L’esperienza dell’utente è strettamente correlata alle prestazioni delle applicazioni cloud e senza dubbio può essere influenzata negativamente dalle prestazioni di infrastrutture carenti. Gestire la user experience nel cloud è, quindi, molto più complicato di quanto non possa sembrare…
I team IT e i fornitori di strumenti di gestione stanno spendendo molto tempo, in questo periodo, per migliorare il monitoraggio, la caratterizzazione e l’ottimizzazione della “user experience” come parte delle operazioni relative ai cloud ibridi.
L’esperienza dell’utente è strettamente correlata alle prestazioni delle applicazioni cloud e senza dubbio può essere influenzata negativamente dalle prestazioni di infrastrutture carenti. Ma ci sono molti fattori da considerare in questa equazione, compreso il dispositivo finale, la persona che lo utilizza e i molteplici percorsi in esecuzione sulle diverse reti pubbliche e private, che collegano le applicazioni e i servizi cloud-hosted agli utenti finali. Il risultato? Gestire la user experience dell’utente finale di un servizio cloud è una situazione molto più complessa e frustrante di quanto parecchi venditori siano disposti ad ammettere. Spesso, inoltre, non hanno a disposizione neppure i giusti strumenti di monitoraggio per farlo.
Ma questo non ferma i fornitori dal promettere di avere in cantiere la soluzione perfetta. Di recente, NetSocket ha annunciato il suo Cloud Experience Manager, un nuovo prodotto che, a detta dei vertici dell’azienda, sarebbe la “prima soluzione completa per garantire la qualità dei servizi cloud dinamici”. NetSocket afferma che la soluzione supporta voce, video e dati. La realtà è che combina i protocolli di ispezione VoIP, NetFlow e alcuni strumenti di analisi e ottimizzazione dei percorsi.
La capacità del software di riconoscere e caratterizzare i percorsi di chiamata specifici è davvero unica e preziosa. Ancora da capire è, invece, se la soluzione sia effettivamente in grado di coprire dati e video. La videoconferenza su IP, sia low-end (desktop) che high-end (telepresenza), è simile in molti modi al VoIP e le stesse tecniche di valutazione possono essere utilizzate per giudicare la qualità audio. Ma la qualità delle immagini è una parte altrettanto importante dell’esperienza della videoconferenza e non esistono standard industriali per questo tipo di valutazione, almeno in questo momento.
Inoltre, valutare la user experience per i dati (si pensi alle applicazioni) è ancora più complesso. Richiede, infatti, quantomeno il monitoraggio dei tempi di risposta della rete e dei server, ma significa anche prendere in considerazione il fattore umano, cosa questa specifica per la progettazione della singola applicazione e funzione, oltre a considerare lo stato di salute del dispositivo finale e i suoi carichi di lavoro. Fare questo richiede parecchio lavoro e una pluralità di strumenti per riuscire a guardare il problema da più angolazioni diverse.
Quando le applicazioni basate su cloud non rispondono abbastanza rapidamente per soddisfare le aspettative degli utenti, nel senso che questi stanno avendo il tipo sbagliato di “cloud experience”, una buona soluzione per il monitoraggio delle applicazioni cloud può contribuire a ridurre il problema all’origine in modo rapido, attraverso una chiara visibilità della situazione, una prioritizzazione concreta dei path e l’adozione di azioni correttive.
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