C’è chi li vede come la tecnologia più innovativa del prossimo futuro, chi, invece, li considera solo dal punto di vista funzionale come una semplificazione nella gestione e scambio delle informazioni aziendali. Altri mettono l’accento sulle opportunit …
C’è chi li vede come la tecnologia più innovativa del prossimo futuro, chi, invece, li considera solo dal punto di vista funzionale come una semplificazione nella gestione e scambio delle informazioni aziendali. Altri mettono l’accento sulle opportunità che nascono nella gestione dei contenuti e dei servizi e, altri ancora, li valutano come uno strumento importante e significativo per cambiare il modo di condurre business. Ma l’obiettivo finale è quello di avere applicazioni che “collaborino” con un alto livello d’interazione e in grado di condividere dati via Internet indipendentemente dai luoghi in cui si opera, dai vari formati, dai diversi sistemi operativi e dalle tante piattaforme hardware esistenti.
Quello dei Web Services è in realtà un orizzonte tecnologico in cui collocarsi che, al di là delle funzioni e delle opportunità, offre una nuova dimensione di dialogo, creando quei fattori d’integrazione che faranno della Rete lo strumento principe nello scambio di informazioni. Tuttavia parlare di Web Services non è semplice, e soprattutto è difficile capire i nessi e le prospettive di business che determinano. Proprio perché sono un orizzonte, ancora non si comprendono appieno i dettagli, ma si intravvede distintamente lo sfondo comune, fatto di intense e continue interazioni. Se si potesse usare un’allegoria mitologica i Web Services sono l’antidoto al rischio di una “Babele” dei linguaggi tecnologici.
Definizioni e caratteristiche
Le aziende devono affrontare la sfida di connettere le applicazioni interne con le varie entità che compongono l’universo “extended enterprise”. Ma la maggior parte di queste soluzioni si è rivelata costosa e di lunga implementazione, richiedendo lo sviluppo di connettori proprietari che limitano l’apertura dell’azienda in caso di eventuali cambiamenti futuri. Di conseguenza, molti tentativi d’integrazione, all’interno e all’esterno dell’azienda, sono stati posticipati o addirittura evitati.
Oggi le aziende possono affidarsi ai Web Services per connettere le loro applicazioni interne in maniera flessibile e conveniente a clienti e partner via Internet, anche se molti sostengono che lo sviluppo di Web Services validi si avrà
solo tra qualche anno, ma i due capisaldi su cui si basano, standard Internet enabled e messaggistica intelligente, sono già disponibili.
I Web Services rappresentano più di un semplice scambio di dati. Descrivere un’applicazione o una funzione in termini di Web Services significa che la funzione, il processo o l’applicazione possono essere gestiti da un’altra applicazione (o altre applicazioni) come se fossero propri. Così come il Web permette a un utente Mac e a un utente pc di inviarsi testi o immagini, così i Web Services consentono alle applicazioni di condividere informazioni, funzioni e processi, in modo indipendente da incompatibilità presenti nelle piattaforme sottostanti.
Tra gli operatori che abbiamo ascoltato, solo alcuni tentano di formulare una definizione accettabile e il più possibile universale. I più preferiscono ribadire l’elemento di base: la capacità di disporre di informazioni al di là dalla sorgente e dalla loro ubicazione.
“I Web Services sono un nuovo tipo di applicazioni Web, eApplication – sintetizza Marco Del Vecchio, sales manager Italia, Grecia e Turchia di NetManage -. Essenzialmente vanno inquadrati come un nuovo mezzo per rendere disponibile la logica applicativa dei software aziendali sotto forma di componenti software aventi un’interfaccia basata su Xml. Mentre il metodo Xml permette ai dati di essere condivisi, i Web Services facilitano la condivisione di business logic. Un Web Services, una volta pubblicato su Web, sarà automaticamente rintracciabile da altre applicazioni, che potranno determinarne le funzionalità e fruire del servizio associato. Un Web Service, per esempio, può essere: una funzione di autorizzazione a pagare con carta di credito, un’accesso a quotazioni di Borsa personalizzate o una rischedulazione automatica dei voli per manager che viaggiano”.
In questa definizione emergono in modo netto non solo aspetti tecnici, ma anche pratici. Simile, anche se più suggestiva, è la dichiarazione di Francesco Marchitti, technical account manager di SilverStream Software, altra azienda di punta in questo innovativo segmento: “I Web Services danno, da un punto di vista tecnico, la possibilità di reperire, conoscere e invocare in modo standard funzionalità applicative che sono state finora confinate ai sistemi per le quali erano state pensate. Se è vero che il patrimonio più grande di un’azienda sono le informazioni, i Web Services le rendono, per così dire, esponibili in vetrina. Potrei, per esempio, far convergere su un semplice foglio Excel le informazioni provenienti da sconosciuti mainframe o server applicativi, senza dover modificare la logica in essi residente”.
