Stanno nascendo nuovi concept di datacenter, tesi a utilizzare produttivamente dati in tempo reale e che concretizzano le istanze della trasformazione digitale, dell’IoT, del business continuo.
Avere i dati sempre a disposizione richiede trasformazioni che cambiano il concetto e l’esecuzione del backup e dello storage del dato. La declinazione in un’ottica più attuale della agognata disponibilità del (quasi) tutto, subito e in qualsiasi momento dipende da scelte tecnologiche da compiersi con oculatezza.
Di queste trasformazioni abbiamo parlato con Alfredo Nulli, Emea Cloud Architect di Pure Storage, affrontando il varo di nuove soluzioni tecnologiche della società: ObjectEngine e DirectFlash Fabric.
Con il rilascio del sistema ObjectEngine, frutto della recente acquisizione di StorReduce, Pure Storage completa la propria strategia cloud.
Si tratta, ci ha spiegato Nulli, del primo strumento che implementa la data protection basata su flash e cloud.
Un dispositivo che si frappone al backup, lo capisce e lo gestisce su cloud, deduplicando e comprimendo, con rapid restore.
ObjectEngine di fatto è un’appliance per datacenter, che in futuro sarà anche una app da usare nel cloud, per gestire i dati non strutturati e il backup, per utilizzare il flash o decidere mandare i dati nel cloud, per implementare, insomma, la strategia flash to flash to cloud.
Protezione dati in cloud
ObjectEngine in azienda va in mano a chi gestisce la data protection e tiene in considerazione il cloud. Serve, ha infatti spiegato Nulli, per inserire il cloud nella data protection, per fare rapid restore e per abilitare tutte quelle azioni garantiste che chiede il Gdpr.
Si tratta di una soluzione per chi ha un backup importante, sottolinea Nulli, dal punto di vista logico o quantitativo.
Prerequisito per l’utilizzo è che le aziende abbiano implementata una soluzione di backup, dei partner di Pure Storage: Veeam, Commvault, Veritas e Oracle RMN.
Quindi stiamo parlando di banche, di chi fa operazioni conto terzi, di provider, insomma di tutte quelle organizzazioni per cui il backup non è fatto solo di dati freddi.
Altro target, sottilinea Nulli, sono le aziende che usano il cloud come piattaforma di offloading e hanno costi di rete alti, come quelli verso Amazon Web Services.
L’appliance ObjectEngine si pone nel mezzo, fra azienda e Aws. Con il procedere dell’anno sarà fruibile anche in multicloud.
In sintesi, l’approccio legacy, disk-to-disk-to-tape (D2D2T) è costruito per un mondo in cui i dati sono una passività, non un asset che crea valore. ObjectEngine consente di avere un approccio moderno alla protezione dei propri dati, flash-to-flash-to-cloud (F2F2C), senza dover apportare modifiche al proprio flusso di lavoro di backup esistente: i dati non dovranno più stare in silos.
ObjectEngine toglie le barriere consentendo ai dati di passare liberamente dal locale al cloud. Rapido backup, recupero e riutilizzo dei dati, senza soluzione di continuità da locale a cloud pubblico, significa che le aziende non sono più esposte e non protette
Via lo Scsi dal datacenter
Il secondo prodotto rilasciato da Pure Storage implementa la nuova strategia del flash array, che va dentro il datacenter, con la disponibilità della funzione DirectFlash Fabric.
Si tratta, in altre parole, la disponibilità del protocollo NVMe non solo nello storage, ma anche verso l’host.
Ancora più esplicitamente, come suggerisce Nulli, significa rimuovere lo Scsi dal datacenter, togliere serialità alle comunicazioni interne. Si tolgono i protocolli seriali che frenavano il flash dall’essere utilizzato come una Ram.
DirectFlash Fabric supporta i protocolli NVMe e NVMe-oF all’interno di Purity 5.2, l’engine software-defined dei propri prodotti FlashArray//X di Pure Storage
Così facendo si possono ridisegnare le fabric dal datacenter per ridefinire il Direct Access Storage e la Stroage Area Network come se fosse un’unica entità.
In termini numerici, si tratta di avere a disposizione 64mila canali paralleli che il protocollo supporta, considerato che ogni canale supporta a propria volta74mila comandi.
Computing, rete, storage, a bassa latenza
A livello pratico, le attività di computing del datacenter vedono lo storage come se fosse una Ram.
Le latenze da un millisecondo passano a 100 microsecondi.
Le applicazioni risiedono direttamente sullo storage, che parla a un isola di computing. In questo modo si accorcia la catena del read and write. Il mondo del flash solitamente adotta NVMe per i drive interni. Con DirectFabric la funzione protocollare va verso gli host per le funzioni end to end, con un diretto riscontro sugli applicativi.
La soluzione è indicata per chi ha problemi prestazionali e deve ridurre le latenze. Per chi non usava dischi condivisi perché avevano limiti e non erano efficientabili.
E lo è soprattutto per chi sta disegnando i datacenter del futuro e reinterpreta il modo in cui le applicazioni accedono alle risorse dati.
Questa nuova funzionalità DirectFlash in sostanza aiuterà i clienti a migliorare le prestazioni delle applicazioni mission critical aziendali e le nuove applicazioni su scala web che tradizionalmente si sono affidate alle architetture Das.
Le applicazioni saranno disponibili e accessibili in qualsiasi momento, con i modelli di costo progettati per supportare l’implementazione diffusa, rispetto a una distribuzione di nicchia per un’applicazione specifica.