non
ci sia una dichiarazione ufficiale. Le voci sono tutte “molto vicine” o
“interne” alla società.
Ma voci sono.
E restano.
Dunque in assenza di fatti, bisogna analizzare l’incerto.
E magari sbizzarrirsi sui titoli.
“Fine
di un’epoca” è il più gettonato.
Ma anche “Lo specchio dei tempi”. E lo
abbiamo scelto anche noi.
In molti, americani in testa, ma anche gli italiani
non sono stati da meno, hanno ripercorso la storia del personal computer
partendo proprio da Ibm.
Come
“La Repubblica “, che nella sezione online
dedica una delle sue gallerie fotografiche ai pc Ibm, quelli storici però.
E in molti – incluso chi scrive – ricordano quando i pc erano “Ibm o
compatibili”.
In realtà, nostalgie di prammatica a parte, se mai l’accordo si
facesse davvero, sarebbe più corretto parlare di segno dei tempi.
Segno di un
mercato consolidato.
Segno di un mercato negli anni caratterizzato da grandi
uscite di scena, di cui l’acquisizione di Compaq da parte di Hp non è che il più
clamoroso esempio.
Segno di un mercato nel quale la produzione è da anni
ormai in mano a subcontractor. La stessa Ibm, lo ricordiamo, nel 2002 siglò un
contratto triennale del valore di 5 miliardi di dollari con Sanmina, che si prese
in carico la produzione di tutti i suoi pc.
Segno, lo ha detto meno di una
settimana fa Gartner, di un mercato destinato a perdere almeno tre dei suoi
protagonisti nei prossimi tre anni.