La sfida fra Ibm e Google sul quantum computing da tecnologica si estende anche al terreno di come fare comunicazione su questo campo di ricerca. In realtà non è la prima volta che i due colossi tecnologici si scontrano sulla terminologia utilizzata e sugli annunci resi pubblici dalla società concorrente, in tema di quantum computing e di “supremazia quantistica”.
Per “supremazia quantistica” (“quantum supremacy”) l’industria del settore intende solitamente (perché ci sono varie interpretazioni sul significato e sull’implementazione di questa definizione) il raggiungimento del momento in cui un computer quantistico riesce a portare a termine operazioni per svolgere le quali un computer “tradizionale” richiederebbe un tempo immensamente più lungo, tanto da risultare impraticabile nell’utilizzo. Per comprendere le proporzioni, si parla in genere di qualcosa come pochi minuti contro centinaia o addirittura migliaia di anni. In estrema sintesi, è in pratica il punto in cui un computer quantistico può svolgere operazioni che i computer classici non possono eseguire.
Il duello si è ora rinnovato, quando Google ha annunciato che la rivista scientifica Nature ha pubblicato i risultati dell’attività di ricerca e sviluppo di Big G nella creazione un computer quantistico in grado di svolgere un compito che nessun computer classico può portare a termine in tempi in qualche modo comparabili.
Il chip di Google, denominato Sycamore, ha eseguito in 200 secondi un calcolo che avrebbe richiesto 10.000 anni per l’attuale supercomputer più veloce del mondo, ha evidenziato con enfasi Big G.
Secondo Google, pertanto, il suo sistema ha realizzato la “supremazia quantistica”, segnando un punto di svolta epocale per il quantum computing.
Per comprendere l’importanza che Google ha dato a questo evento, è stato lo stesso Ceo dell’azienda, Sundar Pichai, a parlarne in maniera estesa sul blog di Big G.
Ibm ha risposto a questi annunci con un post sul proprio blog dal titolo significativo On “Quantum Supremacy”. I recenti progressi nel quantum computing, riporta questo post, hanno portato a due processori da 53 qubit: uno di Ibm e l’altro descritto da Google nell’articolo pubblicato sulla rivista Nature.
Ibm contesta però l’affermazione presente nell’articolo secondo cui “un supercomputer allo stato dell’arte richiederebbe circa 10.000 anni per eseguire il task equivalente” a quello che avrebbe dimostrato la supremazia quantistica del sistema di Google.
Ibm sostiene, invece, che una simulazione ideale dello stesso task può essere eseguita su un sistema classico in 2,5 giorni e con una fedeltà molto maggiore. E che questa è in effetti addirittura una stima prudente, il caso peggiore, e che con ulteriori perfezionamenti il “costo classico” della simulazione potrebbe essere ulteriormente ridotto.
Inoltre, Ibm solleva un’obiezione di natura sostanziale a questo tipo di annunci. Benché funzioni molto dal punto di vista mediatico lanciare annunci sulla “supremazia quantistica conseguita”, ciò porta la maggior parte del pubblico, al di fuori di una ristretta cerchia di esperti, a fraintendere la ricerca in questo settore. Secondo Ibm, i computer quantistici non si sostituiranno mai completamente a quelli classici, ma piuttosto funzioneranno in concerto con loro, poiché ciascun tipo di computer ha i suoi punti di forza unici.
L’articolo, stilato da esperti dei reparti Research e Quantum Computing di Ibm, descrive nel dettaglio le contro-argomentazione di Ibm.