Passo per passo alla ricerca dei calzaturifici

Il comparto in questione si traduce in realtà produttive sparse per la Penisola. Regione per regione segnaliamo tutti i distretti italiani “amanti delle calzature”

Gennaio 2005, Il giro d’affari del mercato calzaturiero italiano è
senza dubbio interessante. E questo malgrado ultimamente le esportazioni siano
calate e la crisi abbia toccato anche la voglia di acquistare bei prodotti.
Ma non si può generalizzare. Anzi. È proprio il caso di dirlo:
bisogna ragionare per distretti. Perché quest’industria si allarga sul
territorio italiano a macchia di leopardo, creando vere e proprie comunità
che vivono sulla base della produzione di scarpe. Ed è questa la chiave
di lettura che vi vogliamo offrire: analizzare tappa per tappa i distretti (con
l’ausilio di dati e informazioni tratte dal portale dei distretti industriali)
legati alle più interessanti aziende calzaturiere. Perché da una
parte vale di sicuro la specializzazione, ma dall’altra serve anche la prossimità
geografica. Partiamo ad analizzare questo settore dal distretto veneto di Montebelluna,
un bacino specializzato nella calzatura sportiva e tecnica che dà da
vivere a 428 aziende. Qui però non si produce solo la scarpa, ma una
serie di forniture affini quali fustelle, lacci e suolette. È un tessuto
di Pmi quello che fa girare l’economia di queste parti. Si trovano anche aziende
di accoppiatura, assemblaggio e montaggio, studi di design, produttori di macchinari e aziende di stampaggio. Realtà che affiancano e completano
l’industria manifatturiera delle "scarpe".

Distretti allargati all’estero
Sempre nel Veneto, è da prendere in considerazione l’area veronese
e la Riviera Del Brenta. Qui prevale la lavorazione a ciclo corto, mentre va
di "moda" la delocalizzazione all’estero di fasi della produzione
ad alto costo di manodopera. Il che implica la necessità di usufruiredi gestionali aperti a idiomi e modalità amministrative estere. Nei Balcani, per esempio, il distretto veronese è presente
con circa trenta aziende, sedici delle quali rappresentano l’80/90% del
fenomeno con un giro d’affari annuo di 150 milioni di euro (2001).
Nella regione Emilia Romagna, le industrie delle calzature sono massimamente
concentrate nella zona romagnola, tra Forlì-Cesena, Rimini, Ravenna e
anche in parte dell’Emilia. Il 90% circa delle aziende è costituito
da unità produttive di piccola e media dimensione con meno di 50 dipendenti.
Il polo calzaturiero di Fusignano e Bagnacavallo, in provincia di Ravenna è,
invece, specializzato nella produzione di calzature di fascia economica e di
quantità. Di questo distretto fa parte un numero non ben precisato di
aziende, ma si contano comunque circa 650 addetti per un fatturato medio annuale
di 50 milioni di euro, di cui un 25% destinato all’esportazione (che nell’intera
regione supera il 70% del totale fatturato). Sempre in Emilia Romagna, il distretto
di San Mauro in Pascoli conta circa 120 aziende di calzature, 138 aziende di
componentistica e una decina di società che producono calzature a mano
su misura. Ogni anno nell’area vengono prodotte 15 milioni di paia di
scarpe, due terzi delle quali sono destinate all’esportazione (soprattutto
verso la Russia e l’Estremo Oriente), per un fatturato medio annuo di
194 milioni di euro.
Arrivando poi in Toscana, bisogna soffermarsi sui bacini di Lucca e Santa Croce
sull’Arno. Nel lucchese l’industria calzaturiera si presenta come
un sistema organico di imprese pienamente integrato nella filiera cuoio/pelli/-calzature
della Regione Toscana. Con oltre 700 imprese e un fatturato aggregato di oltre
560 milioni (di cui circa 800 realizzati all’estero, a conferma di una
tradizionale, elevata propensione all’export), il sistema calzaturiero
lucchese produce oltre 22 milioni di paia di scarpe l’anno. La particolare
struttura industriale è rappresentata da imprese di medio/piccola dimensione
con cicli produttivi fortemente meccanizzati e moderni a elevata specializzazione
di fase, accanto a microimprese con attività prettamente artigianali,
in cui è soprattutto la capacità manuale nella lavorazione che
emerge come caratteristica fondamentale. Molta attenzione pare, però,
venga prestata alle nuove tecnologie e a nuovi sistemi organizzativi (secondo
la logica della qualità aziendale). Interessante è anche il fattore
riconducibile alla ricerca di livelli di elasticità sempre più
avanzati. Segno che sono i consulenti aziendali ad avere buone chance in questa
zona.
A parte il Ponte Vecchio, dove le botteghe vendono pelle e poco altro, un altro
Arno ha a che fare con i calzaturifici. È quello del distretto di Santa
Croce sull’Arno, che si estende su una superficie territoriale di 330
km quadri. La specializzazione produttiva del distretto è rappresentata
dalle industrie delle pelli e del cuoio e delle calzature, che occupano l’81,86%
del totale degli addetti nelle attività manifatturiere. Qui si produce
la suola "Vero cuoio" (il 90% del bisogno nazionale). Sono 837 (il
47,8%) le imprese del cuoio, 714 (il 40,8%) quelle delle calzature, mentre le
pelletterie sono 161 (il 9,2 per cento).
Anche le Marche si difendono bene in questo business, tant’è che
il distretto di Fermano Civitanovese (vasto 36 comuni) fattura mille milioni di euro (2001) e il 55-60% della produzione è destinata all’export. L’80% delle imprese ha meno di 10 addetti
e solo l’1% ha più di 50 addetti; inoltre l’81% delle imprese ha forma artigiana.
Il distretto più a Sud legato all’industria calzaturiera si trova
in Abruzzo, dove l’area industriale si concentra nella zona di Teramo.
Rilevanti sono le imprese medie, ma anche quelle locali che lavorano per conto
terzi, sia per committenti locali che per aziende dell’Italia Centro Settentrionale.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome