Home Datacenter Come si progetta un data center per il futuro

Come si progetta un data center per il futuro

Per avere una visione chiara sui data center degli anni a venire e poter approntare le azioni corrette a livello progettuale e gestionale, le testate 01net, Ambiente & Sicurezza, L’Impianto ElettricoRCI e Sicurezza, hanno organizzato a Milano lo scorso giugno, presso la sede di Tecniche Nuove il primo Data Center Innovation Day italiano.

Nella stessa occasione abbiamo intervistato il relatore Domenico Trisciuoglio, progettista ed esperto di impianti elettrici.

Leggi il resoconto globale del convegno

Nel suo intervento Trisciuoglio ha detto che l’industry automation è oggi centrale, e questo certamente non può prescindere dal vasto uso di IoT. L’industry automation ragiona ormai livello internazionale, con sedi sparse ovunque: vere un accesso completo ed efficace ai dati prodotti  permette l’ottimizzazione dei processi industriali. Analoga riflessione può quindi essere fatta per office automation e home automation.

Il risultato dell’evoluzione verso l’industry 4.0 per Trisciuoglio è stato un enorme aumento dei dati generati, il cui ordine di grandezza è passato dai Terabyte agli Zettabyte.

Poter sfruttare e manipolare efficacemente una simile mole di informazioni richiede una gestione diversa della elaborazione dati; il settore dei datacenter è conseguentemente diventato essenziale. Al punto che una interruzione del servizio di un data center ha conseguenze devastanti, con perdite economiche virtualmente incalcolabili.

I data center sono di diverse categorie.

  • Internet datacenter accessibili a tutti, per applicazioni come Google
  • Data center aziendali, limitati ad una singola azienda
  • Data center per uffici, spesso un semplice armadio
  • Data center medi, con locali dedicati
  • Data center per large enterprise, spesso grandi interi edifici

Nella progettazione di un data center, è cruciale l’alimentazione elettrica. Sono diversi i nodi di cui tenere conto. Prima di tutto la continuità di servizio, garantita da gruppi di continuità, gruppo elettrogeno e trasformatori.

Si può poi ritenere che bastino tre diversi fonti di alimentazione elettrica? La risposta, continua Trisciuoglio, è no.

Ed è per questo che viene introdotto il concetto della ridondanza della componentistica, peraltro indispensabile per ottenere la certificazione Tier, rilasciata dall’Uptime Institute

L’Uptime Institute, fondato nel 1993, è l’ente che ha creato una classificazione di ridondanza crescente, divisa in Tier 1,2, 3,4. La base per ottenere Tier 1 è che sia possibile garantire il 99,67% di disponibilità del servizio, con 28.8 ore di interruzione nel corso di un intero anno. La classificazione più esigente è Tier 4; un datacenter tier 4 è virtualmente privo di alcun difetto. L’uptime annuo è del 99.995%, l’infrastruttura ha livelli di ridondanza 2N+1, e (a titolo di paragone) nel corso di un anno il downtime non supera i 26.3 minuti.

Questo si ottiene con una estrema applicazione di ridondanza del maggior numero possibile di elementi che contribuiscono alla continuità di servizio. A partire dal punto di alimentazione in media tensione, ad esempio, si utilizzano due origini diverse di fonte di energia.

Ogni livello di Tier comporta ingenti aumenti di costi di progettazione e realizzazione, che devono successivamente essere validati da Uptime Institute. Questo permette di capire facilmente quanto sia economicamente preziosa la gestione delle informazioni digitali.

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