Un Mac con prestazioni elevate e bassi consumi, in poco spazio e con poca spesa: il Mac mini (2024) con chip M4 potrebbe rappresentare il prodotto Apple più vantaggioso in termini di rapporto tra prezzo e capacità non solo dell’attuale catalogo, ma degli ultimi anni.
Il Mac mini è sempre stato un campioncino di convenienza come macchina d’ingresso nel mondo di macOS, nei casi in cui la scelta di un computer portatile non fosse un requisito imprescindibile.
L’ultimo aggiornamento – con il salto di due generazioni nel chip utilizzato, dall’Apple M2 al nuovo M4, e con una sorprendente riprogettazione che ha ridotto ulteriormente l’ingombro sulla scrivania, e non di poco – ha dato un’ulteriore marcia in più a questo popolare modello di Mac.
Come di consueto per l’offerta Apple, il Mac mini è disponibile in diverse configurazioni predefinite che possono essere poi ulteriormente personalizzate in fase d’ordine.
Le configurazioni disponibili e quella in prova
Il modello base è dotato del chip M4 – che a sua volta integra una CPU 10‑core, una GPU 10‑core e un Neural Engine 16‑core –, di 16 GB di memoria unificata e di uno storage interno SSD da 256 GB, per un costo di 729 euro. Il prezzo rimane lo stesso di quello che aveva al lancio la precedente generazione, il Mac mini con chip M2, che però aveva solo 8 GB di memoria unificata.
La configurazione da noi provata è quella intermedia – tra i Mac mini con chip M4 –, in cui l’archiviazione SSD è da 512 GB invece che 256 GB e che ha un prezzo di 959 euro. C’è poi un’ulteriore configurazione con chip M4, con 24 GB di memoria unificata e storage SSD da 512 GB, che costa 1.189 euro. Infine, il top di gamma costa 1.679 euro ed è basato sul più potente chip Apple M4 Pro.
Ricapitolando, il modello di Mac mini (2024) in prova ha: chip Apple M4 con CPU 10‑core, GPU 10‑core e Neural Engine 16‑core; 16 GB di memoria unificata; 512 GB di archiviazione SSD e costa 959 euro. Lo abbiamo provato collegato all’eccellente monitor Apple Studio Display.
Tutte le configurazioni, come dicevamo, presentano diverse opzioni di personalizzazione della dotazione, prima dell’acquisto. La memoria può essere portata fino a 32 GB nei modelli con M4, e fino a 64 GB per quello con M4 Pro. Lo storage fino a 2 TB per i modelli con M4, e fino a 8 TB con M4 Pro. Inoltre, per tutti si può selezionare, opzionalmente al costo di 115 euro aggiuntivi, l’interfaccia di rete 10 Gigabit Ethernet al posto della Gigabit Ethernet presente di serie.
Nelle nostre valutazioni partiremo dalle (poche) cose che ancora non ci convincono e che avrebbero potuto portare il Mac mini M4 a rasentare la perfezione. Lo spunto ci viene proprio dai dettagli delle configurazioni, che abbiamo appena visto.
I “talloni d’Achille” del Mac mini 2024 con M4
C’è voluto un bel po’ di tempo perché Apple accettasse il fatto che gli 8 GB di memoria erano diventati una dotazione ai limiti dell’accettabile per l’attuale panoramica dell’informatica, anche considerando le maggiori prestazioni e l’ottimizzazione della memoria unificata.
Ora, speriamo che il calvario dei 256 GB di archiviazione non debba durare altrettanto. A nostro avviso, è questo l’unico vero e proprio punto debole della configurazione di base del Mac mini, che altrimenti per 729 euro avrebbe ben poco da far rimpiangere.
Tuttavia, quello che lascia l’amaro in bocca non è tanto la permanenza di una configurazione di questo tipo nel catalogo Apple. In realtà, soprattutto nell’era del cloud e con opzioni di connettività per unità esterne così veloci, ci sono tipologie d’utilizzo, anche professionali, in cui i 256 GB di storage possono risultare sufficienti. Pensiamo ad ambiti in cui si utilizzano poche applicazioni e con tipi di documento dalle dimensioni non impegnative. In fondo, si tratta pur sempre del modello di base della linea entry level del catalogo Mac: il computer Apple più economico disponibile.
Sono più i costi degli upgrade che lasciano perplessi, considerando che l’architettura “chiusa” del Mac mini (come quella di quasi tutti i Mac) costringe a calibrare bene la configurazione al momento dell’acquisto in base non solo alle esigenze immediate, ma anche alla loro possibile evoluzione nel tempo, per garantire una certa longevità della macchina dato che non sarà possibile fare upgrade successivamente.
