Confermate le voci diffuse nei giorni scorsi circa l’ammontare dell’ammenda e circa i correttivi imposti all’azienda americana. Per Mario Monti una sentenza che stabilisce un principio. Ma Microsoft promette ricorso alla Corte di Giustizia.
24 marzo 2004 Tutto confermato. Le voci diffuse
fin dalla serata di lunedì in merito all’ammontare della multa che
l’Unione Europea si apprestava a comminare a
Microsoft trovano tutte fondamento. Così come trovano
fondamento i punti salienti degli addebiti e i correttivi che vengono richiesti
all’azienda: 497 milioni di euro l’ammenda e l’obbligo di rendere pubblici entro
120 giorni i requisiti per interfacciarsi con Windows e di rendere disponibile
entro 90 giorni una versione di Windows senza Media Player.
E sono queste
ultime due richieste, più che l’ammenda, i punti più ostici e nell’insieme più
di difficili da accettare per Microsoft.
Da parte sua l’azienda
americana rifiuta la sentenza e promette ricorso alla Corte di Giustizia
europea.
In una nota ufficiale, il Ceo di Microsoft Steve
Ballmer pur rispettando l’autorità della Commissione, sostiene che le
proposte da lui avanzate la scorsa settimana a Mario Monti fossero più che
idonee a superare gli ostacoli esistenti, sottolineando per altro come nel corso
dei mesi che hanno preceduto la sentenza odierna, l’azienda abbia di volta in
volta presentato una serie di proposte che indirizzavano i temi chiave
dell’interoperabilità, con aperture che non hanno precedenti nella storia stessa
dell’azienda.
Proposte che Mario Monti e la commissione da lui presieduta non
hanno evidentemente trovato sufficienti a rimuovere gli addebiti.
Da parte
sua, Mario Monti dichiara che la sentenza odierna “ripristina la concorrenza
e stabilisce principi chiari per il futuro”.