I marchi sono più tutelati. Semplificate le procedure di deposito
maggio 2005 Per il nostro Paese c’è stata, recentemente,
una importante novità in materia di opere intellettuali
e, in particolare di quella categoria che sono le “proprietà
industriali”.
Si tratta, per capirci, principalmente dei brevetti, dei marchi e
delle invenzioni. Con il decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30,
è infatti entrato in vigore il 19 marzo 2005 il nuovo codice della proprietà
industriale.
Con esso, sono state abrogate molte vecchie leggi, risalenti in gran parte
agli anni 1939-1942, tra cui quelle su brevetti e invenzioni, modelli, disegni
e marchi.
Si tratta di una novità di grande portata: il nuovo codice, infatti,
se spesso si limita a riprodurre le vecchie norme ed unificarle, in molti casi
invece introduce soluzioni originali, soprattutto per quanto riguarda le procedure,
sia amministrative (ad esempio, per la registrazione del marchio) o giudiziale
(nel caso in cui un marchio o un brevetto sia violato).
Va inoltre sottolineato che le nuove disposizioni si applicheranno anche al
software se verrà approvata, come ad oggi pare probabile, la pur contestata
direttiva appunto sulla brevettabilità dei programmi per elaboratore.
Dal punto di vista sostanziale, la normativa in materia di marchi, brevetti
d’invenzione, modelli e disegni non ha subito grandi modifiche rispetto
alla situazione anteriore.
La ragione di ciò sta nel fatto che, in materia, ci sono molte convenzioni
internazionali cui l’Italia deve conformarsi, senza possibilità
quindi di discostarsene più di tanto.
Oramai la regolamentazione dei marchi e brevetti è diventata
piuttosto uniforme tra gli Stati e l’intenzione del nuovo codice
è stato di mantenere tale coesione, anche nell’interesse del titolare
dei diritti, che incontrerebbe molte più difficoltà se le disposizioni
fossero diverse da Paese a Paese.
In questo contesto di sostanziale continuità, ci sono però state
delle importanti specificazioni. Ad esempio ora è previsto espressamente
il divieto di registrare un nome di dominio in conflitto con un marchio
registrato.
Questo, per la verità, è un aspetto sul quale molti concordavano
già prima del nuovo codice, ma c’erano state anche alcune pronunce
giurisprudenziali che avevano sostenuto l’“autonomia” del
nome di dominio rispetto al marchio registrato.
Ora al marchio è accordata molta più tutela,
dal momento che il suo titolare ha espressamente il diritto di impedire che
la dicitura oggetto di marchio possa essere utilizzata come nome di dominio.
Converrà, quindi, a tutti coloro che hanno intenzione di registrare
un nome di dominio fare una ricerca preliminare per vedere che la dicitura prescelta
non sia già oggetto di privativa a favore di qualcuno.
A parte questi aspetti, le novità principali sono di tipo procedurale.
Sono state semplificate le procedure, amministrative, per chi intende depositare
una domanda di brevetto o registrare un marchio.
Analogamente, è stata snellita la procedura per chi cede o trasferisce
uno di questi diritti. Chi vuole registrare un marchio, dunque,
può farlo adesso ancora più agevolmente di prima.
Per quanto riguarda i brevetti, comunque, rimane fortemente
consigliata l’assistenza di un legale o un consulente in proprietà
industriale.
Al momento del deposito della domanda, infatti, nel nostro sistema non viene
controllata la novità del brevetto o dell’invenzione: è
bene quindi fare un controllo preventivo, per evitare di dar luogo a registrazioni
che non servono a niente e si traducono in spese inutili.
Dal punto di vista giudiziario, la cosa più importante è che
tutte le cause in materia di brevetti e marchi, ma anche a quanto pare di altri
segni distintivi diversi dai marchi, sono con il nuovo codice sottoposte al
“rito societario”.
Si tratta di una particolare forma di processo, introdotta
l’anno scorso per le vertenze in materia societaria, ma che ha dato buona
prova, consentendo di definire le cause in termini molto più ristretti
di quelli solitamente previsti.
Una causa trattata con il rito societario dura, in media, un anno o due al
posto dei sette o otto necessari per una causa ordinaria.
Queste cause, inoltre, non sono giudicate dagli stessi giudici che si occupano
di tutte le altre controversie in genere, ma da apposite sezioni specializzate,
costituite presso dodici tribunali italiani (Bari, Bologna, Catania, Firenze,
Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia).
Chi intende, dunque, instaurare un contenzioso relativo a marchi, brevetti
o, a quanto sembra, anche ditta, insegna, denominazione, ragione sociale e persino
nomi di dominio, deve farlo rivolgendosi a questi tribunali e seguendo un rito
diverso da quello ordinario.
Dal punto di vista delle sanzioni, infine, sono state ampliate
le pene già previste per le violazioni, di particolare gravità,
di un diritto di proprietà industriale.
Per il giudice civile, inoltre, sono state previste nuove possibilità
di operare nel modo in cui deve essere determinato il risarcimento a favore
di chi si è visto violare un proprio marchio o brevetto.
Il giudice, infatti, può inserire tra le voci di danno anche le eventuali
royalties che il titolare del diritto avrebbe percepito se una licenza fosse
stata concessa.
Per quanto riguarda la pirateria, il codice prevede apposite
sanzioni, che però sono applicabili solamente dove si dimostri che la
violazione è stata applicata dolosamente e in modo sistematico.
In conclusione, si tratta di una novità assai importante per il nostro
Paese anche se è ancora presto per comprenderne esattamente la portata,
che potrebbe peraltro essere ulteriormente ampliata se il software, come si
è visto, sarà annoverato tra le invenzioni industriali.
*avvocato in Modena