Piccole e medie aziende senza futuro se non c’è l’It

Chi sta solo è perduto. Senza Ict non esistono le reti, le filiere e le comunità, che per le imprese minori sono l’unica concreta speranza di crescita

In un momento di forte preoccupazione per le sorti dell’economia italiana, abbiamo incontrato Alfredo Gatti, fondatore e managing partner di Nextvalue, per discutere dello stato di salute di un settore fondamentale della filiera produttiva: quello delle Pmi.

Si può sostenere che nei periodi di turbolenza le prime a essere colpite, e in misura maggiore, siano le piccole organizzazioni?
Non sono del tutto d’accordo. Direi che non si può generalizzare. Ci sono aziende in difficoltà, e altre che traggono profitto dall’appartenere a filiere che esportano. Inoltre, esiste una incertezza generale legata ai consumi, dato che non si capisce come questi stiano evolvendo. Ci sono segnali i quali dicono che i consumatori italiani non sono granché reattivi alle cattive notizie sui prezzi, e che, anzi, mantengono un discreto grado di fiducia nei mercati; d’altra parte, che sia in atto una certa stretta dei consumi, è innegabile, e i settori dei servizi e del commercio ne stanno risentendo. Quello che è certo è che, per quanto riguarda gli investimenti, siamo in una fase di attesa. Io, però, non sono troppo pessimista, perché, a fronte di una situazione non uniforme, c’è la possibilità di trovare nuovi sbocchi, puntando sull’innovazione. Chiaramente non si tratta di un’operazione semplice.

Non semplice, ma alla portata delle piccole e medie imprese?
Le Pmi, più che della congiuntura, soffrono di fattori di fondo, come l’insufficienza delle infrastrutture, la carenza dei servizi a disposizione delle imprese e il peso della burocrazia. Esse sono più sensibili a questi fattori delle grandi aziende e dei concorrenti europei. Un altro ostacolo, poi, sono le banche: quando le piccole strutture decidono di utilizzare la leva finanziaria, gli istituti di credito non le aiutano. In fondo, le Pmi non hanno bisogno di incentivi, ma di qualcuno che tolga loro tutti gli ostacoli sul proprio cammino. Ma anche se questo processo dovesse cominciare subito, in ogni caso ci vorrà del tempo.

Oltre a cercare di essere creative, c’è qualcos’altro che possiamo suggerire alle Pmi?
Per le piccole imprese, uno dei punti chiave per poter sopravvivere è l’appartenenza a una comunità. Si può trattare di una filiera, di una catena del valore, o in generale, di un network di business, in grado di togliere l’azienda dal suo isolamento e fornirle servizi di base. In questo processo, l’It può avere un ruolo abilitante fondamentale.

Ci fa qualche esempio?
Prendiamo il turismo. Questo business negli ultimi anni si è profondamente trasformato, e in modo molto veloce. E se è diventato globale, ciò è avvenuto anche grazie al contributo fondamentale dell’It. Le vecchie agenzie di viaggio che hanno saputo adattarsi a questa evoluzione sono diventate delle componenti di un ecosistema molto più grande di loro. Quelle che non lo hanno fatto sono sparite. Oggi il cliente, entrando in una agenzia o, addirittura, da casa, può fare in un momento tutte quelle cose che fino a pochi anni fa richiedevano fax, telefonate, spedizione di vaglia o assegni, versamenti in banca e quant’altro: tutto questo in un periodo di tempo di più giorni. Adesso invece, nel giro di minuti è possibile controllare la destinazione, prenotare il soggiorno, l’aereo, l’auto o gli spettacoli. Il turismo è forse il settore che meglio mostra come l’It possa essere un fattore rivoluzionario per le Pmi. Ma, in modo meno evidente, l’It ha influito anche su altri settori. Il commercio familiare, quello del negozio di quartiere, è stato assorbito e rilanciato dall’appartenenza a reti di franchising. Gli artigiani sono sempre meno dei produttori di beni. Il falegname non costruisce più le porte; tuttavia non è scomparso, essendo presente sul territorio con un altro ruolo, ovvero come membro di una catena del valore, nata grazie a Internet e all’It, incaricato di presidiare il territorio e di gestire le fasi di vendita, di installazione e di manutenzione. Artigiani che fino a ieri facevano le fatture a mano, come i carrozzieri, oggi hanno preso confidenza con il pc e sono in rete insieme ai distributori di parti e di materiali di consumo. Questo mi fa essere abbastanza ottimista per il futuro.

Dunque, possiamo dire che chi sta solo è perduto?
In un certo senso sì. Gli strumenti informatici, indispensabili, sono proposti dal capo filiera, che assume così un ruolo chiave nella creazione del business Ict, surrogando, per le Pmi, la presenza dei vendor, che non hanno mai saputo adattare la loro offerta commerciale al linguaggio dei piccolissimi imprenditori. Le micro aziende che non riescono a entrare in questo modello perdono il passo.

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