Nel 2020 i ricavi degli operatori di Tlc sono stati di 28,5 miliardi di euro (-1,5 miliardi rispetto al 2019), gli investimenti di 7,4 miliardi, e i consumi sono cresciuti del 50% sia per il traffico dati fisso sia per quello mobile, e le sottoscrizioni alle reti fisse con prestazioni oltre 100 Mbps a dicembre 2020 hanno raggiunto i 9,5 milioni, pari al 52,6% del totale accessi broadband (+35% rispetto ai 7,1 milioni del 2019).
Sono dati che Asstel-Assotelecomunicazioni, insieme alle organizzazioni sindacali Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil ha presentato nel contesto del Rapporto sulla Filiera delle Telecomunicazioni in Italia, edizione 2021, elaborato dagli “Osservatori Digital Innovation” della School of Management del Politecnico di Milano.
Il Rapporto Asstel ha fotografato la dinamica del mercato e le sfide che interessano la filiera delle Tlc alla luce delle opportunità offerte dal PNRR, rivolgendo particolare attenzione al tema delle competenze dei lavoratori, agli investimenti in infrastrutture messi in atto dalle imprese e allo sviluppo di nuovi servizi per imprese, PA e cittadini.
I dati del Rapporto 2021 hanno evidenziato che il 2020 è stato un anno record per i volumi di traffico dati (+50% sia per il traffico dati fisso sia per quello mobile), ma anche di ulteriore peggioramento dei ricavi del settore.
Il contesto competitivo ha comportato un ulteriore calo dei prezzi e di conseguenza dei ricavi degli Operatori di Tlc: questi ultimi si sono ridotti di 1,5 miliardi di euro raggiungendo 28,5 miliardi, il valore più basso degli ultimi 10 anni.
Complessivamente, dal 2010 al 2020, i ricavi complessivi hanno fatto registrare un calo del 32%, il radio-mobile del 40%, le comunicazioni fisse del 23%. Tale calo è superiore a quello degli altri principali paesi europei.
Situazione analoga quella di 12 tra i principali operatori di Customer Management che nel 2020 hanno registrato una diminuzione dei ricavi pari al 3,6%, a fronte di una forte riduzione dei ricavi provenienti dal settore Telco (-16,4%), parzialmente compensata dalla crescita dei ricavi provenienti da altri settori (+4,3%).
Nonostante queste dinamiche di mercato proseguono gli investimenti nella costruzione delle reti a banda ultra-larga, radio e in fibra.
Nel 2020, gli investimenti di 7,4 miliardi di euro (oltre 100 milioni di oneri per frequenze) hanno raggiunto l’incidenza record del 26% sul fatturato totale degli Operatori TLC.
Rispetto alle altre utility il settore Tlc si conferma quello con i maggiori investimenti, ma con ricavi e prezzi in calo da molteplici anni. Anche in prospettiva, gli investimenti sono destinati a essere rilevanti, per raggiungere gli obiettivi del Piano Italia a 1 Giga e realizzare la rete 5G.
Positiva la crescita delle sottoscrizioni a linee fisse con velocità >=100 Mbps: secondo i dati Agcom, a dicembre 2020 hanno, infatti, raggiunto il numero di 9,5 milioni, pari al 52,6% del totale accessi broadband (+35% rispetto ai 7,1 milioni del 2019).
Per quanto riguarda lo sviluppo delle reti mobili 5G l’Italia si è dimostrata all’avanguardia: è uno dei paesi che per primi hanno completato l’asta per tutte le frequenze a disposizione, è tra i paesi ad aver realizzato il maggior numero di sperimentazioni ed è stata tra i primi a lanciare i servizi commerciali 5G.
