Microsoft Longhorn. La promessa di un Os autogestito

Disponibile nel 2006, il nuovo sistema operativo client della società di Redmond poggerà su quattro pilastri tecnologici, in grado di incrementare le performance della piattaforma, semplificandone la complessità di gestione.

Il progetto Longhorn nasce dalla profonda convinzione di Microsoft che, come già avvenuto in passato, la nuova wave tecnologica verrà spinta dall’hardware innovation. Secondo Bill Gates, infatti, per quanto l’It versi in condizioni difficili, l’innovazione hardware non ha ceduto il passo, basti pensare ai nuovi processori con architettura a 64 bit, allo storage ad alta capacità e ai portable device. Secondo il chief architect della casa di Redmond, in meno di tre anni il pc, grazie a queste nuove tecnologie, diventerà uno strumento fenomenale, ponendo le basi per un nuova spinta tecnologica.


“Questa decade – ha recentemente puntualizzato Bill Gates – sarà la decade digitale, un decennio caratterizzato da un fortissimo aumento della produttività in termini di dati, media, foto, comunicazione e transazioni online. Tutto questo materiale sarà gestito pesantemente via software, così come non lo è mai stato in passato”.


Non si tratta, quindi, di un mero incremento di velocità e memoria, ma anche di un computing usato, qualitativamente parlando, in maniera diversa. Proprio per sfruttare al meglio questa nuova tecnologia si renderà necessario un software in grado di autogestirsi, che riduca la complessità e renda la piattaforma più performante. In sostanza, l’obiettivo che Microsoft si propone di raggiungere con il nuovo sistema operativo.

Le tecnologie alla base dell’Os


Le fondamenta di Longhorn poggeranno su quattro pilastri portanti: Avalon, il nuovo presentation system; WinFs, il file system; Indigo, il sottosistema di comunicazione; e in ultimo WinFx, l’interfaccia erede di Win32.


Dando uno sguardo agli screenshot disponibili, il primo elemento che salta all’occhio è senza dubbio il nuovo look del sistema operativo. Si notano immediatamente la nuova sidebar (ancora priva di nome) che incorpora diverse funzioni personalizzabili sia dall’utente che dagli sviluppatori, e la ricchezza di trasparenze ed effetti grafici.


A una analisi più approfondita, ci si rende conto, però, che la vera novità non risiede tanto nel restyling, ma nella tecnologia offerta. Microsoft ha lavorato alacremente su Avalon, integrandolo profondamente nella piattaforma e dotandolo di un nuovo motore grafico ad approccio compositivo, costruito intorno a Xml con architettura bottom-up. In questo modo è possibile portare sul mainstream animazioni, trasparenze, pixel shader e funzioni quali le clear type reading feature o i direct deck, che finora erano quasi esclusivamente dominio di alcuni sviluppatori di videogame. Finora siamo stati abituati a distinguere, e in molti casi a dover scegliere fra due modelli applicativi: Windows app e Web app. Con Avalon, Microsoft ha creato uno Unified Presentation Model che ingloba applicativi Windows, Web, media e animation, offrendo così la possibilità agli sviluppatori di poter contare su un unico modello di programmazione che permetta loro di prendere il meglio di entrambi gli application model. Inoltre, il nuovo Vector Based Compositioning Engine di Avalon eliminerà la necessità di switching tra 2D e 3D, offrendo un unico driver model a cui accedere indipendentemente dal tipo di dato su cui si debba lavorare.


Ma a nostro avviso il vero cuore del presentation system di Longhorn, risiede nell’uso di un modello di programmazione dichiarativo permesso dall’introduzione dello Xaml, un nuovo markup language che permetterà di realizzare applicativi Windows, separando i contenuti dal codice, elemento che semplifica enormemente la difficile collaborazione tra sviluppatori e designer.


“La miglior riga di codice che si possa scrivere – ha detto Jim Allchin, Group vice president, Platform di Microsoft – è quella che non deve essere scritta”. È questo l’approccio di Microsoft verso la sfida dello sviluppo, oggi più che mai non inteso unicamente in termini di mero deployment, ma anche di mantaining, servicing e patching delle applicazioni. E con lo stesso principio è stato sviluppato WinFx, l’interfaccia erede di Win32. La casa di Redmond ha investito notevoli risorse nella creazione della nuova struttura, pensando a come sviluppare un ambiente in cui far risiedere classi, tipi, metodi, proprietà ed eventi. Con WinFx sono state introdotte tecnologie come ClickOnce, che semplifica i processi di installazione/disinstallazione delle applicazioni, gestendoli come una sorta di Xcopy. Inoltre, WinFx dispone di servicing Api in grado di comunicare ai programmi la disponibilità di nuovi set di funzioni, e, al sistema, quali porzioni di applicazione riavviare per integrarle, eliminando la necessità di infiniti rebooting.

WinFs, il nuovo file system


Alla sempre più diffusa problematica dei dati, legati a doppio nodo alle porzioni di codice che li generano e alla necessità di fornire ai sistemi una maggiore conoscenza semantica, Microsoft ha risposto con WinFs. Il nuovo file system di Longhorn, attraverso uno schema Xml estensibile dotato di un set di funzioni built in (pienamente ampliabile dagli sviluppatori con i propri data type), si pone come obiettivo primario quello della “schematizzazione del dato”. Il sistema permette, infatti, di organizzare le informazioni, indipendentemente dal fatto che siano strutturati o meno, come, per esempio, i contatti o quanto generato dalle comunicazioni (mail, fax e via dicendo), in dinamyc view generate on the fly da un sistema basato sul rich structured metadata contenuto in WinFs. In questa maniera l’utente potrà organizzare le view nei modi più disparati; per esempio gli item, a prescindere dalla reale locazione fisica, potranno essere divisi dall’utente in stack per autore, data, progetto o qualsiasi altro attributo contenuto nello schema Xml; detti stack avranno dimensioni diverse in base alla quantità di informazioni contenute, e, grazie al sistema di relazioni, si potrà trovare lo stesso file all’interno di stack diversi, il tutto in una manciata di secondi. Per quanto riguarda il dato non strutturato, con WinFs, in un paio di click sarà possibile generare una dynamic view di tutti i fax, le mail, i file condivisi o le comunicazioni Rtc avuti con un contatto in un determinato periodo.


Sempre legata alle problematiche del dato non strutturato è la disponibilità nel nuovo file system di quello che Microsoft ha battezzato Information Agent. Uno dei maggiori problemi dell’utente è senza dubbio gestire in modo produttivo l’informazione. Oggi esistono diversi silos separati di dati: mail, file, fax, immagini e Web. A Redmond sono convinti che l’informazione necessiti di strutturazione, in quanto allo stato attuale, nella maggior parte dei casi il massimo che l’Os sa dei file è che sono binary screened. Un esempio è l’address book che, vivendo a livello di applicazione e non di piattaforma, non può essere condiviso trasversalmente. L’Information Agent vuole essere la soluzione proprio a livello di piattaforma per questo problema. Una tecnologia capace di mescolare file, mail, media, foto, appunti e quant’altro in un’unica gerarchia organizzata dall’utente a proprio piacimento, con la stessa semplicità con cui riordina la scrivania. Architetturalmente il file system è costruito su un sistema Ntfs transattivo e i suoi stream, compreso WinFs stesso, vi sono, quindi, archiviati. Il sistema comprende un intero set di servizi built in, al di sotto del quale c’è un Data Model che permette di creare schemi come oggetti, estensioni o relazioni.

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