Chi si affida all’esternalizzazione rivedrà i contratti cercando maggiore flessibilità e un rapporto più stretto con i fornitori aprendo qualche spiraglio a nuovi operatori
Giugno 2005, «Negli ultimi due anni e mezzo la priorità di
business in tutto il mondo è stata la riduzione dei costi. Dalla seconda
metà del 2004 i Ceo delle aziende riposizionano come prima priorità
la crescita».
In questa affermazione di Claudio Da Rold,
vice presidente e distinguished analyst di Gartner, nota società di analisi
del mercato Ict, c’è la summa dei cambiamenti che sta subendo il settore
dell’outsourcing. La considerazione dell’analista di Gartner è condivisa
anche dalle società concorrenti, Idc in testa, ma anche Datamonitor,
(che sostiene che il mercato mondiale vale circa 600 miliardi di dollari), e
pure Forrester e Meta Group. Dunque l’outsourcing, inteso come semplice esternalizzazione
di servizi con il fine di ridurre i costi non ha più senso. Negli ultimi
anni, le aziende clienti hanno pensato a cercare fornitori di outsourcing, senza
preoccuparsi degli effettivi risultati di una filosofia di questo tipo. L’importante
era risparmiare sui costi, e subito. Ora, forti dell’esperienza degli ultimi
anni, le aziende clienti sono molto più "smaliziate", o "mature"
secondo Da Rold, e il contenimento dei costi è solo una delle condizioni
per un buon outsourcing, ma non l’unica e non la più importante. All’Outsourcing
& It service summit, annuale appuntamento organizzato da Gartner a Londra,
gli analisti hanno portato dei dati precisi, risultato di un’indagine su circa
200 aziende europee di taglia medio grande con progetti di outsourcing attivati.
Il primo dato è il più significativo: il 55% degli intervistati
ha intenzione di rinegoziare i termini del contratto di outsourcing con il proprio
fornitore prima della scadenza. E l’80% delle aziende lo farà comunque
alla fine della scadenza. Inoltre, il 15% dei contratti sono stati rinegoziati
già dopo il primo anno di collaborazione e teniamo conto che, mediamente,
gli accordi di outsourcing durano dai tre ai cinque anni. La metà dei
manager intervistati sostiene che il motivo principale che richiede la rinegoziazione
è la mancanza di flessibilità da parte del fornitore. Molti, inoltre,
sono convinti di pagare troppo rispetto al servizio che ottengono. Ce n’è
abbastanza per capire che qualcosa non va. «E di quelli che rinegozieranno
– afferma Da Rold – il 44% pensa di cambiare fornitore e, addirittura, il
30% pensa di voler riportare qualcosa in casa o quantomeno vuole riprendere
in mano le scelte decisionali relative alla gestione dei processi di outsourcing».
In questo trend ipotizzato da Da Rold rientra anche la possibilità di
un multisourcing, o selected outsourcing, che preveda la scelta di fornitori
diversi per diverse attività. Una logica di best of breed, in buona sostanza.
Dal problema l’opportunità
Una situazione di insoddisfazione generale deve, da un lato, far suonare il
campanellino d’allarme ai grandi fornitori di outsourcing e può garantire
una serie di opportunità a vecchi e nuovi outsider, anche in ambito locale.
Il perché lo si legge tra le righe precedenti. La prima pecca in assoluto
dei fornitori "old style" è la mancanza di flessibilità.
«Ciò ci fa pensare – prosegue Da Rold – che possano essere
avvantaggiati i fornitori meno grandi, ma più flessibili».
Ovvero capaci di modificare in corso d’opera i servizi forniti, e comunque in
grado di costruire un’offerta customizzata evitando un modello standard. «Importante,
inoltre – prosegue Da Rold -, sarà la capacità tecnica
del fornitore», intesa come capacità di aggiornare la propria
offerta tecnologica sia in termini di skill che di soluzioni. Ancora, visto
che il 45% degli intervistati chiede una più stretta collaborazione con
il fornitore di servizi, determinante diventa il rapporto di partnership e la
capacità di lavorare a stretto contatto. E in questo caso sono avvantaggiati
i fornitori locali, eventualmente partner di un fornitore globale. Infine, la
tendenza ad andare verso un multisourcing ci dice che è importante costruirsi
delle competenze focalizzate, evitando di presentarsi come factotum.
«L’Italia – prosegue Da Rold – presenta ulteriori singolarità,
soprattutto se parliamo di piccole e medie aziende. Diventano determinanti nella
scelta fattori come la lingua o il fatto che il fornitore sia fisicamente presente
presso il cliente». Infine, a vantaggio dei piccoli fornitori locali
c’è anche la richiesta di una più attenta governance del progetto
da parte del cliente, un operatore che dia la sensazione di essere realmente
vicino a un cliente sarà in grado di migliorare più velocemente
il proprio servizio.