Quasi a integrare quanto detto Franco Roman, partner sales director di Sun, innalza la questione a livello di profezia per il mercato Ict: “Nella vision di Sun, l’It è destinata a diventare una utility, come oggi avviene per elettricità o gas, questo significa che non si acquisteranno più componenti o prodotti, ma l’utilizzazione di servizi di rete con l’ottica che gli americani chiamano on demand”.
Volendo tirare le fila del discorso, prima di farlo lievitare troppo, possiamo ritenere che il livello di innovazione introdotto dai Web Services si basa su tre caratteristiche chiave. In primo luogo lo scambio di informazioni via Xml in modo indipendente dalle piattaforme. Poi il trasporto e la gestione dei dati da qualsiasi luogo, tramite Http o Tcp/Ip e, infine, la ricerca di standard formali per definire regole di interazione (Xml, Soap, Wsdl, Uddi).
Ostacoli alla diffusione
Meno univoche, ma pur sempre omogenee le risposte che abbiamo avuto in merito agli ostacoli che i Web Services potranno incontrare. Marco Lusardi, regional manager di Ca Services, ci offre una visione ad ampio raggio affermando che i maggiori ostacoli alla diffusione dei Web Services sono legati alla capacità o meno, di chi andrà a implementarli, di rispondere ad alcune domande. Ecco secondo lui quali sono: “L’accesso ai Web Services può essere ristretto solo alle persone e ai programmi autorizzati? Saranno gestiti come un componente dell’extended enterprise? Come integrare i sistemi preesistenti con questi nuovi servizi? Gli standard attuali sono maturi per salvaguardare questi nuovi investimenti”?
La mancanza di sicurezza sembra essere oggi il maggior ostacolo a un utilizzo più esteso dei Web Services. L’opinione, generalmente condivisa, che questa nuova tecnologia sia vantaggiosa perché renderà più facile l’integrazione applicativa all’interno delle grandi aziende, non chiarisce i dubbi e le riserve esistenti sul suo utilizzo nell’integrazione b2b in rete.
“Secondo gli analisti – precisa ancora Del Vecchio (NetManage) -, la tecnologia dei Web Services mancherebbe di standard di base per gestire le transazioni con il livello d’affidabilità necessario per il supporto delle applicazioni d’impresa. Non di poco conto, inoltre, è il fatto che la maggior parte delle aziende non ha ancora scelto su quale delle due piattaforme leader basare i propri Web Services: Java o J2ee. Di conseguenza non sempre è possibile creare omogeneità tra i diversi interlocutori del b2b: partner, clienti, altri affiliati o terze parti”.
Concorda pienamente per la parte tecnologica, ma aggiunge un nuovo elemento Paolo Pesci, systems engineer manager di Bea Systems Italia: “Oltre agli ostacoli tecnologici, sicurezza, strumenti di sviluppo e d’integrazione, che potrebbero rallentarne la realizzazione, l’ostacolo principale alla diffusione potrebbe essere determinato dalla necessità, delle aziende, di cambiare il modo di pensare e disegnare i propri processi aziendali”.
Sullo stesso versante troviamo Giuseppe Mastrocicco, che essendo marketing manager di Hp Software Italia, ci tiene a sottolineare come un ostacolo risieda anche nella difficoltà di comunicare alle aziende opportunità e vantaggi dei Web Services: “Mentre un fattore abilitante – conclude – potrebbe essere lo sviluppo di applicazioni per singoli utenti finali”.
Altri ostacoli citati dai nostri interlocutori sono dovuti alla disponibilità di banda larga e all’elevata specializzazione richiesta al personale It delle aziende per gestire questi modelli di programmazione. Una sintesi e insieme una conclusione fiduciosa la dà Marchitti (SilverStream): “L’ostacolo alla diffusione è duplice: da un lato la nascita recente, con la conseguente immaturità di alcuni aspetti, come sicurezza e performance, dall’altro proprio la presenza di molti fornitori rischia di creare implementazioni particolari e perciò incompatibili. Tuttavia, la fiducia è molto alta: l’immaturità tecnica è fronteggiata con investimenti precisi da parte dei fornitori e l’interoperabilità è garantita dalla commissione Wsi (Web service interoperability)”.
Sono invece scontati gli elementi abilitanti, che possiamo dedurre dalle definizioni dei Web Services citate prima.
I fattori abilitanti
Per Pesci (Bea) conterà molto il rapido allineamento dei fornitori di tecnologia su un unico modello (inclusi i due grandi schieramenti J2ee e .Net). Lusardi (Ca) parla di maggiore elemento abilitante come “capacità dei Web Services di risolvere un vecchio problema, aggravatosi con l’affermarsi dell’extended enterprise, quello di far parlare applicazioni e sistemi disparati”.
