Nell’anno della pandemia il customer service è cambiato sotto la forza di quattro vettori, fra loro correlati: si sono affermati nuovi standard, è cresciuta la necessità di guardare all’interno dell’azienda per applicare il modello di servizio ad altre aree, è stata richiesta maggiore flessibilità e agilità, ed è diventato importante gestire la forza lavoro in modo differente.
La sintesi ci viene offerta da Alessandro Catalano, Regional Sales Director di Salesforce Service Cloud in relazione alla quarta edizione dello State of Service, rapporto realizzato da Salesforce intervistando nel mondo (anche in Italia) 7mila professionisti di call center e customer service.
State of Service
L’indagine State of Service ha analizzato le risposte di oltre 7.000 agenti del servizio clienti, decision maker, lavoratori e supervisori in 33 paesi, 300 dei quali in Italia.
Dire che si sono affermati nuovi standard sottende al fatto che tutti noi siamo clienti, spiega Catalano, in uno scenario in cui a livello di efficienza il punto di riferimento è Amazon: “In assenza di touch point fisico ci siamo rivolti al contact center con tutte le nostre ansie. Il customer service è diventato il punto di riferimento umano, il brand ambassador per la clientela. In questo senso le aziende che hanno investito in formazione empatica sono quelle che hanno meglio performato in termini di fatturato”.
Maggiore empatia necessita di agilità: senza la disponibilità di tutte le informazioni in un’unica lista, in una console, non si è agili. Per farlo usa intelligenza artificiale a supporto degli operatori, che automatizza le attività ripetitive, ossia tutto il manuale che è automatizzabile, in modo tale che l’operatore può dedicarsi a costruire il rapporto umano.
Sono stati fatti investimenti nel canale telefonico, che è cresciuto perché i problemi difficili da risolvere si sono moltiplicati. “Integrare il canale voce con quello digitale – spiega Catalano – consente, con l’intelligenza artificiale, di compilare campi e di accorciare i tempi di risoluzione dei problemi“.
Per esempio, il brand fashion Brunello Cucinelli, ha puntato sullo sviluppo dei canali di comunicazione diretta con i clienti, per accentuare il ruolo del customer care come ambasciatore del brand.
Ecco perché dal 2020 non si misura più l’average time dell’operatore di customer service, ma il grado di fedeltà di un contatto.
Come sintesi del pensiero di Catalano, chi si occupa di customer service sta cercando di trasformare in modo significativo la propria attività, accelerando la trasformazione digitale e rivedendo le strategie di gestione delle risorse.
Pandemia e customer service
L’indagine Salesforce State of Service rivela che l’83% dei clienti si aspetta di entrare subito in contatto con un operatore quando contatta un’azienda e l’82% di risolvere problemi complessi parlando con una persona. Tuttavia fornire un servizio di qualità e veloce allo stesso tempo non è sempre facile. Meno di un terzo (29%) dei professionisti del customer service afferma che la propria organizzazione eccelle nei tempi di risposta. Un numero ancora minore (26%) si dà il massimo dei voti per i tempi di gestione dei casi, per le risoluzioni al primo contatto (22%) e per i tempi di attesa (20%).
L’88% dei professionisti del customer service afferma che la pandemia ha evidenziato le lacune tecnologiche delle loro strutture. L’86% riscontra problemi su più canali, soprattutto quelli digitali oggi molto utilizzati dai consumatori. I team del servizio clienti hanno inoltre riscontrato inadeguatezze legate al momento che stiamo vivendo. Ad esempio, l’87% si è reso conto che le politiche e i protocolli esistenti, come le spese di cancellazione per eventi vietati dalle misure di salute pubblica, non erano adatti alle circostanze attuali.
Di fronte a queste sfide, le aziende si stanno attrezzando e stanno mettendo a punto migliorie ed evoluzioni per guardare oltre la crisi come ad esempio la modifica delle proprie politiche per fornire maggiore flessibilità (83% nel mondo e 82% in Italia) e l’adozione di nuove tecnologie (78% nel mondo, 80% a livello italiano).
