Mediaset insegue Sky con le promozioni: basterà?

Il Biscione prova a erodere il vantaggio della Tv satellitare con una filosofia più low cost sul digitale terrestre, mentre la competizione potrebbe allargarsi su altri versanti

Chi è in chiaro vantaggio si sottrae al confronto diretto, altrimenti fa un favore all’avversario. A Sky, dove da mesi sostengono la necessità che tornino in Tv i confronti televisivi tra i leader dei principali schieramenti politici, dovrebbero conoscere bene questa regola non scritta che vale soprattutto prima delle elezioni: chi è in testa nei sondaggi evita se può la sfida del “faccia a faccia”, perché da questi scontri spettacolari ha tutto da perdere e pochissimo da guadagnare.
La pubblicità “paracomparativa” che confronta virtualmente l’offerta a pagamento della Tv satellitare con quella del Biscione, usando l’efficace metafora del tifoso che passa dentro il body scanner, sembra ignorare questo principio che fino a poche settimane fa, invece, era fedelmente rispettato dagli uomini della comunicazione di Tom Mockridge.

Riconoscendo l’esistenza del concorrente, invece, autorizzano a pensare che Sky stia soffrendo la concorrenza di Mediaset Premium; che siano lontani i tempi in cui la piattaforma di Murdoch si riteneva molto più forte del prodotto pay di Mediaset.
Una valutazione più precisa dei risultati di entrambi i contendenti potrà essere fatta solo più avanti. Per adesso, il quadro rischia di essere falsato dalla situazione contingente: c’è Sky che patisce i primi problemi di maturità della propria offerta, dovendo evitare anche alcuni ostacoli imprevisti come l’Iva aumentata, il posizionamento “alto” in un periodo di crisi senza precedenti, l’impossibilità d’investire in pubblicità nella stessa proporzione del concorrente. C’è poi Mediaset Premium che può crescere sull’inerzia dello switch-off del Digitale terrestre, proporsi in una veste “low cost” rimasta sguarnita, utilizzare lo stesso prodotto Calcio pagandolo molto meno e ottenendo gli stessi risultati d’ascolto. Sembra che Mediaset stia rapidamente accorciando le distanze dal concorrente, anche se la prospettiva potrebbe rivelarsi sbagliata, come quando in un Gran premio lo zoom della telecamera avvicina la macchina che è in testa a quella che la insegue in fondo al rettilineo.

Costi, ricavi e clienti da stabilizzare
Quali sono gli elementi che in questo momento potrebbero distorcere la realtà? Vale la pena citarne almeno due. Il primo è la bassa fascia di prezzo di Mediaset Premium. Finora dal marketing del Biscione sono stati bravissimi a proporre sempre nuovi canali e promozioni speciali, dando costantemente l’impressione che il costo per vedere l’offerta principale (calcio, cinema e canali per bambini) fosse contenuto entro i 25 euro mensili. Secondo molti analisti, se gli uomini di Piersilvio Berlusconi vorranno arrivare davvero al break even, non potranno pensare solo a far crescere sempre i propri abbonati, ma dovranno stabilizzare una clientela capace di pagare almeno il vero costo industriale dell’offerta (sui 40 euro?) senza il doping delle promozioni. Anche perché sui conti di Mediaset Premium, già dai prossimi mesi, dovrebbe incidere l’impatto più pesante dei diritti calcistici (200 milioni invece di settanta). Un altro aspetto rilevante è che finora Mediaset ha posseduto il vantaggio di giocare aggressivamente sul terreno dei rivali, senza subire una risposta uguale e contraria da parte di Sky sulla Tv in chiaro. Ebbene, la possibilità che questo vantaggio si riduca o si annulli sembra diventare sempre più plausibile.

La competizione si allarga
Nella lotta tra le due piattaforme contano sempre di più la politica, le regole nazionali e quelle europee. Lo strapotere di Mediaset in Italia potrebbe essere almeno in parte compensato quando il terreno di confronto si sposta in Europa. La conferma di questa tesi arriva dalla richiesta di Sky all’Ue di sciogliere almeno uno tra i vincoli fissati al momento della fusione tra Telepiù e Stream. Gli uffici del commissario alla Concorrenza, Joaquin Almunia, hanno comunicato alle autorità italiane l’avvenuta notifica da News Corp “di una formale richiesta di revisione degli impegni” assunti nel 2002 dal colosso guidato da Rupert Murdoch quando gli fu permesso di diventare monopolista nel satellite. Secondo Sky, il veto imposto da Bruxelles a operare sul Digitale terrestre (13 milioni di decoder già installati in Italia, saranno 23 milioni a fine 2011) non prima del 2012 sarebbe da considerarsi superato.

Se entro tre mesi ci fosse il via libera dell’Ue per competere anche sul Digitale terrestre, gli uomini di Mockridge potrebbero fare in tempo a partecipare alla gara prevista per assegnare sei multiplex: tre destinati ai nuovi entranti, due ai preesistenti e uno agli operatori telefonici in tecnologia Dvbh. Con un proprio mux da riempire e con gli spazi acquisibili in altri provider (come fatto per Cielo), più che pensare di mettere in piedi una proposta pay minimale anche sul Digitale terrestre, Sky potrebbe piuttosto scatenare una robusta offensiva sul versante “free” schierando una propria massa critica di contenuti capace di fare la differenza. Perché non pensare a un bouquet di almeno otto scelte, capace di calamitare ascolti e pubblicità e rendere la vita più difficile a Mediaset sul suo core business tradizionale? Perché non pensare a una famiglia di pochi canali da utilizzare per propagandare al meglio i pacchetti pay del satellite (quelli sì caratterizzati dall’abbondanza delle proposte, dall’alta qualità dei contenuti fruita nelle maniere tecnologicamente più evolute)? Per questa battaglia, Sky avrebbe già pronti i diritti in chiaro acquisiti per una parte crescente del proprio magazzino programmi e potrebbe schierare marchi di prestigio come Fox e National Geographic.

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