La ricerca di Accenture “2002 European procurement survey”, tra l’altro, mette in risalto il ruolo rilevante giocato in azienda dagli esperti di approvvigionamenti su marketplace
I segmenti di mercato che più si caratterizzano come sottoinsiemi dell’e-business presentano notevoli sviluppi, dal Crm all’e-procurement, nonostante il rallentamento dell’economia. Ne è una testimonianza il settore industry di Accenture dedicato al Supply chain management, cresciuto nell’ultimo anno del 15%, con progetti di consulenza e servizi che rappresentano ormai il 15% dell’intero giro d’affari della società. L’importanza del settore è stata sottolineata anche dalla recente pubblicazione della survey di Accenture e Adaci (Associazione italiana di management degli approvvigionamenti, fondata nel 1968 e che conta 1.500 aderenti) sul mondo del procurement, arrivata alla terza edizione. L’indagine ha interessato il mondo degli acquisti in Europa, nei principali settori economici, dell’industria, della distribuzione e dei servizi, presso 126 aziende medie e di grandi dimensioni, con giro d’affari superiore ai 500mila euro, focalizzando l’attenzione sui principali trend, dall’impatto economico, ai mercati, alle tecnologie, agli assetti organizzativi e alle risorse professionali. Il focus della ricerca “2002 European procurement survey. The buying organization on the future” si è concentrato proprio sulle due ultime dimensioni citate, che sono risultate il fattore che più influenza le performance dei buyer. Marco Bonomi e Claudio Zuccolotto rispettivamente partner e senior manager di Accenture, ci hanno delineato lo scenario nel quale oggi i buyer vengono a operare. Gli acquisti non sono una funzione, ma un processo che assume rilevanza crescente per i Ceo, alle prese con la difesa e il miglioramento dei margini di cui hanno responsabilità. I buyer sono in concreto i veri owner di un processo, quello degli approvvigionamenti, che a volte vale oltre il 70% del valore del prodotto venduto. Nel contempo il marketing di acquisto diviene ogni giorno sempre più complesso, la globalizzazione non è stata per i buyer un mero arricchimento dei data base disponibili, dai cataloghi alle offerte, ma ha significato profondi cambi strutturali, causati da molti fattori, dalle fusioni di aziende, all’outsourcing, al cambio di mission con impatti sul brand, per citare solo alcune dimensioni.
«Tecnologie e delocalizzazione – ha sottolineato Bonomi – hanno fatto il resto». Il buyer si trova sempre più esposto, con margini di negoziazione economica sempre più limitati e quindi con meno opzioni per la trattativa. Erp e Internet sono un rilevante supporto per il buyer, strumenti ormai insostituibili, ma si tratta pur sempre di fattori abilitanti, mentre fattori chiave sono la competenza e la professionalità dei buyer. Le affermazioni di Bonomi e Zuccolotto, confermate anche dalle esperienze di Carlo Di Gregorio, segretario generale di Adaci, fanno riflettere sulla situazione dell’Ict nelle grandi aziende e sul buon lavoro fatto dai Cio, aiutati sicuramente dai fornitori di soluzioni applicative e di infrastrutture, dal momento che qualificati addetti ai lavori considerano non critica la disponibilità di informazioni e di processi automatizzati per il mondo degli acquisti.
Il ruolo dell’Ict
L’It per gli acquisti sembra ormai diventata una commodity che fa risparmiare tempo e risorse, più che un fattore competitivo, se nella ricerca di Accenture le tecnologie Ict sono considerate dai buyer al tredicesimo posto nella scala dei valori. «Disporre di validi buyer, assicurare loro sentieri di carriera e adeguati sistemi premianti – ha osservato Bonomi – sembrerebbe naturale, ma non è sempre così, se tali prassi sono seguite solo nel 31% delle società intervistate».
Secondo De Gregorio «la situazione è però in netto miglioramento: solo tre anni fa non si sarebbe parlato di un 30% di buyer ben gestiti dalle aziende, ma solo del 15%». La risorsa buyer è troppo importante per le singole aziende e per l’intero sistema economico, in relazione anche agli impatti sulla competizione internazionale, per non destinare a essa l’attenzione al fine di migliorarne il contributo complessivo. Servono strumenti che consentano di migliorare ulteriormente la situazione, seguendo quanto già fatto dalle aziende eccellenti, le Top ten della ricerca, aziende che hanno saputo ben gestire i buyer, fattore indipendente dall’area geografica e dal settore di appartenenza. Tali prassi sono state studiate e assimilate da Accenture e costituiscono la base della nuova iniziativa “Supply chain academy”, di prossimo avviamento, destinata a supportare la famiglia professionale dei buyer nei progetti di miglioramento gestionale e nella formazione, anche tramite strumentazione di e-learning, che assicura costi limitati, fruibilità ed accessibilità. La ricerca ha fornito anche informazioni di dettaglio sui principali aspetti di gestione delle risorse professionali, dal processo di selezione, alla scolarità di riferimento, alla mobilità, alle competenze, alle relazioni con il business. Il target di reclutamento dei buyer, relativamente alla scolarità, si sta spostando dal diploma alla laurea, mentre sono marginali i casi di assunzione di laureati con master. Il 78% delle aziende considera molto difficoltoso il reclutamento dall’esterno di buyer esperti, che in prevalenza sono assunti da Direzioni acquisti di altre aziende. Solo il 32% di aziende è in grado di formare buyer con skill manageriale e competenza professionale specifica, buyer che nelle aziende Top ten sono stati in grado di fornire i migliori risultati economici e di qualità. Il 31% delle aziende ritiene che la Direzione acquisti abbia un impatto strategico sui risultati, mentre il 37% pensa che il contributo prevalente sia sulla riduzione dei costi. Nel 41% dei casi la Direzione acquisti riporta direttamente al Ceo. Solo il 19% dei buyer dedica più del 75% del tempo ad attività strategiche, come la definizioni di politiche di acquisto e le analisi di mercato. Il livello di interazione con gli altri reparti di azienda è nel 39% dei casi continuativo e in logica di collaborazione. Le aziende Top ten curano lo sviluppo dei buyer, riconoscono concretamente la loro strategicità mettendoli in condizione di ben operare con interventi organizzativi e supportandoli con adeguata strumentazione tecnologica. Dalla ricerca si evince che le aziende per ottenere le migliori perfomance dai buyer, devono considerare la Direzione acquisti come un asset strategico e investire per migliorare continuamente skill e competenze dei buyer a livello individuale e di squadra. In sintesi, le conclusioni della ricerca ci dicono che le aziende devono porre il fattore umano al centro del modello di creazione del valore.