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Open Hub Med in dirittura d’arrivo

Le prime avvisaglie a fine novembre 2015, ora, a quasi un anno dalle anteprime per la stampa, per Open Hub Med è tempo di partire. Valeria Rossi e Joy Marino, rispettivamente amministratore delegato e presidente del MIX, il Milan Internet eXchange lo storico e più importante nodo di interscambio dati in Italia, tra i promotori dell’iniziativa si siedono e raccolgono le idee.

valeria rossi“Deve essere chiaro che si tratta di un’iniziativa consortile comune fortemente voluta dagli otto soci fondatori – precisa subito Valeria Rossi”. E, in effetti, in un settore in cui si abusa del termine coopetition senza specificare troppo i pesi delle due componenti (cooperation + competition) è meglio specificare.

Open Hub Med, così, è formalmente un consorzio composto da (in rigoroso ordine alfabetico) Eolo (Ngi), Equinix Italia (Telecity Group), Interoute, Italtel, MIX, Supernap Italia, VueTel Italia e il consorzio XMED (che a sua volta riunisce tre aziende siciliane, Demetrix, Mandarin e WishNet) a cui a febbraio si è aggiunta Fastweb.

Concretamente, invece, Open Hub Med è un polo tecnologico in fase di completamento, sito a Carini sulle ceneri di uno storico luogo dismesso a uso di Italtel. Come già raccontato, l’idea di base è di “evitare” che il cavo sottomarino Sea Me We 5 (South East Asia–Middle East–Western Europe), forse il più importante cavo di collegamento tra Asia ed Europa e controllato da Telecom Sparkle, fugga da Catania verso Marsiglia, e in backup verso i Balcani, senza neanche dirci grazie.

Ma non solo lui: “la Sicilia è un crocevia naturale per lo smistamento delle comunicazioni tra l’Asia e l’Europa – prosegue Rossi -, molti cavi approdano a Catania, Palermo, Mazara del Vallo, Pozzallo, Trapani e se ne vanno via. Perché perdere questa opportunità di far diventare la Sicilia e il sud un polo di aggregazione e di connessione verso gli hub del nord Italia?”.

joy marinoGià, perché? Asciugando rapidamente il sudore versato, sul tavolo oggi rimangono degli accordi “raggiunti molto faticosamente con negoziati lenti e delicati durati circa due anni – ricorda Marino, perché alla fine quando si parla di business è difficile far passare il messaggio che le opportunità si ampliano” e rimane, soprattutto, un data center da 5mila metri quadrati realizzato secondo una logica general purpose, insomma: dimmi che ti serve che ci pensiamo noi.

Open Hub Med: collaboratività al potere

“Il nostro è un successo – sottolinea Rossi – perché abbiamo voluto fortemente creare un’iniziativa privata, collaborativa che preparasse il terreno a una valorizzazione del territorio italiano e siciliano (il che potrebbe voler dire assunzioni, ndr), senza farci imbrigliare in dinamiche istituzionali. Ci siamo limitati a un’opera di sensibilizzazione presso le nostre istituzioni, mentre riteniamo prematuro un push simile verso il Parlamento Europeo, la priorità ora è partire”.

Secondo la consolidata filosofia del MIX, Carini deve diventare un polo di aggregazione di offerte variegate: “Open Hub Med non fornirà il servizio di trasporto dei dati, il cui costo nella nostra penisola è ancora alto rispetto ai prezzi proposti in nord Europa – prosegue Rossi – ma fornirà ospitalità alle Telco e agli OTT (Over the Top, le aziende che offrono servizi, contenuti e applicazioni di alto livello) in un ambiente innovativo, aperto e sicuro, non solo dal punto di vista tecnologico ma anche ambientale”.

Un modello multistakeholder per lo scambio del traffico Internet nel cuore del Mediterraneo, insomma, con un approccio che, basato su princìpi di vera apertura e neutralità, si differenzia in maniera sostanziale rispetto ad altre iniziative in corso nell’area.

“Si tratta di far nascere un mercato nuovo – prosegue Marino – che può servire anche la pubblica amministrazione locale, per esempio”. Ma c’è veramente bisogno di Open Hub Med, e di tutti i data center che stanno nascendo in Italia, da quello di Supernap a quello di Data4?

Sembra di sì, e lo si comprende se si cambia l’unità di misura della propria prospettiva. Si deve ragionare in termini di centinaia di chilometri e in ottica europea e internazionale. Un data center posto nel sud Italia diventa interessante anche per le economie estere limitrofe, per esempio, così come un nuovo data center in Lombardia deve essere visto come una opportunità in più per tutto il sud Europa, anche e soprattutto pensando alla ridondanza.

E magari tra i clienti dell’Open Hub Med ci potrebbero essere grandi aziende, del finance o del pharma, strutturate al punto da non dover delegare connettività e servizi al carrier o all’operatore telco della situazione. “Non è detto – conclude Marino – mi sembra che la strategia di bypassare il fornitore di connettività sia ancora prematura in Italia, e anche in Europa abbiamo pochi esempi”.

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