A colloquio con Roberto Liscia, presidente dell’associazione. I limiti della direttiva Consumer Rights, l’approccio all’internazionalizzazione, l’iniziativa italiana.
Sgombra subito il campo da qualsiasi equivoco Roberto Liscia, presidente di Netcomm.
”Lo spirito della direttiva è del tutto positivo. Nasce con l’obiettivo di premiare la globalizzazione e un mercato unico europeo, dando nel contempo forza al consumatore”.
Principi più che mai condivisibili, secondo Liscia, che porta nella giusta luce le polemiche dei giorni scorsi.
”Quando si passa dai principi ai fatti si tende a intervenire creando delle forzature ai modelli di impresa, che in qualche caso finiscono per tradursi in un aumento dei costi per il consumatore, con un risultato opposto all’obiettivo iniziale”.
Su un punto Liscia non ha dubbi: il commercio elettronico transfrontaliero è troppo piccolo e per altro l’Italia ha chiuso lo scorso anno con una crescita del 18% del saldo negativo tra import ed export.
Per questo considera condivisibili nel principio le iniziative e finanche le forzature che possano far crescere l’internazionalizzazione. Purché non si traducano in un aumento dei costi.
In altre parole, purché non vadano nella direzione nella quale si sta indirizzando la direttiva Consumer Rights.
”Obbligare il piccolo merchant a consegnare in tutta Europa, rendendo disponibili servizi multilingue sul proprio sito di fatto mette soprattutto i piccoli operatori nella condizione di doversi attrezzare per rispondere alle nuove norme, con un incremento dei costi che finiscono per mettere in crisi il modello di business del piccolo. A meno di non ribaltarli sull’utente finale , con le inevitabili conseguenze negative in termini di soddisfazione e di relazione”.
Nella visione di Liscia, se la norma anziché cogente si trasformasse in incentivo e incoraggiamento, lo sviluppo dell’imprenditoria internazionale non ne avrebbe che giovamento.
Ci sono un riferimento e un modello precisi per il manager, che pensa alle iniziative già messe in campo dalla Ue: ”Piccole unità che, in ogni Paese, danno assistenza a chi effettua acquisti transfrontalieri, non necessariamente effettuati in modalità elettronica”.
L’idea di trovare un interlocutore autorevole che, nella lingua dell’acquirente, può farsi da tramite per la risoluzione di eventuali controversie o problemi è il primo indispensabile passo per accrescere la fiducia del consumatore nei confronti degli acquisti oltre confine.
”Lo sviluppo dell’imprenditoria internazionale non si facilita ponendo vincoli e obblighi al venditori, ma facilitando il compratore”.
In questo contesto, Netcomm ha ben più di una carta da giocare.
E se da un lato si sta facendo portavoce presso il ministero degli Affari Esteri e delle Attività Produttive perché prenda posizione contro la direttiva Consumer Rights (”anche se in questo momento le problematiche dell’ecommerce italiano e la perdita di competitività delle nostre iniziative non sono tra le priorità del Governo”), dall’altro ha deciso di dare una risposta diretta agli operatori del comparto.
La risposta si chiama Netcomm Services ed è una iniziativa”indirizzata in modo particolare alle piccole e medie imprese per aitarle a passare al digitale. Come? Erogando formazione, fornendo supporto legale, aiutando le imprese a individuare mercati di sboccol Ad esempio il prossimo 17 maggio organizzeremo presso la nostra sede un seminario per aiutare gli operatori italiani a capire come portare il loro business verso la Cina”.
Ma non è tutto.
Uno degli obiettivi di Netcomm Services è farsi promotore di attività di aggregazione tra player, ”aiutandoli, in un’ottica consortile, ad aumentare la loro dimensione, accrescere la gamma dei prodotti offerti, raggiungere volumi di scala”.