E’ la teoria del direttore di Wired secondo il quale su Internet i profitti arrivano con maggiori vendite di un numero superiore di prodotti
Obbligate dalle dimensioni e dalla feroce concorrenza le major del disco sono
concentrate sui big. Il loro destino è sfornare a ripetizione nuove
star da milioni di cd, mentre hanno molte difficoltà a fare soldi con
gli artisti normali che non
catalizzano l’attenzione del grande pubblico e si rivolgono magari a una
nicchia. E’ a questo punto che entra in gioco l’online e società di minori
dimensioni come la Orchard, una società di distribuzione che vende a iTunes,
Napster, Yahoo e altri servizi musicali su Internet.
Gregg Scholl, ex membro del gruppo media e intrattenimento di McKinsey, è ora l’amministratore delegato di questa società che, racconta il New York Times, i soldi li fa acquistando musica da piccole etichette indipendenti e straniere e la rivende ai servizi musicali on line.
Il fatto di non dover realizzare un cd ma di
vendere musica liquida gli permette
di abbassare il break even su ogni singola canzone e di poter quindi vendere
anche musica keniana che non è proprio un genere di massa. La società di Scholl
non è l’unica a operare in questo modo. L’Indipendent online distribution
alliance, per esempio, ha recentemente acquisito i diritti per la
distribuzione di sessantamila album di una compagnia discografica pubblica cinese.
Di solito il distributore ha
il 15% del prezzo di vendita all’ingrosso di una traccia musicale, circa
cinquanta centesimi. Una cifra che fa la fortuna di queste aziende che si
occupano di mercati che, come sottolinea giustamente Mike McGuire, analista
dell’industria discografica, per loro sono di massa mentre per altri
sono di nicchia.
E’ il fenomeno della coda lunga , una teoria di Chris
Anderson direttore di Wired, secondo il quale i negozi on line rispetto a quelli
fisici raggiungono la soglia di profitto grazie alla vendita di un gran
numero di titoli in bassa quantità. In pratica, sostiene il direttore della rivista cult della
new economy, Amazon vende più libri di una libreria classica e soprattutto non
vende solo i best seller ma pesca fra una grande quantità di autori. D’altrone,
e il discorso vale ancora di più per chi vende la musica on line i costi di
magazzino non esistono. Sul suo blog. www.thelongtail.com, Anderson commenta gli
sviluppi della sua teoria e registra la crisi di catene di punti vendita
musicali che iniziano a dichiarare bancarotta.