A cosa serve la Posta elettronica certificata. Adottata solo in Italia
Brunetta vuole regalarla a tutti gli italiani, mentre Adiconsum nel 2008 aveva addirittura chiesto alla Unione europea di aprire una procedura di infrazione contro l’Italia. E’ la Pec, la Posta elettronica certificata che dovrebbe diventare l’unico mezzo di comunicazione fra la Pa e i cittadini e viceversa. Sottoposta a numerose critiche (di cui parleremo in un prossimo articolo) la Pec è una iniziativa tutta italiana che non trova riscontro in altri Paesi.
In sostanza, serve per certificare l’invio e la ricezione di una mail. Cosa significa? Che il gestore di posta fornisce al mittente una ricevuta che costituisce prova legale dell’avvenuta spedizione e dell’avvenuta/non avvenuta ricezione da parte del destinatario del messaggio e della documentazione allegata, con tanto di orario in cui l’operazione si è svolta. Se un mittente distratto smarrisce le ricevute, la traccia informatica delle operazioni eseguite, conservata perlegge per un periodo di 30 mesi, consente la riproduzione delle ricevute, che, anche se copie, mantengono inalterato il valore giuridico. Il suo valore legale è equiparato a quello di una raccomandata con ricevuta di ritorno. Rispetto alla posta tradizionale possiede quindi la certezza, e il valore valore legale, dell’invio e della consegna (o meno) dei messaggi e-mail al destinatario.
In caso di contenzioso, quindi, è ammessa l’opponibilità a terzi del messaggio.
Gli esempi di utilizzo sono numerosi e vanno dalle comunicazioni fra privati, alle aziende che vogliono sostituire la posta cartacea fino alla Pubblica amministrazione che dovrà utilizzare solo questo strumento.
Solo che se l’utilizzo della posta elettronica è ormai pressoché totale da parte della Pa solo il 29,9 per cento dei Comuni dichiara di utilizzare la posta elettronica certificata per lo scambio di documenti elettronici con valenza legale. Fra le amministrazioni comunali, si distinguono i comuni della Provincia autonoma di Bolzano e dell’Emilia-Romagna che usano la posta elettronica certificata rispettivamente nel 99,1 e 65,3 per cento dei casi. Andando più nel dettaglio, lo sportello unico delle attività produttive è aperto nel 43,8% dei Comuni, ma il 24,3% non ha alcuna procedura informatizzata e il 3,5% ha realizzato soluzioni tecnologiche che consentono una gestione integrata delle pratiche e la piena interattività con l’utenza fino al rilascio dell’autorizzazione unica in modalità elettronica. Le restanti quote di comuni consentono comunque alcuni tipi di interattività, come la possibilità di scambiare elettronicamente documentazione e informazioni con l’utenza (8,7 per cento) e una gestione in rete telematica delle pratiche fra le istituzioni coinvolte (7,3 per cento). Infine, oltre il 60% degli Uffici relazioni con il pubblico dei Comuni non è informatizzato, le multe online si possono pagare solo nel 4,8 dei casi, e solo il 9,1% delle amministrazioni locali permette a cittadini e imprese di pagare tramite Internet.
Ma, ritardo della Pa a parte, le obiezioni all’utilizzo della Pec sono numerose.