Ma che l’ha detto Twitter?

La Libreria del Congresso archivia i messaggi del microblog e li rende disponibili alla ricerca. Memoria eterna, quindi. Ma siamo sicuri?

Proprio mentre in Italia si discute sulla durata delle intercettazioni, chi scrive su Internet potrebbe essere stato condannato alla memoria eterna. Ecco che all’improvviso – è il caso di dirlo – la Library of Congress, Biblioteca del Congresso statunitense, ha acquisito i diritti di tutti i tweet pubblici. Attualmente si parla di 50 milioni di tweet al giorno, ma il numero è in continua crescita: la Library potrà archiviarli a partire da 6 mesi dopo la prima emissione e renderli disponibili anche alla ricerca e l’accordo riguarda tutti i messaggi dal marzo 2006: tweet preservation, la chiama il post ufficiale del 14 aprile scorso. La Rete, insomma, continua a fare la sua strada sull’impervio cammino d’una libertà virtuale diversa dai concetti di privacy, legalità e contestualizzazione delle informazioni: twitta oggi, qualcuno lo ricorderà domani.
A prima vista la notizia, apparsa sui quotidiani statunitensi già prima del post ufficiale, può sembrare una delle forzature dei tempi, nei quali frivolezze d’ogni genere di affastellano da tutte le parti.
Non è la prima volta che la Library si trova al centro delle attenzioni della comunità digitale: per ricordarne una, svariati anni fa Michael Dertouzos propose come unità di misura della memoria il Loc, equivalente alla digitalizzazione dell’intera Library of Congress. I 200 milioni di libri lì archiviati, disse lo studioso, rappresentano 100 terabyte, che dieci anni fa erano un’enormità ed oggi si avviano a diventare una bazzecola.

Diari pubblici
La ricerca di materiale d’archivio è sempre stata la base di qualsiasi ricostruzione. Domani, cercare tra milioni di tweet cosa si siano dette persone famose, raccontare storie sulla base di messaggi da un centinaio di caratteri, sarà la base di molte indagini, saggi, biografie, pareri. La discussione principale verterà proprio sul concetto di “parere”: come interpretare l’umore o il contesto d’una scritta da pochi caratteri? Non c’è modo, per cui l’uso di questi riferimenti non potrà che essere una conferma della tesi di chi scrive. Inoltre è come aver inventato una nuova scrittura, perché c’è dove twitter si usa e dove invece non si avrà ancora per lungo tempo.
Vada come vada, certo è che sulla carta il cambiamento è enorme. Una volta l’aveva detto la televisione. Domani toccherà a Twitter? Gli elementi ci sono: con i tweet è come avere i diari, i messaggi, le azioni di tutti verso tutti.
Ci sono almeno due osservazioni da fare: una sui diari, una sul tutto. Nella diaristica il nodo di classificazione è tra parte privata e parte pubblica, due aree il cui confine non è mai certo. Nei tweet, addirittura, è il concetto di confine a perdere di significato non c’è nulla di privato. Per l’altro punto, diceva un vecchio saggio che avere tutto è come non avere niente.

C’era una volta l’e-mail
Negli anni ’90 l’e-mail ha cambiato il mondo e adesso quasi non serve più, sostituita -anche se con modalità diverse- da Facebook e da Twitter. Mentre loro diventano sempre più grandi, la tecnologia fa prove tecniche di golpe, sempre più veloce. L’ultima moda è la check-in mania, effetto della geolocalizzazione: frotte d’individui s’affannano a far sapere agli altri dove stanno tramite social network quali Foursquare, Gowalla, Brightkit, Yelp, Google Latitude. lo stesso Twitter Places e chi più ne ha, più ne metta. E’ vero che i tweet sono localizzati, ma è anche vero che solo da pochi mesi questo microblog ha migliorato il supporto a questo servizio.
Insomma, appena quattro anni dopo la sua nascita e poco più di uno dopo il passaggio al mainstream, Twitter già deve guardarsi alle spalle. Siamo sicuri che tra dieci anni qualcuno cercherà tra le sue frasette?

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