I 230 euro aggiuntivi solo per avere 256 GB di spazio di archiviazione in più ci sembrano eccessivi. Così come i 230 euro addizionali per gli 8 GB in più che servono per passare da 16 a 24 GB di memoria unificata. Se volessimo raddoppiare RAM e storage del modello base, portandoli rispettivamente a 32 GB e 512 GB, dovremmo pagare 1.419 euro: con la stessa cifra potremmo quasi comprarci due Mac mini base, per dire.
Questo discorso vale per la politica di pricing di Apple in generale, e non è imputabile nello specifico al Mac mini. Ci sono però anche alcune scelte nella dotazione essenziale della macchina che avremmo desiderato fossero più evolutive rispetto alla generazione precedente.
La porta di rete di serie è una Gigabit Ethernet 10/100/1000BASE-T, ma fortunatamente è configurabile (con un’opzione di personalizzazione che costa 115 euro) con una 10Gb Ethernet. Inoltre, la connettività wireless è basata su Wi‑Fi 6E (per il Wi-Fi 7, che sta iniziando a diffondersi, occorre attendere ancora) e Bluetooth 5.3.
Naturalmente, in quanto computer desktop (l’iMac è un caso a parte, essendo un all-in-one con monitor incorporato), il Mac mini non è fornito di microfono interno. E non lo era nemmeno prima di quest’ultimo aggiornamento. Per effettuare videocall o videoconferenze, o anche chiamate solo audio, avremo bisogno di un microfono esterno o una webcam (o monitor) con microfono integrato.
Infine, non presenta uno slot per schede SD/SDXC, che per un periodo, diversi anni fa, Apple aveva aggiunto ai mini, ma che ora è presente nel Mac Studio ma non nel mini.
Un fulmine in miniatura: non è un portatile, ma è facilmente portabile
Il nuovo design del Mac mini 2024 è a nostro avviso molto gradevole e altrettanto efficace.
Chiusa definitivamente la parentesi in grigio siderale dell’ultima generazione di Mac mini dell’era dei processori Intel, il nuovo modello 2024 mantiene la stessa elegante finitura in colore argento del modello del 2023. Ma è questo l’unico aspetto che è rimasto invariato.
A questo proposito, comprendiamo che un desktop compatto di questo tipo rimanga sempre un po’ in secondo piano, se non letteralmente nascosto alla vista, rispetto al portatile: sarebbe però interessante poter scegliere tra varie finiture di colore come avviene ad esempio per il MacBook Air.
Dicevamo: a parte il colore, il design è completamente rinnovato, e sorprende positivamente. A leggerle, le dimensioni – una base di 12,7 cm per lato contro i 19,7 cm dell’involucro della precedente generazione –, ci si fa già un’idea della compattezza, ma a vederlo fisicamente sulla scrivania ci si rende davvero conto di quanto l’ingombro risulti effettivamente di molto inferiore.
Con un volume di poco più del 40% inferiore, il nuovo Mac mini si sviluppa un po’ più in altezza ma la sua base occupa ora una superficie molto inferiore rispetto al precedente (chiaramente in proporzione, relativamente a valori assoluti già prima non eccessivi). Ed è più o meno della stessa percentuale anche più leggero (confrontando i modelli con chip M4 e M2).
In pratica, il nuovo Mac mini può essere agevolmente trasportato in una borsa o uno zainetto, finanche in alcune tasche di giacche o pantaloni cargo (sempre opportunamente ben protetto, chiaro).
Pur non essendo un portatile, ciò potrebbe aprire interessanti opportunità, nei casi di lavoro ibrido o di professionisti o consulenti che lavorano regolarmente in due spazi distinti (ad esempio casa e ufficio, o sede e cliente principale), di creare due postazioni fisse in cui si sposta il solo computer.
Oppure, volendo, anche la possibilità di creare una postazione fissa estremamente portatile da viaggio, con tastiera, mouse e monitor compatti ad accompagnare il piccolo Mac in borsa.
La scelta di design che lascia un po’ perplessi (e che sta ispirando la fantasia di produttori di accessori e periferiche) è quella del posizionamento sulla superficie inferiore del tasto di accensione e spegnimento della macchina: non comodissimo, ma ci si abitua. E, forse, Apple non lo ha considerato un grosso problema, visti anche i consumi molto contenuti in stand-by, come vediamo più avanti.
