Anche nell’era cloud l’Application lifecycle management si conferma il cuore in cui far coesistere ambienti sviluppati in Cobol o Visual Cobol con Erp on demand, tutelando le applicazioni aziendali.
Un occhio al Cobol, l’altro alla costruzione di un AppStore per applicazioni enterprise. Nell’edizione 2013 della Micro Focus Conference svoltasi recentemente a Milano, l’attenzione del fornitore di soluzioni per Enterprise application modernization, testing e management si è focalizzata su un universo mobile di stringente attualità e sulle applicazioni che attorno ad esso proliferano.
Ne ha dato contezza, da remoto, il Regional manager Italia & Gme Pierdomenico Iannarelli, lo hanno ribadito, ciascuno per la propria area di competenza, Giuseppe Gigante e Valentino Magri, rispettivamente Regional marketing manager e Regional solution consulting team leader di Micro Focus per i mercati italiano, greco e del medio orientale.
Nulla di strano per un brand che, sul mercato Ict da 37 anni, «ha saputo adattarsi alle evoluzioni tecnologiche per affiancarsi alle aziende clienti nel loro percorso verso la modernizzazione delle infrastrutture It».
Ne sono prova il continuo rilascio di nuovi prodotti (il riferimento è agli strumenti di testing per ambienti mobile, Web e cloud rappresentati dal neoarricchito Borland Silk Portfolio, ndr) e la messa a segno nel tempo di acquisizioni (Borland, appunto, in aggiunta a Compuware) considerate strategiche da MicroFocus «per supportare un’evoluzione delle applicazioni, che si conferma al centro delle esigenze di modernizzazione del mainframe chiamato oggi a sostenere un’esplosione delle connessioni a Internet e un proliferare dei device mobili dentro e fuori il perimetro aziendale».
Vero è che, persino da noi, secondo i dati snocciolati dal co-founder e general manager di The Innovation Group, Ezio Viola, il numero delle connessioni mensili a Internet ha superato quota 30 milioni, mentre si stimano saranno almeno 4 i milioni di tablet collegati online entro la fine dell’anno all’interno di uno scenario in cui sempre più aziende si dicono convinte di due aspetti.
Il primo è che il Byod, o Bring your own device, sarà la modalità privilegiata dai dipendenti per accedere alle applicazioni principali, email e soluzioni collaboration in primis.
Il secondo è l’intenzione dichiarata da sempre più aziende interpellate dagli analisti di mercato di sviluppare applicazioni proprie aziendali.
Parola d’ordine: riutilizzo
Non senza che vengano garantire sicurezza dei dati, fruibilità multipiattaforma e controllo degli accessi in un panorama che, indagato da Gigante in tema di Application lifecycle management e trasformazione applicativa, ha messo in evidenza l’attuazione, in gran parte delle aziende di medie e grandi dimensioni di casa nostra (108 quelle interpellate nei settori industria, Pa, banche e assicurazioni, ndr), di una strategia mobile «volta a migliorare la fruibilità delle applicazioni aziendali e ad aumentare il coinvolgimento di clienti e dipendenti portando, al contempo, maggior flessibilità a vantaggio del time to market e risparmio sui costi».
Di user experience, sistemi operativi, piattaforme mobili, policy aziendali, testing funzionale e di performance, ma anche di sicurezza dei dati e degli utenti e dei linguaggi da utilizzare per lo sviluppo di nuove app si è, oltremodo, parlato sulla base del già citato universo indagato e che, nel 53% dei casi sostiene di aver già avviato un processo di modernizzazione del proprio parco applicativo sostenendo, nel 71% delle dichiarazioni avvenute per bocca dei Cio, Ceo, responsabili delle linee di business e dei marketing manager delle realtà italiane ascoltate, di voler consultare nuovi fornitori «a causa della scarsa proposizione o per via competenze inadeguate».
Si frega a ragione le mani Gigante, attento a sottolineare come «siano le funzionalità e le prestazioni dell’applicazione “core” quelle da garantire, a prescindere dall’ambiente nel quale è stata sviluppata».
Ancora una volta «va bene evolvere», ma senza «dover ripensare completamente la mia applicazione buttando via anche quel che funziona dell’infrastruttura che voglio far evolvere, magari in ottica mobile».
Anche perché, al di là del Cobol, Micro Focus ha in casa strumenti che le consentono di testare le applicazioni «al fine di comprenderne il grado di performance ed, eventualmente, cosa occorre ritoccare di quella stessa applicazione qualora decidessi di erogarla sul cloud o su un dispositivo mobile».
Due linee di prodotto implicate nell’evoluzione
Nella roadmap tracciata, infine, da Magri, «Visual Cobol e la già citata famiglia Silk di Borland sono le linee di prodotto implicate nell’evoluzione di cui abbiamo parlato fin qui» con l’idea di “massimizzare” gli investimenti realizzati dalle aziende in termini di anni-uomo e di “essere certi che l’applicazione risponda realmente a derminati requisiti, anche in termini di carico“.
In questo modo, al fianco delle aziende che decidono di far evolvere le proprie applicazioni in ottica di AppStore enterprise, «Micro Focus verifica i bisogni dell’infrastruttura applicativa esistente per comprendere la strada più opportuna da percorrere per chi intende avviare questo tipo di progetto a partire da una prima fase di assestment utile a comprendere cosa si può riutilizzato e cosa, invece, va riscritto in Visual Cobol» che, neanche a dirlo, «è mobile e cloud oriented».
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