No investimenti Ict, no virtual health per l’Italia

Con 1,3 miliardi di euro di spesa complessiva in Ict, pari a un investimento procapite di 22 euro per abitante, la fotografia scattata dalla School of Management del Politecnico di Milano delinea investimenti ridotti e mal distribuiti.

Ammonta a 1,3 miliardi di euro la spesa complessiva in Ict per la sanità in Italia sostenuta da strutture sanitarie, Regioni, ministero della Salute e medici di medicina generale.

Lo dicono i risultati della ricerca 2012 dell’Osservatorio Ict in Sanità promossa dalla School of Management del Politecnico di Milano che, basata su un’analisi empirica, attraverso survey e studi di caso, ha coinvolto oltre 350 tra Cio, direttori generali, direttori amministrativi, direttori sanitari, referenti regionali in aggiunta a 637 medici di medicina generale e un migliaio di cittadini, statisticamente rappresentativi della popolazione italiana.

Ancora una volta, il quadro che ne uscito fuori non è dei più lusinghieri per la nostra Penisola.
La cifra pocanzi riportata corrisponde, infatti, a una spesa Ict procapite pari a 22 euro per abitante, mentre in nazioni come Germania e Francia, gli investimenti in Ict salgono, rispettivamente, fino a 36 e a 40 euro per abitante, che diventano quasi 60 in Gran Bretagna, che si posiziona allo stesso livello dei Paesi di riferimento del Nord Europa come Svezia (63 euro di spesa Ict per abitante) e Danimarca, capofila delle virtuose, con oltre 70 euro a cittadino.

Ciò detto, il 70% della spesa Ict nella sanità tricolore è effettuato a livello di
strutture sanitarie che – altro punto dolente – nell’ultimo anno hanno registrato una riduzione dei budget Ict rispetto all’esercizio 2010 in risposta alla contrazione registrata negli investimenti in questo specifico settore di spesa che, anche nei prossimi tre anni, il 49% delle strutture sanitarie interpellate indica in decisa contrazione, addirittura del 40% nell’8% dei casi.

Investimenti ridotti e maldistribuiti
Lontani da realizzare una sanità 2.0, in Italia la prima voce di spesa per le strutture sanitarie resta relativa all’acquisto di servizi Ict (54%), mentre software e
hardware corrispondono rispettivamente al 12 e al 13% del budget complessivo.

Peccato che per la sanità, l’Ict non dovrebbe essere una semplice voce di spesa, ma dovrebbe rappresentare una delle principali leve di intervento su cui è possibile agire per incrementare sia la qualità dei servizi che la loro efficienza e sostenibilità economica senza che le prestazioni del sistema subiscano ulteriori
rallentamenti dettati da esigenze finanziarie di breve periodo.

Ancora una volta, oltre a essere complessivamente bassa, la spesa Ict nella sanità italiana è distribuita in modo disomogeneo e gli squilibri a livello geografico sembrano essere destinati ad accentuarsi nei prossimi anni.
Basti pensare che, a Nord del Paese, le aziende sanitarie assorbono circa due terzi della spesa, raggiungendo budget vicini alle best practice europee, dai quali invece le strutture del Centro-Sud restano molto distanti.

Tanto che, considerando la spesa complessiva per area geografica e l’entità della popolazione residente, ne deriva una spesa Ict procapite di circa 31 euro al Nord (per esattezza 34 al Nord-Ovest e 28 euro al Nord-Est), contro una spesa di 14 euro al Centro e di solo 12 euro per abitante riportata nel Sud e nelle Isole.

Non senza almeno una pregevole eccezione.
Quella dell’Istituto Mediterraneo per i Trapianti e le Terapie ad Alta Specializzazione (Ismett) di Palermo che, nel corso della terza edizione del Premio Innovazione Ict in Sanità 2012, si è aggiudicata un riconoscimento per i Sistemi di reporting direzionale e di business intelligence

Tutte bene o male del Nord le altre 5 strutture sanitarie selezionate in tutta Italia e premiate per specifiche categorie.
Si tratta dell’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo premiata nella categoria Gestione informatizzata dei farmaci nei processi ospedalieri; dell’Asl 4 di Terni per le Soluzioni per l’assistenza domiciliare e la medicina sul territorio; dell’Azienda Ulss 18 di Rovigo per la categoria Ict e integrazione delle informazioni cliniche del paziente; dell’Azienda Ulss 9 di Treviso
per le Soluzioni per un migliore servizio al cittadino; e dell’Azienda Usl Valle d’Aosta
per la Dematerializzazione dei documenti e revisione dei processi.

Lontani dal virtual health
Purtroppo, pur a fronte di notevoli opportunità, lo sviluppo organico e diffuso del virtual health, come l’Osservatorio Ict in Sanità definisce il complesso di risorse, soluzioni e tecnologie informatiche di rete applicate alla salute e alla sanità, trova ancora nel nostro Paese una forte e preoccupante inerzia.

Questo nonostante l’implementazione di una serie di aree fondamentali potrebbe produrre servizi facilmente accessibili agli operatori sanitari e agli stessi pazienti consentendo al tempo stesso di ridurre i costi e migliorare la qualità del Sistema Sanitario.

Ancora una volta, le parole magiche da pronunciare parlano di: cartella clinica elettronica (+13% di incremento di spesa previsto per il 2012), cloud computing (+88%), sistemi per la dematerializzazione (+89%), gestione informatizzata dei farmaci (+64%), servizi digitali al cittadino (+46%), mobile health (+36%) e sistemi di Business intelligence e Clinical governance (+25%).

Non senza fare i conti con la carenza di risorse economiche, ma anche con la resistenza al cambiamento da parte degli operatori e degli utenti e la mancanza di linee guida di sviluppo omogenee all’interno del Sistema Sanitario Regionale e Nazionale, tanto che le barriere principali allo sviluppo del virtual health non risultano essere sono tanto tecnologiche quanto organizzative e di governance.

Tre mosse per rilanciare l’innovazione It nella sanità
A questo punto, il suggerimento a opera di chi si occupa dell’Osservatorio Ict in Sanità è di formulare piani organici di sviluppo che identifichino le priorità, favoriscano sinergie nell’impiego delle risorse e definiscano un sistema di monitoraggio e controllo che verifichi e incentivi l’utilizzo efficace delle risorse.

In altre parole, occorre definire un piano di lungo periodo sull’innovazione Ict che preveda incentivi agli investimenti negli ambiti applicativi chiave.
Bisogna, inoltre, lavorare per conquistare il committment degli operatori sanitari, sia interni che esterni alle strutture sanitarie e ridisegnare la relazione e le dinamiche di engagement dei cittadini, puntando sul coinvolgimento e la partecipazione diffusa ai processi di innovazione.

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