Connessioni veloci e comode, fino a tre monitor e uscita cuffia frontale
Prima parlavamo di mancanze. In realtà si registra un’altra assenza, rispetto alla versione precedente: non ci sono più le porte USB‑A. L’attuale Mac mini ha infatti 5 porte – tre sul retro e due davanti –, tutte USB-C.
Non ci sembra un problema, anche se i connettori Type-A e Type-B sono ancora diffusissimi: adattatori per il Type-C ce ne sono di ogni genere, a poco prezzo. Inoltre, molti preferiscono utilizzare degli hub o dei dock, di cui c’è altrettanta varietà. L’utilizzo di un hub o di un dock multifunzione può peraltro supplire a un’altra mancanza del Mac mini: il lettore di schede SD.
Sul retro, oltre alla presa per il cavo di alimentazione e alle porte USB-C, sono presenti anche la porta Ethernet (di cui abbiamo parlato) e HDMI. Le porte USB-C sul lato posteriore del Mac mini M4 supportano USB 4 (fino a 40 Gbps), DisplayPort 1.4 e Thunderbolt 4 (fino a 40 Gbps). Il supporto per Thunderbolt 5 è invece disponibile solo con il chip M4 Pro. L’uscita video su HDMI supporta un display con risoluzione fino a 8K a 60Hz o 4K a 240Hz.
Il supporto video complessivo del Mac mini M4 è di tutto rispetto, anche per postazioni di lavoro articolate (e quello del modello con chip M4 Pro è ancora più esteso, ma non di molto). Le nostre prove sono state condotte utilizzando un singolo Apple Studio Display, ma il piccolo Mac supporta fino a tre monitor simultaneamente.
Riportiamo le possibili configurazioni massime dalla documentazione Apple, per il modello con chip M4:
- Fino a tre monitor: due display con risoluzione fino a 6K a 60Hz tramite Thunderbolt e uno con risoluzione fino a 5K a 60Hz tramite Thunderbolt o con risoluzione 4K a 60Hz tramite HDMI.
- Fino a due monitor: un display con risoluzione fino a 5K a 60Hz tramite Thunderbolt e uno con risoluzione fino a 8K a 60Hz o 4K a 240Hz tramite Thunderbolt o HDMI.
Anche in questo caso, il mini base con chip M4 alza l’asticella di ciò che si può fare con il Mac d’ingresso “di primo prezzo”, che ora offre maggiore flessibilità per gestire postazioni di lavoro che necessitano di più display.
Un’altra buona notizia è evidente sin dalla prima occhiata: Apple “prende in prestito” la disposizione delle porte del Mac Studio e ora prevede delle connessioni anche sul lato anteriore del Mac mini, una scelta che aumenta sicuramente la praticità nell’utilizzo quotidiano della macchina.
Mentre prima si era spesso costretti a scomode manovre sul retro del Mac, ora abbiamo le connessioni utilizzate più di frequente (due porte USB-C e la presa per la cuffia) comodamente accessibili sul lato anteriore. Le porte USB-C sul frontale sono compatibili con USB 3 (fino a 10 Gbps). La presa per la cuffia è mini-jack da 3,5 mm e presenta quello che Apple definisce il “supporto avanzato per cuffie ad alta impedenza”.
Abbiamo provato l’uscita cuffia con una Beyerdynamic DT-880 che, pur non essendo particolarmente difficile da pilotare, con il suo look “pro” e i massicci padiglioni che la rendono quasi più grossa dello stesso Mac mini, potrebbe sembrare un po’ troppo per il piccolo Mac. Che invece la ha fatta suonare senza fare una piega a volumi più che sufficienti e con controllo e accuratezza.
Rimanendo in tema audio, lo speaker integrato c’è, ma non gli si può chiedere più di tanto: va bene per gli avvisi sonori, ma per la riproduzione di musica meglio affidarsi a diffusori esterni di qualità, o magari incorporati nel monitor – come l’eccellente Studio Display di Apple, che è un ottimo compagno di lavoro del Mac mini, a parte il fatto che costa quasi due volte e mezza il mini base.
Prima di lasciare il discorso porte e connessioni, un’ultima riflessione: per l’alimentazione, il Mac mini si collega direttamente alla rete elettrica dell’ufficio. Nella confezione, infatti, non troviamo altro che il Mac mini stesso e il suo cavo di alimentazione.