Tuttavia, secondo i dati della Commissione Europea, la copertura 5G in Italia a metà 2020 (considerando solo le reti 5G “standalone”, cioè quelle che non si appoggiano ad altre reti preesistenti), era pari all’8% delle abitazioni, valore inferiore alla media europea (14%) e a quelli di altri grandi paesi come Spagna (13%), Germania (18%) e UK (20%). Tale valore è parzialmente influenzato dalla mancanza, al momento, della possibilità di utilizzare la banda 700MHz il cui rilascio è previsto a metà 2022 e, che, come da obblighi di copertura, servirà per raggiungere la stragrande maggioranza del territorio. Altro fattore chiave per l’accelerazione degli investimenti in copertura è la domanda di servizi (consumer ma soprattutto enterprise).
Le difficoltà economiche del settore sono rappresentate dalla dinamica del saldo di cassa disponibile per gli Operatori TLC (EBITDA – CAPEX): nel 2010 questo valeva 10,5 miliardi di euro disponibili per il servizio del debito finanziario, per il pagamento delle imposte e per la remunerazione degli azionisti; nel 2020 si è passati ad un valore di 2,5 miliardi di euro, valore più basso di sempre, segno che la marginalità del settore è assorbita dai flussi di cassa necessari a sostenere gli investimenti.
Alla luce dell’inasprimento competitivo e degli ingenti investimenti sull’infrastruttura, diventa sempre più necessaria per gli Operatori TLC la capacità di creare nuove opportunità di business attraverso le tecnologie digitali (cloud, IOT, intelligenza artificiale, cybersecurity, ecc.). Per farlo occorre una profonda trasformazione delle competenze, aspetto particolarmente complesso per via dell’anzianità media della popolazione del settore.
Secondo le stime degli operatori TlcC, infatti, nei prossimi cinque anni il numero di dipendenti diminuirà di circa 10mila addetti, ma la percentuale di over 40 non calerà, rimanendo anche nel 2025 attorno all’85% nel caso non nascano strumenti aggiuntivi a supporto. Questo comporterà importanti investimenti in iniziative di formazione: nel 2020 si è investito in attività di upskilling e reskilling coinvolgendo, rispettivamente, oltre 80mila e 27mila dipendenti. Inoltre, dal 2021 al 2025 si prevede in media la formazione di oltre 100mila dipendenti all’anno, con una spesa complessiva di circa 110 milioni di euro e l’erogazione di 4 giornate medie di formazione per persona. Inoltre, sarà chiave l’innesto di giovani, sia laureati in ambito STEM (figure sempre più ambite in futuro), sia di giovani periti e figure tecniche: molto importanti, dunque, gli investimenti previsti dal PNRR volti a rafforzare l’istruzione professionale (in particolare ITS) e l’istruzione STEM.
Complessivamente, secondo Asstel, per cambiare il quadro della filiera Tlc – con tutte le azioni previste (formazione, assunzioni, cambio generazionale) nei prossimi anni, ossia fino al 2025 servirà oltre un miliardo di euro.
Ma quella delle competenze digitali non è l’unica sfida della filiera per quanto riguarda il mercato del lavoro. In questo scenario il cambiamento dei modelli di organizzazione del lavoro acquista maggior centralità.
Il 61% delle imprese della filiera Tlc ha introdotto, già prima dell’emergenza sanitaria, il lavoro agile, riconoscendo flessibilità, responsabilità e autonomia ai lavoratori.
Questa esperienza ha portato ad acquisire la cultura di questo modello lavorativo ed ha consentito alle imprese della filiera nella situazione di emergenza, di essere pronte alla remotizzazione delle attività lavorative coinvolgendo, in poche settimane, oltre
90.000 lavoratori, tra cui anche il personale addetto ad attività – ad esempio quelle del Customer Care – che in precedenza non erano state interessate, per ragioni tecniche e organizzative, all’implementazione dei modelli di lavoro agile.
Al fine di valorizzare questa esperienza, è necessario lavorare per un consolidamento dello strumento nella prospettiva di supportare e valorizzare questa modalità di lavoro, provando a delineare un nuovo modello organizzativo che consentirà di affrontare al meglio la nuova normalità attraverso soluzioni di lavoro ibrido, alternando presenza fisica e virtuale, con l’obiettivo di vincere la sfida e passare dalla fase emergenziale della remotizzazione a una scelta consapevole e agile di innovazione.