Trasformazione digitale per clienti e dipendenti
La trasformazione digitale del customer service va oltre il semplice maggiore utilizzo dei canali digitali. Ad aumentare sono anche le automazioni: in due anni l’adozione di soluzioni di intelligenza artificiale e di chatbot sono aumentata del 32% e del 67%.
I professionisti del customer service riconoscono il ruolo fondamentale che i canali digitali svolgono per migliorare il supporto fornito: l’81% dei responsabili dei team di assistenza afferma che sta accelerando le iniziative digitali. Le modalità self-service come database knowledge-base, community e chatbot fornisce ai clienti le informazioni di cui hanno bisogno in modo rapido. Allo stesso tempo, il 77% degli addetti al servizio clienti afferma che l’automazione delle attività di routine (ad esempio, l’aggiornamento dei metodi di pagamento o la reimpostazione della password) consente loro di concentrarsi su lavori più complessi. Il 78% dei professionisti del settore afferma che i consumatori hanno aumentato l’uso delle modalità di aiuto self-service nel corso della pandemia e il 66% afferma che le pratiche self-service riducono il volume delle chiamate.
Coinvolgimento della forza lavoro
Il 77% degli addetti afferma che il proprio ruolo è più strategico rispetto a due anni fa (nel 2018 la percentuale era al 71%). Per questo motivo, gli operatori dell’assistenza sono sempre più positivi circa la rilevanza del proprio ruolo. Il 67% degli addetti (il 57% in Italia) vede un chiaro percorso di carriera (nel 2018 era il 59%). Ciò coincide con un aumento della formazione puntuale, passata dal 54% nel 2018 al 61% nel 2020. Sebbene la conoscenza del prodotto e l’alfabetizzazione digitale siano essenziali, le competenze trasversali come la comunicazione, la capacità di ascolto e l’adattabilità sono anch’esse considerate importanti poiché i professionisti del servizio clienti possano ampliare le proprie conoscenze.
Il passaggio al lavoro remoto anche per i team del servizio clienti non ha influito sulla produttività. La maggioranza (72%, 76% in Italia) degli addetti all’assistenza afferma di disporre di tutti gli strumenti e le tecnologie necessarie per operare da remoto. Tuttavia, poiché il 54% delle organizzazioni ha riscontrato un aumento del volume dei casi, molte hanno chiesto un aiuto esterno (42%, 57% in Italia) o sono ricorsi a dipendenti di altri reparti (62%). Solo il 25% dei professionisti dell’assistenza afferma che le proprie organizzazioni eccellono nella formazione a distanza dei dipendenti e ancora meno (19%) dicono lo stesso per la loro capacità di assumere questi dipendenti.
Formazione e competenze
Il ruolo di un addetto al customer service, soprattutto durante le crisi, non può più essere limitato alla chiusura dei ticket. Oggi, gli addetti dovrebbero essere informati, avere capacità consulenziali e, soprattutto, empatici nei confronti delle esigenze e delle circostanze uniche dei clienti con cui si interfacciano. Un mix di abilità hard e soft – comunicazione, ascolto e conoscenza del prodotto – sono le più richieste.
L’86% dei responsabili italiani afferma di fare investimenti significativi nella formazione dei propri dipendenti. Nonostante i budget ridotti, le organizzazioni che si occupano del servizio clienti continuano generalmente a investire in programmi di formazione e infrastrutture, con un aumento particolarmente significativo della quota di team con accesso alla formazione su richiesta (61%).
Assistenza sul campo
Tre quarti dei decision maker dell’assistenza sul campo, la manutenzione, continuano a registrare un aumento del fatturato e quasi sette su dieci (69%) continuano a fare investimenti significativi attraverso assunzioni aggiuntive, formazione, investimenti tecnologici. In Italia, il 78% dei decisori sostiene che il servizio di manutenzione resta una parte fondamentale della propria strategia complessiva e una percentuale simile, il 75% conferma che sia fondamentale per generare entrate per la propria azienda