A vederlo di fianco allo Studio Display, verrebbe da pensare che, un Mac così compatto e portabile, sarebbe interessante se potesse essere alimentato dal monitor, in modo da poter creare una postazione ancora più pulita, con un singolo cavo USB-C. Ma in questo caso, se alla postazione di lavoro non ci fosse un monitor in grado di alimentare il computer, sarebbe necessario utilizzare un alimentatore esterno. Considerando la media dei casi d’uso più diffusi, a nostro avviso l’alimentazione incorporata nel case rimane l’opzione preferibile.
Il chip Apple M4 e le differenze con M4 Pro
Insieme al redesign, la novità più rilevante è chiaramente il chip Apple di nuova generazione, M4.
Il chip Apple M4 è basato sulla tecnologia a 3 nanometri di seconda generazione. Dispone di una CPU 10-core, di cui quattro performance core e sei efficiency core, due in più del chip M2 del Mac mini di precedente generazione, che aveva una CPU 8‑core con quattro performance e quattro efficiency core.
Anche la GPU è 10-core e supporta il ray-tracing con accelerazione hardware. Il Neural Engine – che accelera i workflow AI che lo supportano – è 16-core. Il chip M4 integra anche un Media Engine dedicato all’accelerazione hardware di diversi codec video, tra cui ProRes.
M4 supporta fino a 32 GB di memoria unificata. Come sappiamo, ora le configurazioni Apple partono tutte almeno da 16 GB (mentre il Mac mini precedente, con chip M2, aveva 8 GB di memoria di base). Il Mac mini M4 può essere configurato con 16 GB, 24 GB e 32 GB di memoria unificata. Rispetto alla generazione precedente di Mac mini, la larghezza di banda della memoria del chip M4 (120 GB/s) è maggiore di quella del chip M2 (100 GB/s).
La memoria non è accessibile all’utente, che non potrà quindi eseguire alcun upgrade, dopo l’acquisto. L’architettura Apple Silicon prevede infatti che la memoria sia integrata in un singolo custom package e che metta a disposizione di tutti i componenti del SoC (System on a Chip) – tra cui CPU e GPU – un unico pool di memoria (da qui, “unificata”), riducendo così la latenza e aumentando il bandwidth. Tra i tanti vantaggi di questa architettura, c’è appunto lo svantaggio per l’utente che la memoria non può essere espansa in un momento successivo. È quindi opportuno valutare bene prima dell’acquisto il quantitativo di memoria che il nostro flusso di lavoro richiede.
A questo proposito, per inciso, a differenza della memoria unificata e delle generazioni precedenti, i tear-down hanno evidenziato che nel Mac mini M4 l’unità di archiviazione SSD non è saldata sulla scheda, bensì fornita in un modulo rimovibile che però non è disponibile in commercio né sostituibile dall’utente. Alcuni utenti esperti e “coraggiosi” hanno documentato su video come hanno eseguito l’upgrade dei chip NAND del modulo per ampliare lo storage, ma è un’operazione complessa e del tutto al di fuori del supporto e dei termini di garanzia Apple.
Può essere utile dare uno sguardo da vicino anche al chip M4 Pro, se siamo indecisi su quale Mac mini faccia di più al caso nostro. Non si tratta infatti solo di un chip genericamente “più potente”: la sua stessa architettura ci può fornire indicazioni preziose per decidere.
Non a caso Apple lo contrassegna con la denominazione “Pro” (per inciso, la classificazione Apple tra nome liscio o con le etichette “Pro” e “Max” sembra aver fatto scuola, visto che anche altri produttori di processori e pc hanno iniziato a utilizzarli). M4 Pro è infatti progettato in modo specifico per fornire una performance più robusta nei carichi di lavoro professionali più esigenti.
Per il Mac mini con M4 Pro è possibile selezionare la versione con CPU 12-core e GPU 16-core, o quella con CPU 14-core e GPU 20-core; per entrambe le varianti il Neural Engine è 16-core. Rispetto a M4, con M4 Pro abbiamo a disposizione più core di CPU ma non è solo la quantità, è anche la tipologia a fare la differenza. La versione 12-core ha infatti 8 performance core e 4 efficiency core e la variante 14-core ha ben 10 performance core.
La GPU di M4 Pro è 16-core o 20-core, quindi fino al doppio rispetto alla GPU di M4. Oltre che, chiaramente, per flussi di lavoro su immagini e video, o di progettazione, la GPU può accelerare anche i workflow di intelligenza artificiale, quindi può avere un impatto importante in diversi ambiti professionali che coinvolgono la creatività, la produttività e lo sviluppo, soprattutto in prospettiva se non nell’immediato.
