Spostarsi più velocemente, guadagnare flessibilità e ottenere quello che serve solo per il periodo di necessità effettiva, per poi farne di nuovo a meno.
In un mercato dove il passaggio alla “nuvola” è sempre più diffuso, per Bill Fathers, Executive vice president e General manager Hybrid Cloud Services di Vmware, non si tratta più di persuadere le aziende a scegliere l’ibrido ma di far toccare con mano agilità, sicurezza e prestazioni che una soluzione di cloud privato unita a funzionalità ibride può dare.
Consapevoli che il proprio portfolio applicativo abbraccerà il cloud pubblico e l’ambiente on premise per i prossimi dieci anni, quello di cui i clienti hanno bisogno, per Fathers, è supporto rispetto agli aspetti commerciali che dovranno affrontare.
Ne sono prova i benefici, “profondi ma limitati al carico di lavoro spostato”, ottenuti da un numero elevato di clienti che stanno sperimentando l’utilizzo del cloud pubblico per una serie di attività, come i test e lo sviluppo, o per alcuni carichi di lavoro, come le applicazioni Web.
“Appena provato ad adottare il cloud pubblico in modo più completo all’interno dell’organizzazione, magari iniziando a sperimentare diversi cloud pubblici – prosegue Fathers –, i vantaggi cominciano a diminuire perché la complessità associata al tentativo di utilizzare più cloud pubblici supera i benefici. Ci si trova, così, ad affrontare strumenti multipli di gestione e configurazioni multiple di rete e, improvvisamente, si finisce per avere bisogno del triplo del personale per gestirli, perché necessitano di persone in grado di capire gli stack Amazon, Azure e Vmware”.
Diversa cosa, suggerisce Fathers, è concentrarsi per ottenere il meglio dal cloud ibrido, che rappresenta la combinazione perfetta di un cloud privato e un cloud pubblico off premise tra i quali è posta la rete.
“Quanto più ci concentriamo su come farli funzionare insieme e su come presentarli come una singola risorsa condivisa – spiega –, prima riusciremo a portare le aziende verso un livello di sviluppo successivo”.
Tanto più se l’obiettivo è liberare, entro il 2020, il personale da alcune funzioni per portarlo in ambito It, come ha già fatto CocaCola con il proprio Chief marketing officer e Pepsi, con il Chief administration officer, mentre Vmware stessa ha assunto Tony Scott, già Cio di Microsoft, per reindirizzare il proprio personale It.
La preoccupazione che, per prima, sorge dopo aver scelto un cloud di tipo pubblico, infatti, è sempre la stessa e si chiama sicurezza.
A questa si aggiunge un aspetto tanto emotivo, quanto comprensibile, visto il grado di fiducia che l’affidare la propria infrastruttura mission-critical a terzi deve comportare.