Oracle: la Soa è fatta per il midsize

Integrazione e riuso le sue leve vincenti

Dicembre 2008

Tra le tecnologie più d’attualità, la Service oriented architecture è forse quella che ha più influito concretamente sull’industria It, avendo stimolato la crescita di importanti business specifici in società come Bea e Ibm e vere e proprie rivoluzioni nell’architettura di suite applicative come l’Erp di Sap.

Come ci dice Antonio D’Anghela, sales director mid market technology business unit di Oracle Italia (la società che a inizio d’anno ha acquisito Bea), la curva di adozione della Soa ha ormai superato il livello dell’integrazione applicativa e quello successivo dell’impiego nei progetti di business process management, ed è arrivata allo stadio in cui si può parlare di un uso strategico a livello infrastrutturale.

«Attualmente in Italia le iniziative di integrazione applicativa costituiscono ancora circa l’80% dei casi di impiego della Soa – precisa D’Anghela –, ma iniziamo a registrare un maggior numero di casi di Bpm e anche i primi esempi di progetti infrastrutturali. Ciò avviene con sempre maggiore frequenza nei settori di business dove l’efficienza operativa interna e la capacità di reagire in tempo reale verso l’esterno con nuove offerte sono fondamentali. E anche la media impresa esprime interesse verso questa tecnologia, specie in settori come quello manifatturiero e dei trasporti e della logistica».

Ma il processo di adozione non è un cammino rose e fiori. Le difficoltà non mancano, commenta D’Anghela, e sono legate alla resistenza culturale tipica delle medie imprese a tutte le modifiche più importanti. Ma queste imprese che spesso hanno sistemi informativi eterogenei e perciò dei costi di gestione, manutenzione e integrazione elevati, sono proprio quelle che possono trarre grandi vantaggio dall’adozione della Soa. Infatti, spiega D’Anghela «l’architettura Soa, in termini di strumenti, piattaforme tecnologiche e metodologie, permette di far dialogare i disparati sistemi applicativi implementati, razionalizzandoli per aumentare il grado di modularità e integrazione e aumentare la flessibilità e la velocità nel modificare i processi di business o svilupparne nuovi. L’adozione di queste architetture consente, inoltre, di abbassare i costi di manutenzione, in quanto i servizi riutilizzabili riducono il numero e la complessità dei servizi It, e i costi stessi di integrazione, poiché servizi standardizzati semplificano la cooperazione, consentendo ad applicazioni disparate di collegarsi in modo rapido e facile. Senza dimenticare la tangibilità del ritorno economico».
Infine, conclude D’Anghela, un numero minore di servizi riutilizzabili offre un maggiore controllo sulle politiche di governance aziendali e It, oltre a ridurre i rischi legati alla tematica della compliance, con cui oggi anche la media impresa deve confrontarsi.

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