Il chip M4 Pro porta dei vantaggi anche nell’architettura della memoria unificata, con una larghezza di banda di più del doppio in confronto a M4: 273 GB/s contro 120 GB/s. La memoria del Mac mini con M4 Pro può poi essere espansa fino a 64 GB, oppure nel valore intermedio di 48 GB, mentre la configurazione predefinita ha 24 GB di memoria.
Inoltre, i sistemi con M4 Pro aggiungono il vantaggio del supporto per Thunderbolt 5, che raggiunge vette teoriche di velocità di trasferimento dati di ben 80Gb/s con boost fino a 120Gb/s per il video, altro elemento che può fare la differenza in alcuni ambiti professionali.
Prestazioni CPU, GPU e AI del Mac mini M4
Abbiamo messo al lavoro il Mac mini M4 con una serie di benchmark sintetici e di attività empiriche, con risultati molto lusinghieri in rapporto alla fascia di appartenenza e al costo della macchina. Nelle illustrazioni è possibile verificare i risultati dei benchmark sintetici in confronto ad altre due macchine:
- un Mac mini (2018) con processore Intel Core i3 quad-core e 8 GB RAM;
- e un MacBook Air (2022) con chip Apple M2 e 16 GB di memoria unificata.
Il primo è l’ultima generazione di mini Intel prima del passaggio a M1 e unico modello di mini Intel che supporta macOS Sequoia. Riguardo al secondo, non avevamo disponibilità in redazione di un Mac mini delle precedente generazione e abbiamo scelto di fare un confronto con la macchina che più poteva avvicinarsi come caratteristiche hardware.
Nei risultati con Geekbench 6, paragonandoli alla lista del Geekbench Browser, sulle prestazioni della CPU se la gioca anche con configurazioni Pro con un maggior numero di core delle generazioni precedenti, cedendo il passo solo davanti ai Max e Ultra (e nemmeno con tutti). È nelle prestazioni della GPU dove si rivela maggiormente il suo posizionamento di macchina entry-level, per i “pochi” core grafici.
Apple dichiara un incremento delle prestazioni della CPU fino a 1,8 volte rispetto all’M1, e i dati di Geekbench sembrano confermare tale affermazione. Apple parla anche di prestazioni grafiche fino a 2,2 volte più veloci rispetto all’M1: sulla GPU, invece, i dati di Geekbench indicano più un fattore di incremento all’incirca di 1,8x, in ogni caso significativo. Ricordiamo che comunque non necessariamente i rapporti che emergono nei benchmark sintetici si traducono nella pratica con lo stesso peso.
L’intelligenza artificiale generativa sta rapidamente diventando un elemento di forte innovazione nel mondo aziendale e professionale. Ed è, anche nell’inferenza, particolarmente esigente in termini di dotazione e performance del sistema in cui viene eseguita.
Opera Developer – la versione early access del browser Opera, che consente di provare nuove funzionalità in fase di sviluppo o di sperimentazione – offre uno strumento per verificare le prestazioni di una macchina nell’esecuzione locale dell’AI. Il test per l’AI locale di Opera Developer scarica un Large Language Model (LLM) sul computer ed esegue alcuni benchmark sul sistema, calcolando e presentando i valori di Tokens Per Second (TPS), First Token Latency (FTL) e Model Load Time (MLT).
Il test prevede tre profili AI, basati su modelli di diverse dimensioni, dal più piccolo al più grande. Il Mac mini M4 supera il test nel profilo AI Ready, quello più basico, che utilizza un modello Gemma da 2B, di 2 GB, ma non con il “massimo del punteggio” (AI Ready), bensì con la valutazione “AI Functional”. Non supera invece i test dei profili AI Standard e AI Enthusiasts, rispettivamente con modelli da 7B e 13B. È possibile consultare i singoli risultati dei benchmark nei grafici e nelle tabelle che pubblichiamo.
Opera però non specifica nel dettaglio quali sono i parametri che utilizza per classificare i risultati. Abbiamo perciò voluto verificare in pratica l’esperienza di interazione con modelli AI eseguiti in locale, utilizzando Ollama, progetto open source che consente di eseguire modelli linguistici su macchine macOS, Linux e Windows.
Abbiamo provato diverse famiglie di modelli aperti tra quelle più popolari: Llama di Meta, Mistral, Gemma di Google DeepMind, Phi-3 e Phi-4 (rilasciato di recente) di Microsoft. Con il Mac mini M4 equipaggiato con la dotazione di serie di 16 GB di memoria, abbiamo eseguito senza intoppi modelli fino a 14B, con Phi-4.
