È quanto sostiene l’Ashrae, che ha presentato le proprie “linee guida” a Mce Expocomfort.
Che il caldo non faccia bene all’It è cosa risaputa. Nel passato si è spesso esagerato nel tenere bassa la temperatura dei data center tanto da farli diventare delle isole di freddo senza troppo preoccuparsi del costo relativo (per non parlare del confort di coloro che ci dovevano lavorare). Oggi, però, sotto la spinta della necessità di ridurre i consumi energetici, la questione viene esaminata con attenzione e ci si comincia a chiedere se i costi da sopportare per avere temperature molto basse siano giustificati dai minori rischi di fuori servizio.
In altri termini: qual è la temperatura ideale nei data center?
A questa domanda cerca di dare una risposta l’American Society of Heating, Refrigerating and Air-conditioning Engineers (Ashrae) con una serie di raccomandazioni che vengono raccolte nelle Thermal Guidelines, ormai arrivate alla terza edizione, e che vengono diffuse attraverso seminari che i tecnici dell’Ashrae tengono in tutto il mondo, recentemente anche a Milano in occasione della fiera Mce Expoconfort.
Ashrae valuta in 20°C la temperatura ideale dell’aria che viene convogliata sui server precisando però che questa temperatura può arrivare fino a 27°C senza determinare particolari problemi mentre non si hanno particolari benefici scendendo sotto i 18°C. Dato che l’aria di raffreddamento entra nei rack dei server dalla parte anteriore ed esce dalla parte posteriore a temperatura nettamente più alta, non ha senso parlare di temperatura del data center che può essere molto diversa da un punto all’altro.
Se l’aria di raffreddamento può arrivare anche a 27°C, osservano i tecnici di Ashrae, vuol dire che nei Paesi temperati per buona parte dell’anno si può utilizzare direttamente l’aria esterna senza bisogno di raffreddarla, riducendo così drasticamente i costi del data center sia in termini di spese in conto capitale (capex) che operative (opex).
Ma c’è di più. Ashrae ha valutato la probabilità di un fuori servizio delle unità hardware in funzione della temperatura, ponendola pari a 100 alla temperatura di 20°C che viene presa come riferimento. Così, ad esempio, se la temperatura dell’aria di raffreddamento è di 15°C la probabilità scende al 72% mentre a 30°C sale al 142%.
Con questi dati, nell’ipotesi di utilizzare l’aria esterna, si può calcolare di quanto diminuisce questa probabilità nei periodi freddi dell’anno e di quanto aumenta in quelli più caldi. Applicando questo metodo a un ipotetico data center a Milano e considerando la distribuzione media della temperatura esterna, secondo Ashrae la probabilità di fuori servizio media sull’arco dell’anno è inferiore, anche se di poco, a quella che si avrebbe se si mantenesse una temperatura costante di 20°C. In altre parole: secondo Ashrae a Milano i data center non hanno bisogno di raffreddamento dell’aria.
Hanno però bisogno di aria pulita, ossia priva di sostanze corrosive e soprattutto di particolato. Perciò l’aria va comunque trattata.
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