Va inoltre tenuto presente che le prime implementazioni di Web Services sono basate sui sistemi legacy, sui quali risiedono dati e processi business critical che le grandi organizzazioni devono poter condividere e utilizzare.
“Oltre il 70% delle informazioni business critical risiedono ancora su sistemi legacy – conferma Del Vecchio (NetManage) -, come mainframe, server Unix, minicomputer Dec Vax, As/400 e altri. Gli ultradecennali applicativi operanti su questi sistemi contengono l’85% delle business logic critiche che sostengono e controllano il commercio mondiale ventiquattro per sette. Questi processi aziendali ben collaudati assicurano un margine di rischio ridotto nell’accesso alla realtà dei Web Services. Presentando i sistemi legacy sotto forma di Web Services, le aziende possono utilizzare le proprie applicazioni operative per nuovi processi interni ed esterni, con costi e rischi molto ridotti”.
I Web Services, dunque, si presentano anche come evoluzione delle architetture basate su componenti e consentono all’applicazione di oltrepassare il confine dell’azienda, assicurando indipendenza dalle piattaforme e migliori capacità integrative. Proprio per questo gli analisti prevedono sostanziali benefici dai Web Services: maggiore efficienza It, grazie a migliori procedure di sviluppo, semplificazione dei progetti d’integrazione e alla riduzione dei costi di apertura e manutenzione delle connessioni Web con i partner commerciali. Ma l’elemento più confortante dei Web Services per il mondo Ict è la convergenza su di esso da parte di fornitori tra di loro tradizionalmente distanti: Microsoft, Ibm e Sun, per citarne solo alcuni, oggi lavorano insieme per definirne le caratteristiche.
Gli attori del canale
“Il grande vantaggio per gli operatori del canale – spiega Massimo Ciocca, senior sales engineer di Vignette – sta nel fatto che quando dovranno implementare le soluzioni non si dovranno più preoccupare delle piattaforme, ma dovranno essere preparati su Xml e gli altri protocolli di comunicazione per integrare i servizi per le aziende clienti”.
Vignette ha già un canale consolidato che supporta in ambito Web Services con tool d’integrazione in grado di recuperare dati da qualsiasi fonte per poi trasformarli in Xml. Fanno parte di questo canale soprattutto system integrator internazionali di grandi dimensioni, ma anche realtà locali ben consolidate come nel caso di Etnoteam. In effetti, i system integrator tra tutti gli operatori terzi hanno la possibilità di interfacciare molteplici progetti e spesso hanno anche le competenze adatte a implementare e risolvere problematiche relative ai Web Services. Ma i tempi non sono brevi, quasi tutti gli operatori intervistati ci hanno indicato la fine del 2003 come momento topico, e probabilmente c’è, dunque, ancora tempo per definire competenze e ruoli all’interno del canale distributivo. Qualche distributore si sta già organizzando in tal senso, ma ci vorrà ancora prima di gestire autonomamente determinati aspetti della tecnologia.
“Gli operatori più interessati tra le terze parti sono i grandi system integrator o le società di consulenza che hanno l’opportunità di influenzare le scelte strategiche delle aziende – afferma Brunello Giordano, partner manager di Bea Systems -. Saranno loro a indirizzare i clienti verso forme d’integrazione più leggere rispetto alla metodologia Eai, raggiungendo risultati puntuali in tempi più rapidi”.
Allargano il livello e il numero dei soggetti interessati del canale Mastrocicco (Hp) e Roman (Sun), affermando che sicuramente gli operatori di canale più coinvolti nel processo di diffusione sono quelli che si collocano nella fascia del valore: oltre ai system integrator anche sviluppatori, software house e Var.
“Soprattutto gli sviluppatori ricopriranno un ruolo strategico – precisa Mastrocicco -, proprio per la capacità che dimostreranno nel coniugare tecnologie software, sviluppate dai più importanti player del mercato, con le esigenze specifiche dei clienti”.
“Le opportunità per il canale sono enormi – spiega Roman-. Vi sarà una nuova generazione di applicazioni che richiederanno sviluppo integrazione, consulenza e gestione in outsourcing, interessando tutto il sistema d’offerta”.
A essere favoriti saranno gli operatori del canale che possiedono una spiccata conoscenza del mercato in cui operano. Poiché avranno un ruolo fondamentale nell’individuare le possibili applicazioni e il possibile business, che il modello Web Services comporta.