Chiaramente, se ad esempio con Llama 3.2 3B l’esecuzione era scattante e abbiamo a volte superato anche la soglia dei 40 token al secondo, con Phi-3 e Phi-4 14B tutto si rallentava, con un maggior ritardo per l’inizio della risposta e un ritmo che scendeva attorno ai 10-12 token al secondo.
Abbiamo messo alla prova le capacità dei modelli – tutti chiaramente quantizzati, per poter essere eseguiti su sistemi desktop – con prompt di approfondimento di argomenti tecnici, di sviluppo di codice così come di inventiva e creatività. Senza entrare nel merito della qualità delle risposte – visto che stiamo valutando il Mac mini e non i modelli stessi –, al netto di un’attesa più prolungata prima del primo token di output e di un ritmo meno veloce nella generazione della risposta, anche i modelli più pesanti sono risultati utilizzabili, seppur accettando qualche compromesso in termini di fluidità e rapidità nelle risposte. Non con un’esperienza d’uso sempre uguale a quella, ad esempio, di ChatGPT, ma comunque a nostro avviso usabile e in alcuni casi equiparabile. Tuttavia (è da tenerlo presente) con un forte impatto sulle risorse del sistema.
Come sappiamo, anche la società di Cupertino ha realizzato il proprio sistema di AI generativa, Apple Intelligence, il rilascio delle cui funzionalità è iniziato con macOS Sequoia. Apple Intelligence non è ancora disponibile in italiano e in Italia, ma è possibile attivarlo e provarlo su Mac se viene selezionato l’inglese come lingua principale nelle impostazioni del sistema.
Abbiamo provato Apple Intelligence con i Writing Tools su vari documenti di testo, in operazioni quali la riscrittura, fare il riassunto o evidenziare i punti chiave e altro; in inglese, aspettando l’arrivo in italiano nei prossimi mesi. Il tutto ha funzionato in modo fluido e reattivo, anche su documenti complessi e articolati, di oltre 1.200 parole; e in modo perfettamente integrato in macOS, in pieno stile Apple. Un assaggio che ci ha lasciato un’impressione positiva e che ci fa attendere con molta curiosità il supporto della lingua italiana in Apple Intelligence e l’evoluzione nel prossimo futuro di questa tecnologia.
Abbiamo anche provato a generare immagini in locale con modelli AI come Stable Diffusion e Flux: anche in questo caso, il Mac mini se l’è cavata bene, anche se con tempi d’attesa più lunghi. Non possiamo fare confronti con il top di gamma con chip M4 Pro, che non abbiamo provato, ma l’impressione è che nei workflow che pesano molto sul processore grafico, il Mac mini con M4 “semplice” paghi lo scotto del numero inferiore di core della GPU.
Per verificarlo e allargare il quadro complessivo, abbiamo fatto anche qualche prova con Photoshop. Come era lecito attendersi, per un flusso di lavoro intenso su fotografie e immagini in alta risoluzione, con scadenze sempre più strette come accade per gli studi professionali, il Mac mini M4 non è sufficientemente attrezzato né dal punto di vista del quantitativo di memoria che delle unità di elaborazione. Ma per lavori di minor peso, il Mac mini conferma di essere un piccolo campione di flessibilità, nell’ambito della sua fascia d’appartenenza, che è pur sempre quella di ingresso.
Un discorso analogo può essere fatto nell’ambito dello sviluppo. Il Mac mini M4 potrebbe rivelarsi un buon candidato (considerando il rapporto tra prestazioni e investimento) per progetti medio-piccoli, a singolo sviluppatore e con basi di codice non particolarmente ampie. Oppure di sviluppo web o, ancora, in ambito didattico relativo alla programmazione e allo sviluppo di applicazioni.
Superfluo dire che, per un lavoro di produttività di base, con un multitasking di applicazioni office, email e browser, il Mac mini M4 non solo può proporsi come ottimo compagno di lavoro ma, grazie alla sua versatilità, potrebbe nascondere anche piacevoli sorprese, sostenendo con il suo carattere scattante anche sporadiche incursioni in campi che, fino a pochi anni fa, era impensabile esplorare con macchine entry-level.
Non solo performance: caratteristiche interessanti per le aziende
Oltre alle prestazioni in rapporto al posizionamento, ci sono altre caratteristiche molto interessanti del Mac mini M4 per l’ambito aziendale e professionale.
