Dall’Osservatorio B2C del Politecnico di Milano una fotografia dell’evoluzione in corso nel mercato dell’ecommerce in mobilità. Crescite a tre cifre, anche se gli strumenti non sono ancora adeguati.
Nel momento in cui un comparto di mercato diventa interessante, è inevitabile cominciare a creare dei distinguo e, soprattutto, cominciare a segmentarlo per capirne le dinamiche interne.
Accade anche con il commercio elettronico, e non potrebbe essere altrimenti.
Così, assodato il fatto che il comparto si è messo in moto, che è cresciuto del 20%, che pesa ormai per il 2% sul totale delle vendite retail, il distinguo oggi si sofferma su due fenomeni emergenti: mobile commerce e social commerce.
Per il mobile commerce le notizie sono buone.
La crescita anno su anno è del 210%, vale a dire da 26 a 81 milioni di euro, che rappresentano di fatto l’1% del revenue complessivo del comparto.
Per di più, ed è questo un dato significativo, rispetto all’ecommerce tradizionalmente inteso, nel mobile commerce prevalgono i prodotti sui servizi: due terzi delle vendite sono riconducibili dunque a beni reali.
Il motivo?
Semplice: nel mobile commerce molte delle vendite sono legate all’istante temporale: le flash sale, i club online, le aste.
Preso atto della dinamicità del comparto, l’Osservatorio ha preso in esame come i siti di ecommerce italiani stanno indirizzando anche le nuove istanze mobile.
Rispetto a una prima rilevazione effettuata nel mese di aprile di quest’anno, a ottobre su 200 siti di commercio elettronico presi in esame, 70 hanno iniziative mobile.
L’approccio è ancora complesso: c’è chi scegli il mobile site, chi la App, chi entrambi. In ogni caso, mentre nel mese di aprile le uniche app specifiche erano sviluppate per piattaforma Apple, ora si nota un incremento dell’interesse verso Android.
Importante è il fatto che in questi sei mesi dalla prima rilevazione stanno aumentando le inziative nelle quali l’utente ha la possibilità di completare l’intero ciclo della transazione su piattaforma mobile.
Nondimeno, molto è ancora da migliorare.
I siti mobile, ad esempio, scontano l’immaturità del comparto, sia nella loro concezione, sia nelle funzionalità.
Il mantenimento della login, senza richiedere all’utente di autenticarsi ogni volta, è valutato come plus, per ora assente nella maggior parte delle iniziative.
Parimenti viene considerato come importante per l’utente, soprattutto quando poi si tocca la spinosa questione dei conversion rate, mantenere l’esperienza in corso (in particolare il carrello) nel passaggio da un dispositivo mobile a uno fisso e viceversa.
Parimenti, nonostante le newsletter siano oggi frequentemente viste prima su dispositivo mobile, ancora includono link che atterrano sul sito tradizionale piuttosto che alla sua versione mobile.
Per il futuro, dunque, sarà importante introdurre funzionalità specifiche per l’utenza mobile, che includano tool di georeferenziazione e strumenti di check in, importanti soprattutto in un’ottica di multicanalità e di ponte da informazioni su dispositivo mobile e acquisto su negozio fisico.
Per quanto riguarda infine il social commerce, siamo ancora agli albori.
In questo momento si tratta in genere di un processo di interazione tra azienda e consumatore che si svolge su strumenti social e che si chiude con un acquisto.
In questo momento lo strumento principe è ancora Facebook, ma le potenzialità dello strumento non sono particolarmente chiare.
Se è chiaro a tutti che Facebook può essere utilizzato per migliorare la relazione con il proprio pubblico, mancano ancora strumenti di misurazione.
E alla fine, una volta valutato il numero di iscritti alle proprie fan page, nessuno è ancora in grado di misurare quante e quali vendite si generano sul social network, né, tantomeno, riescono a porsi obiettivi e target di sviluppo futuro.