“È interessante notare come, con l’avvento dei Web Services, il tecnologo si trova spesso in grado di dare suggerimenti al business man – afferma Marchitti (SilverStream) -, sapendo quali potenzialità si nascondono dentro i sistemi informativi e il modo in cui è possibile fruire di essi. È forse la prima volta che tecnologia e business giocano la stessa partita”.
Tutti, dunque, saranno potenzialmente interessati dall’affermarsi dei Web Services.
“Gli operatori attivi nella fornitura di applicazioni saranno soprattutto interessati a implementare e a far maturare gli standard sottesi al nuovo approccio – precisa Lusardi (Ca)-. Quelli che si muovono sul fronte delle infrastrutture software saranno tanto più coinvolti e interessati quanto più i loro mercati di riferimento vedono la presenza di sistemi e piattaforme eterogenee e premiano un’offerta basata sulla neutralità e sull’indipendenza”.
Quale mercato per l’Italia?
Nessuna differenza rispetto all’Europa. Tutti i nostri intervistati non hanno dubbi: il mercato italiano non ha alcuna specificità negativa, non è arretrato e non è penalizzato dalla frammentazione e dalla grandezza delle aziende. Eccessivo ottimismo? Ecco come lo giustificano i vari manager delle aziende.
“Forse, ci sarà un minimo di indecisione nell’adozione di queste tecnologie – minimizza Pesci (Bea Systems) -, frutto di un retaggio nazionale a non investire subito in soluzioni e metodologie non consolidate. Ma la diffusione di queste tecnologie tramite Internet e la capacità di interagire immediatamente con realtà mondiali, spingerà le nostre aziende a realizzare sistemi basati su Web Services”.
“È vero che siamo lenti a muoverci – specifica anche Ciocca (Vignette)-, ma poi c’è un effetto valanga. I partner di canale sono attenti alle indicazioni dei vendor e alle nuove tecnologie e questo avviene indipendentemente dalla grandezza delle imprese. Alla fine i Web Services diventeranno come le e-mail”.
Anche per Mastrocicco la situazione italiana non è diversa dal resto dei Paesi europei.
“La possibilità di approccio non risiede tanto nella dimensione dell’azienda – commenta il marketing manager di Hp – quanto nell’essere realmente interessati al mondo dei Web Services e nella capacità di acquisire rapidamente le competenze necessarie per la loro fruizione”.
Non si sbilancia, invece, Lusardi (Ca) perché è troppo presto per fare previsioni sulle reazioni del mercato italiano piuttosto che di altri Paesi: “Se inizialmente i Web Services saranno indirizzati soprattutto a garantire l’integrazione di sistemi tutti all’interno della stessa impresa, come è probabile, i naturali utilizzatori saranno le imprese di grandi dimensioni. Ma se una volta dimostrata sul campo l’efficacia di questo approccio, l’attenzione del mercato si sposterà sul problema dell’integrazione tra imprese diverse, allora il tessuto italiano delle Pmi e dei distretti industriali può rappresentare un ottimo terreno per trasferire nel dominio It logiche di collaborazione e integrazione già collaudate a livello di business”.
Molto entusiasmo anche nelle dichiarazioni di Del Vecchio (NetManage): “Stiamo riscontrando uno straordinario interesse verso la tecnologia Web Services, intesa come meccanismo di interfaccia per i sistemi già in uso presso un’azienda. Al di là di quanto si crede, l’Italia è fra i Paesi all’avanguardia, da noi le novità tecnologiche vengono prese in considerazione e sperimentate. NetManage sta riscontrando un vivo interesse dei suoi clienti verso i Web Services, soprattutto nelle implementazioni medio-grandi. Non è infrequente la richiesta, da parte di It manager, di informazioni sul supporto dei Web Services nelle future versioni dei nostri prodotti”.
“La tecnologia dei Web Services non è diversa, da un punto di vista di adozione da parte delle imprese, dalle tecnologie nate nel passato – precisa Marchitti (SilverStream)-. Ogni impresa, piccola o grande, si è dotata di un application server e ha offerto servizi via Internet con un corretto rapporto costi/benefici. Accadrà così con i Web Services: quando sarà percepita la potenzialità in termini di business non vi saranno ostacoli agli investimenti. La tecnologia è pronta, aspettiamo solo che la prima scintilla provochi la reazione a catena”.
Attenzione verso il ruolo delle terze parti nell’ultimo intervento, dove non mancano i consigli per gli operatori.
“Da parte delle imprese utenti siamo ancora all’inizio in Italia come in Europa – spiega Roman (Sun) -, ma penso che sia più un problema di offerta che di domanda. Certo le terze parti dovranno svolgere un ruolo determinante e avere gli skill adeguati a questa tecnologia che ancora non ha un’offerta tagliata su misura. A loro spetterà costruire componenti, oggetti e servizi con logiche di verticalizzazione”.