Il nuovo Mac mini è silenzioso. Apple dichiara un livello di pressione sonora alla postazione dell’operatore in idle di 5 dBA. Naturalmente l’eventuale rumorosità dipende dal tipo di utilizzo e dalla configurazione della postazione di lavoro. Nella nostra esperienza con il Mac mini, anche durante i test più impegnativi era praticamente impossibile sentire alcun rumore provenire dalla ventola, stando normalmente seduti alla scrivania. Per sentire finalmente il rumore della ventola, abbiamo dovuto lanciare due sessioni di benchmark pesanti e contemporanee, una con Cinebench e l’altra con un test AI, che saturavano al loro massimo tutti i core sia della CPU che della GPU. E stiamo parlando di eseguire un complesso rendering 3D e un modello AI in locale, simultaneamente.
A proposito della ventola, l’utility di monitoraggio segnalava una velocità costante di circa 1.000 RPM sia durante i periodi di inattività che di attività non eccessiva. Come dicevamo, con i due benchmark in contemporanea i giri sono aumentati fino a superare i 3.000 RPM rendendo la ventola stavolta ben udibile. Comunque (ma questa è una valutazione del tutto empirica e soggettiva), a nostro avviso con una frequenza e un’intensità tollerabili per brevi periodi.
Oltre a questo, il Mac mini non scalda. Anche durante questi numerosi stress test, nella nostra esperienza d’uso la scocca non ha mai raggiunto una temperatura particolarmente elevata al tatto. È vero che tali test avevano una durata relativamente breve e che ogni caso d’uso e configurazione della postazione di lavoro presenta caratteristiche diverse, ma l’architettura termica di un dispositivo così compatto sembra effettivamente essere stata progettata e realizzata con grande attenzione da parte di Apple.
Anche grazie – e questa è un’ulteriore qualità importante in ambito aziendale – alla notevole efficienza energetica del silicio Apple. Come assorbimento elettrico, le specifiche Apple dichiarano 4W inattivo e 65W massimo, per quel che riguarda il Mac mini 2024 con chip Apple M4, 16 GB di memoria unificata e SSD da 256 GB.
Le misurazioni della presa smart a cui abbiamo collegato il Mac mini in prova hanno confermato questi valori: la potenza indicata nella situazione di stress test di cui sopra, alla quale abbiamo aggiunto in più anche il benchmark Blackmagic Design Disk Speed Test sull’unità SSD, per includere anche l’attività di archiviazione al carico della macchina, era intorno ai 55W con picchi entro i 60W. Nei periodi di inattività veniva indicata una potenza intorno ai 4W e in stand-by intorno a 1W, e anche meno (ma, soprattutto su valori così bassi, non siamo sicuri della precisione di rilevamento della presa smart di livello consumer).
Il Mac mini M4 è dunque parco nei consumi, soprattutto a basso carico e in relazione alle prestazioni. Questo, in ambito aziendale, non solo si traduce in minori costi di esercizio della macchina (o, verosimilmente, delle macchine), ma aiuta anche a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità e di riduzione dell’impatto ambientale che le organizzazioni sono ormai tenute a adottare o che quanto meno è preferibile che abbiano.
E non solo in questo il Mac mini può supportare le strategie ESG (Environmental, Social, Governance) delle aziende: Apple ha presentato l’ultima generazione del suo desktop più compatto come il primo Mac carbon neutral, pubblicando i relativi dettagli nel Product Environmental Report. Questo obiettivo è stato raggiunto da Apple incrementando la percentuale di materiale riciclato usato nel Mac mini, utilizzando energia rinnovabile per la produzione della macchina e scegliendo modalità di trasporto a più basse emissioni di carbonio. Apple poi compensa le emissioni residue con crediti di carbonio che l’azienda definisce di alta qualità.
Un piccolo Mac che sa farsi notare
Il nostro parere sul Mac mini con chip Apple M4 è che si tratta di una macchina straordinaria. Alza di molto l’asticella di una macchina di base per la produttività ed è in grado di spingersi in territori in cui, fino a pochi anni fa, era impensabile avventurarsi con il Mac più economico del catalogo. Ma bisogna mantenere le proporzioni e non si deve fare l’errore di cadere in un rischioso equivoco, che aprirebbe la strada a potenziali delusioni e farebbe un torto innanzitutto a questo Mac compatto ma sorprendentemente prestante: quello cioè di considerarlo un piccolo Davide in grado di vedersela con qualsiasi gigante, che permette di avere una workstation per meno di mille euro.
