Il Decreto Fare mette finalmente da parte quella norma, aspramente criticata, che obbligava gli utenti a rivolgersi ad un tecnico per l’installazione di un semplice router Wi-Fi, mentre è meno chiara “la resa” delle disposizioni sulla liberalizzazione del Wi-Fi.
È stata da poco pubblicata in Gazzetta Ufficiale la versione definitiva del “Decreto Fare“,
“disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia” (decreto legge
21/06/2013 n.69). Così come anticipato nei giorni scorsi il provvedimento affronta anche alcuni temi dei quali si è abbondantemente parlato in passato.
La versione finale del decreto, però, appare più confusionaria addirittura rispetto alle precedenti stesure.
Iniziamo dall’aspetto più chiaro. Il “Decreto Fare” mette
finalmente da parte quella norma, aspramente criticata, che obbligava
gli utenti a rivolgersi ad un tecnico per l’installazione di un semplice
router Wi-Fi. L’articolo 2 del D.Lgs. 26/10/2010, n.198 prevedeva infatti: “gli
utenti delle reti di comunicazione elettronica sono tenuti ad affidare i
lavori di installazione, di allacciamento, di collaudo e di
manutenzione delle apparecchiature terminali di cui all’articolo 1,
comma 1, lettera a), numero 1), che realizzano l’allacciamento dei
terminali di telecomunicazione all’interfaccia della rete pubblica, ad
imprese abilitate secondo le modalità e ai sensi del comma 2“.
La
nuova disposizione stralcia completamente l’articolo riaprendo a tutti,
tecnici e non, l’installazione di router wireless ed apparati di
comunicazione. A suo tempo si diffusero voci circa il probabile arrivo
di un “patentino” per coloro che volessero effettuare l’attività di
installazione e configurazione di router Wi-Fi. Fortunatamente, seppur con non poco ritardo, si sono riportate le cose sul giusto piano.
Lascia invece piuttosto a desiderare “la resa” delle disposizioni sulla liberalizzazione del Wi-Fi.
In realtà, diversamente rispetto a quanto figurava nelle bozze del
decreto circolate in Rete nei giorni scorsi, l’unico passaggio che si
trova nella versione definitiva della norma è il seguente: “l’offerta
di accesso ad internet al pubblico è libera e non richiede la
identificazione personale degli utilizzatori. Resta fermo l’obbligo del
gestore di garantire la tracciabilità del collegamento MAC address“.
Come
osserva l’avvocato Guido Scorza, uno dei più autorevoli esperti di
diritto informatico e di tematiche connesse alla libertà di espressione
ed alle politiche di innovazione, non c’è più alcun riferimento al Wi-Fi
né alla sola offerta di accesso a Internet nell’ambito di attività non
prevalenti, ovvero da parte dei gestori di esercizi commerciali. “Scritta
così la norma stabilisce che un fornitore di servizi di comunicazione
elettronica – Telecom, Vodafone, Wind, 3, Tiscali o un qualsiasi altro
ISP, per intenderci – può vendere i propri servizi senza alcun obbligo
di identificazione degli utenti“, osserva Scorza sul suo blog.
Ovviamente non poteva esser questo l’intento del legislatore:
l’obiettivo era un altro ossia quello di consentire agli esercizi
commerciali di offrire connettività wireless alla clientela senza troppe
pratiche burocratiche da espletare.
Certo il decreto non raggiunge il traguardo che era stato prefissato ed anzi introduce un ulteriore grado di incertezza.
La formulazione adoperata è poi davvero infelice ed ambigua. “Se
il “gestore” di cui si parla è quello di un bar, di un ristorante o di
un altro esercizio commerciale non è dato capire da dove discenderebbe
“l’obbligo di garantire la tracciabilità del collegamento” che, secondo
il Governo, dovrebbe “restare fermo”. Un tale obbligo non c’è e, a ben
vedere, non è neppure facile capirne la portata: “garantire la
tracciabilità”, infatti, non significa “tracciare” ma permettere a terzi
– chi? – di tracciare“, commenta ancora l’avvocato Scorza.
L’obbligo di garantire la tracciabilità del MAC address non può, quanto meno, non far sorridere. L’indirizzo MAC è lo speciale identificativo univoco che ciascun
produttore hardware assegna ad ogni scheda di rete, sia ethernet che
wireless, immessa sul mercato. Il MAC address identifica quindi un
dispositivo di comunicazione ma non certo chi lo sta utilizzando. Può essere inoltre facilmente modificato dallo stesso utente alterando quello impostato in precedenza del produttore.
A
questo punto, ancora una volta, ci sarà da revisionare il testo del
decreto perché, così com’è, si rischia quello di ottenere l’effetto
contrario a quello previsto ossia rallentare la diffusione del Wi-Fi
libero.
Il testo completo del “Decreto Fare” è visionabile a questo link
sul sito della Gazzetta Ufficiale. Purtroppo il testo non è
“accessibile” nel senso che non è possibile effettuarvi ricerche rapide
(“in aperta violazione della disciplina sull’accessibilità“,
osserva Scorza). Per trovare rapidamente ciò che interessa nelle 104
pagine che compongono il decreto, nel nostro caso abbiamo utilizzato WatchOCR (Rendere ricercabile un PDF con WatchOCR. Come elaborare decine di documenti simultaneamente).
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