Nei giorni scorsi la Federazione Italiana Pubblici Esercizi aveva annunciato il semaforo verde dal Garante Privacy per l’allestimento e la fornitura di accessi Wi-Fi ai clienti senza la necessità di registrare l’identità degli utenti. Ma è proprio così?
La connessione Wi-Fi negli esercizi pubblici diventa libera. È questo il succo del comunicato pubblicato nei giorni scorsi dalla FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi, aderente a Confcommercio-Imprese per l’Italia). “La connessione wi-fi libera nei pubblici esercizi” ha commentato il presidente di FIPE, Lino Stoppani “va
verso la direzione delle smart city. Bar, ristoranti, discoteche,
stabilimenti balneari diventano sempre più interattivi e sono così in
grado di offrire ai clienti un servizio importante nell’era del digitale“.
L’associazione spiega di aver ricevuto il “semaforo verde” dal Garante
Privacy italiano per quanto concerne l’allestimento e la fornitura di
accessi Wi-Fi ai clienti di negozi ed attività commerciali senza la necessità di registrare l’identità degli utenti.
FIPE
spiega che gli esercenti non sono tenuti ad accertarsi dell’identità
dei clienti che decidono di usufruire della connessione Wi-Fi
liberamente messa a disposizione. “(…) I gestori dei locali
saranno sollevati da qualsiasi responsabilità rispetto alla navigazione
in Internet da parte dei loro clienti e, nel caso volessero entrare in
possesso di informazioni più dettagliate riguardo all’uso della rete, dovranno richiedere al consumatore di firmare l’autorizzazione al trattamento dei dati personali.
Il Garante, nella risposta fornita a FIPE, ha infatti ribadito che
questo caso rientra fra quelli in cui non può essere effettuato il
trattamento dei dati personali senza necessità del consenso del soggetto
interessato, in base all’art. 24 del Codice“.
L’ufficio del
Garante privacy, contattato nel frattempo, ha preferito non fornirci
copia della risposta offerta alla FIPE segnalandoci di aver
semplicemente ricordato quanto previsto dalla legislazione vigente.
La
battaglia di FIPE mirava, in primis, a “smontare la tesi” di quelle
società di informatica e di consulenza che, presentandosi presso gli
associati, sottolineavano la sussistenza di obblighi ed adempimenti in
capo a qualunque esercente interessato ad offrire accesso ad Internet
alla clientela. “Dando ragione all’interpretazione di FIPE, (…)
l’Autorità garante della Protezione dei dati personali ha confermato che
gli esercenti pubblici possono mettere liberamente a disposizione degli
utenti la connessione wi-fi ed eventualmente PC e terminali di
qualsiasi tipo“, si legge nel comunicato diramato nelle scorse ore.
Permangono, però, allo stato attuale, non pochi dubbi. È vero che il decreto “Milleproroghe 2010”
aveva allentato le fittissime maglie del decreto Pisanu abrogando
alcuni commi della precedente normativa e permettendo forme di
autenticazione degli utenti molto più semplici da effettuarsi. È proprio
per questo motivo che l’accesso a molte reti Wi-Fi, spesso allestite
anche dalla pubblica amministrazione, non viene più concesso mediante la
preistorica fotocopia del documento d’identità ma semplicemente
fornendo il proprio numero di cellulare.
Senza alcun meccanismo di autenticazione degli utenti, allorquando la
connessione messa a disposizione dall’esercente dovesse essere sfruttata
per compiere un reato, chi sarebbe a risponderne? L’indirizzo IP che
risulterà alle forza di polizia sarà, in ogni caso, quello assegnato
all’utenza telefonica attivata dall’esercente. Cosa succede se, in quel
momento, non sarà possibile stabilire l’identità di chi ha commesso
l’infrazione?
Inoltre, nelle clausole contrattuali della maggior
parte dei provider Internet è previsto l’espresso divieto di condividere
le risorse di connettività con soggetti terzi.
Da parte nostra, quindi, ci sentiamo di consigliare massima cautela.