Per carichi di lavoro professionali impegnativi, che richiedono risorse maggiori, purtroppo non esistono scorciatoie che non prevedano di affidarsi a macchine più potenti e con equipaggiamenti più robusti. Del resto, altrimenti non avrebbero senso non solo le altre linee Mac del catalogo Apple, ma anche il modello top della stessa famiglia, il Mac mini con il chip Apple M4 Pro la cui architettura – come abbiamo visto – è meglio attrezzata per i compiti che richiedono un livello superiore di performance.
D’altro canto, con qualche upgrade alla configurazione di serie, lo stesso Mac mini con M4 Pro raggiunge un prezzo che si avvicina a quello del Mac Studio, un desktop dotato di un chip di classe ancora superiore e pensato in modo specifico per studi professionali e flussi di lavoro più pesanti. Al momento ci troviamo in una fase in cui il Mac Studio ancora non è stato aggiornato all’ultima generazione di silicio Apple e, anche se in alcuni task il Mac mini potrebbe teoricamente anche tenergli testa e finanche superarlo (non abbiamo potuto mettere a confronto i due modelli), quando uscirà anche il nuovo Mac Studio, le giuste proporzioni verranno pienamente ristabilite.
La frase chiave è a nostro avviso proprio questa: mantenere le giuste proporzioni. Come macchina d’ingresso per la produttività, che non debba sostenere carichi di lavoro particolarmente richiedenti per le risorse di sistema, il Mac mini M4 è perfetto. Ed è anche molto conveniente, nella configurazione base da 729 euro con SSD da 256 GB, ma questa è da scegliere solo se si è del tutto sicuri che tale quantità di storage sia sufficiente per i software utilizzati e per il proprio flusso di lavoro. Altrimenti, ci si può dirigere verso il modello da noi provato che, con 512 GB di storage, presenta anch’esso un buon rapporto tra prezzo e prestazioni, anche se inferiore.
Si tratta dunque di una macchina accessibile, dal design compatto e accattivante, ed estremamente capace, a patto di non chiederle l’impossibile. Intendiamoci: come abbiamo visto parlando dei benchmark, non è che con il Mac mini M4 dobbiamo limitarci alle sole attività più basilari, perché la nuova generazione, con i 16 GB di memoria unificata e il chip M4, amplia ulteriormente il raggio d’azione del piccolo desktop, ancor più delle precedenti generazioni con piattaforma Apple silicon, e e permette di fare di più con gli stessi investimenti, o anche inferiori.
Quindi per chi è questo Mac mini M4? Il tema del passaggio da un sistema Windows a uno Mac non lo approfondiremo non perché non sia un’opzione valida o percorribile – tutt’altro –, ma solo perché non concerne esclusivamente l’aspetto hardware, ma ha sempre riguardato un più ampio discorso di ambiente software e di ecosistema. Tuttavia, anche per le aziende basate su altri sistemi operativi, ci sono reparti in cui i Mac possono rappresentare la scelta preferibile. Il Mac mini M4, con il suo prezzo d’ingresso interessante e la sua flessibilità, potrebbe essere la macchina ideale per progetti pilota d’integrazione del Mac in azienda.
Questa nuova generazione può rappresentare poi un’ottima opportunità per gli studi professionali, le organizzazioni e i dipartimenti che già utilizzano Mac mini, o altri Mac della stessa categoria prestazionale, ancora basati su processori Intel. A meno che non ci siano impedimenti di compatibilità o di altro tipo che la rendano del tutto impraticabile, con l’arrivo di tecnologie avanzate quali Apple Intelligence ci sembra il momento giusto per la transizione ad Apple silicon, per chi non l’abbia ancora intrapresa: rappresenta un presente ormai consolidato nonché il futuro della piattaforma. Dal punto di vista delle prestazioni e delle possibilità, si entra letteralmente in una nuova era, in “ottica informatica”.
In genere il passaggio da una o due generazioni precedenti dello stesso modello non è necessariamente consigliabile, ma in questo caso è forse da prendere maggiormente in considerazione. Il Mac mini ha infatti conosciuto un salto di due generazioni del chip, da M2 a M4. Inoltre, la generazione precedente aveva solo 8 GB di memoria unificata, nella configurazione di base. Ciò, insieme al nuovo design e ad altre nuove caratteristiche – come le porte sul frontale –, potrebbe rendere appetibile aggiornare le macchine con chip Apple di precedente generazione, anche se, chiaramente, in questo caso sarebbe un cambiamento senz’altro migliorativo, benché non epocale.