Anatomia di un fenomeno che ridefinirà competenze professionali, più nel retail che nel finance, con una Pa che attende a braccia aperte. Ne abbiamo parlato con Giuliano Serventi di Emc.
Da una recente ricerca di Emc risulta che in Italia, i settori retail e horeca sono quelli con le maggiori probabilità di trarre vantaggio dall’adozione del cloud computing.
Abbiamo chiesto a Giuliano Serventi, Senior presales manager di Emc se ciò dipende più dalla predisposizione al lavoro in network o dalla vetustà delle infrastrutture presso gli end point.
Entrambe le motivazioni sono la leva che serve a muovere le infrastrutture esistenti verso nuove soluzioni cloud oriented – ci ha detto -. Questa tecnologia può fornire alle aziende una piattaforma per un sistema It completo, favorendo la crescita del business a un costo inferiore rispetto agli investimenti disponibili per aziende più grandi, ottenendo allo stesso tempo soluzioni innovative per lo sviluppo di nuovo business sfruttando anche l’agilità del dipartimenti It tipici di questi settori.
Ma nel finance il cloud ha meno possibilità di sviluppare lavoro per via del fatto che è un settore sottoposto alla Grc (governance, risk, compliance)?
È sicuramente il mercato che pone più vincoli all’adozione del cloud. Oggi la maggior parte delle aziende ha scarsa o addirittura nessuna visibilità su ciò che avviene nell’infrastruttura cloud e poca conoscenza dei cloud provider e le loro modalità di gestione delle informazioni. In termini di sicurezza il cloud comporta un approccio diverso rispetto a quello tradizionale. I protocolli di sicurezza possono essere costruiti all’interno del layer di virtualizzazione, non solo a livello applicativo, dove solitamente vengono implementati. Infatti grazie all’inclusione delle politiche di sicurezza a livello più profondo e alla loro distribuzione attraverso l’infrastruttura virtuale, le organizzazioni possono definire politiche di sicurezza più potenti e reattive per proteggere i loro utenti ed i loro dati aziendali.
Quali sono le opzioni migliori perché il cloud attecchisca nel settore pubblico ed energetico?
Per la Pubblica Amministrazione la gestione documentale riveste un ambito di grande potenzialità: grossi volumi di dati e documenti che devono essere condivisi sul territorio.
La Pa potrebbe beneficiare di tecnologie in grado di contribuire da subito alla sua innovazione a bassissimi costi di investimento, con un conseguente risparmio sulla spesa It e, allo stesso tempo, in grado di generare nuove applicazioni e servizi innovativi per i cittadini e per le imprese.
Un grosso contributo arriverebbe inoltre dall’adozione di un’agenda sulla strategia digitale italiana, sulla falsariga di quanto già in atto in tutti i paesi sviluppati e dal Cad, il Codice dell’Amministrazione Digitale che intervenendo sugli assetti organizzativi, sulle dotazioni tecnologiche, sulla gestione economico-finanziaria dei processi di innovazione avrebbe inevitabili ricadute positive nel settore pubblico e nella spinta verso il cloud, oltre al miglioramento della performance delle pubbliche amministrazioni.
L’agilità, la flessibilità e la velocità proprie del cloud sono tra i benefici che possono interessare il settore energetico, specialmente per le aziende italiane multinazionali, trasformando il loro modo di fare business.
L’utilizzo del cloud, in particolare ibrido e privato, può accrescere il valore per il business, attraverso l’alto livello di integrazione.
Un caso concreto è rappresentato dai vantaggi della virtualizzazione, che rappresenta un primo passo verso il private cloud, nelle aziende del settore Oil&Gas.
In linea generale, la creazione di posti di lavoro è un saldo netto positivo oppure va considerata anche la cessazione di posizioni in seguito all’affermarsi del cloud?
Spesso si confonde consolidare con meno posti di lavoro. Le ere informatiche che si sono susseguite hanno sempre introdotto nuova tecnologia e di conseguenza la necessità di nuove conoscenze per poterle gestire. La trasformazione di figure professionali del passato lascia oggi il posto a nuove figure come cloud architect o data center architect. C’è sicuramente da aspettarsi un processo di trasformazione delle competenze, che porterà anche alla creazione di nuove posizioni lavorative sempre più strategiche per le aziende.
Dal punto di vista infrastrutturale a chi spetta l’investimento maggiore fra provider, ente e utente (azienda)?
Gli investimenti dovranno venire da tutti i soggetti in gioco. I service provider faranno la loro parte dal punto di vista infrastrutturale. Gli enti e le aziende dovranno modificare il loro modo di servirsi dell’infrastruttura It, cambiando in particolare processi e procedure interne. Anche lo Stato dovrà però investire, ad esempio nella banda larga. Oggi la situazione in Italia non è tra le più rosee. Sono state messe in atto diverse iniziative da importanti aziende It, per sensibilizzare le istituzioni affinchè vi sia un’infrastruttura che permetta la fruizione di servizi cloud, che oggi raggiunge solo pochi grandi centri urbani e nemmeno le loro periferie.
Con il cloud che diventa motore per il lavoro, il ruolo del gestore di tecnologia, il Cio sfocia su tematiche Hr?
Certamente nell’agenda del Cio ci dovranno essere i temi che riguardano la riforma e la crescita delle figure professionali presenti in azienda. Questi temi hanno sempre trovato un posto marginale rispetto agli obiettivi dei dipartimenti It. L’adozione del cloud vedrà i Cio collaborare con l’Hr per la creazione di percorsi di crescita e trasformazione di figure professionali nuove e ad alto contributo innovativo.
Gli stessi responsabili It subiranno una evoluzione nel loro ruolo. Dovranno sempre più essere dei business leader in grado di guidare con successo le decisioni strategiche sui processi di business, oltre che di pianificare i sistemi tecnologici aziendali.
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