Ibm ha annunciato una nuova tappa di sviluppo del quantum computing che, entro quest’anno, prevede di condurre a un’accelerazione pari a 100 volte dei circuiti e delle applicazioni quantistiche.
La roadmap tecnologica definita l’anno scorso stabiliva l’obiettivo di superare il limite dei 1000 qubit entro il 2023. E mentre tale percorso sta proseguendo come da programma, a ciò IBM introduce ora un complemento: quello di mostrare il software (e l’hardware classico) che incrementa la velocità per le applicazioni del mondo reale e che può essere utilizzato da chiunque si occupi di sviluppo.
Il blog e il video di Jay Gambetta, Ibm Fellow e VP Ibm Quantum illustrano gli step di questo percorso. Nel 2021 il tempo di esecuzione diventerà 100 volte più veloce di tutti i computer quantistici IBM, permettendo di completare in poche ore compiti che prima avrebbero richiesto giorni. Per il 2022 è previsto lo sviluppo di circuiti dinamici in cui poter misurare lo stato dei qubit senza l’effetto di decohering. Nel biennio 2023-24 ci sarà disponibilità di librerie di circuiti precostruiti e integrazione di computer quantistici con computer classici ad alte prestazioni utilizzando apposito hardware.
L’impegno di Ibm nel quantum computing e il percorso intrapreso aprono a un mondo di potenzialità, permettendo di rivoluzionare interi settori della ricerca con il risultato di arrivare alla scoperta di nuovi farmaci e nuovi materiali che le grandi sfide globali rendono quanto mai necessarie.
Come ha sottolineato Alessandro Ferrari, Strategic Communications Leader di Ibm, dall’esordio sul cloud del primo computer quantistico programmabile da chiunque non sono trascorsi che quattro anni.
E se la prima tappa è un migliaio di qubit entro il 2023, un ancor più ambiziosa meta è offerta da quel milione di microprocessori da cui dipenderà l’adozione del calcolo quantistico su larga scala. Un calcolo capace di sfruttare la fisica delle particelle elementari per affrontare problemi oggi irrisolvibili e dare vita ad applicazioni letteralmente rivoluzionarie in ogni industria.
Ferrari ha specificato che lo sviluppo di una suite di processori scalabili, sempre più grandi e avanzati porterà alla scalata verso l’Ibm Quantum Condor che, appunto, romperà la barriera delle 1000 unità di informazione quantistica. Questo non senza il continuo miglioramento nel controllo degli stati quantici e nella diminuzione degli errori. Ma non solo.
Perché c’è un’altra sfida nella sfida: quella di costruire refrigeratori a diluizione in grado di raffreddare e isolare sistemi così grandi e complessi a temperature prossime allo zero assoluto. In pratica, un “super frigo”, ormai in fase di realizzazione. Alto 3 metri e largo quasi due, si è visto assegnare il nome di Goldeneye e farà da progenitore di quelli necessari a gestire la frontiera del milione di qubit.
Nel frattempo, come ha spiegato Heike Riel, Ibm Fellow, Head Science & Technology, Lead IBM Research Quantum Europe, nel 2021 verranno raggiunti i 127 qubit grazie a Quantum Eagle. In virtù dei miglioramento tecnologici apportati, con Eagle sarà possibile espellere con efficacia una grande densità di segnali di controllo classici e proteggere i qubit in uno strato separato, mantenendo elevati tempi di coerenza.
La roadmap prevede per il 2022 il lancio di Osprey, che raggiungerà la quota di 433 qubit. Il nuovo sistema sarà frutto di incessanti avanzamenti nelle tecniche di progettazione che mirano a costruire chip sempre più piccoli senza sacrificarne le prestazioni e senza introdurre ulteriori fonti di rumore, oltre a mantenere l’ingombro complessivo su dimensioni accettabili.
Riel si è detta entusiasta per il traguardo fissato per il 2023: sarà grazie a Condor, infatti, che Ibm supererà la soglia simbolica dei 1000 qubit, per la precisione 1121.
La ricercatrice di Ibm ha trasmesso un costante feeling positivo sul futuro del quantum computing dato che la strada si spianerà verso la meta delle interconnessioni quantistiche in grado di collegare refrigeratori con chip di milioni di processori nello stesso modo in cui, oggi, l’intranet collega quelli classici del super calcolo.
La ricercatrice di Ibm ha in conclusione voluto rimarcare l’importanza di formare una nuova generazione di specialisti dedicati al calcolo quantistico; i casi d’uso saranno in futuro sicuramente sempre più frequenti (basti pensare alla ricerca sui materiali o alla farmaceutica) ed è indispensabile pensare a relazioni e interazioni fra scienziati, ingegneri e sviluppatori software. Le implicazioni sono oggi solo in parte ipotizzabili, ma è certo che convenga iniziare oggi a programmare ciò che sfrutteremo in un domani che è sempre più vicino.