Abbiamo realizzato un ciclo di interviste con le principali società ICT e digitali sul 2021, alla luce del tema del Recovery plan, il piano per la ripresa, economica e sociale, delle nazioni europee.
Il governo italiano lo ha chiamato Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), l’Europa ha varato la formula Next Generation EU. A noi, nella sede che ci compete, quella tecnologica, piace declinarlo come Next Generation IT: IT inteso, sia come Information technology, sia come Italia.
Otto domande, le cui risposte ci consentono di portare a evidenza la posizione della società e a costruire un quadro complessivo di partecipazione delle realtà ICT alla crescita del Paese in senso digitale.
Il contesto di partenza, dunque, è quello del Recovery Plan. Dei 196 miliardi di euro che potrà investire il nostro paese, quasi 49 miliardi saranno destinati alla trasformazione digitale della società italiana. Ma il digitale entrerà anche negli altri settori: la sanità, l’istruzione, le infrastrutture e la transizione verso la sostenibilità energetica e ambientale. In tutti questi ambiti il ruolo dell’ICT sarà centrale nel 2021.
Li affrontiamo sulla base di sette argomenti più uno: tecnologie per il recovery plan, smart working, data driven, cloud, cybersecurity, intelligenza artificiale, 5G. L’ottavo elemento è quello “celato” nel DNA della società e connota in modo inequivocabile e distinguibile la cifra tecnologica, il contributo che darà allo sviluppo digitale nazionale.
Intervista a Michele Porcu, Senior IT Strategy Director Sud-Europa di Oracle.
Nel contesto del Recovery plan – Next generation IT, quali sono le leve tecnologiche che andranno mosse per prime, per ottenere quali obiettivi?
Vedo almeno tre tecnologie paradigmatiche che dovranno essere prese in considerazione in tempi rapidi per garantire un’elevata efficiacia del nuovo modo di lavorare, per migliorare la competitività delle nostre aziende e per aumentare la produttività (parametro che in Italia è ben al di sotto della media europea) soprattutto delle Pmi e della Pubblica Amministrazione. In particolare l’IoT (abilitato da una maggiore pervasività del 5G) per migliorare la gestione automatica e l’efficienza delle linee di produzione e della logistica; l’introduzione di tecnologie di Intelligenza Artificiale e Machine Learning per aiutare il personale sia nei processi di back office come Erp, Supply Chain, HR che sul front-end commerciale, supportandolo nelle attività routinarie e a basso valore aggiunto e migliorandone di conseguenza la produttività e, va detto, spesso anche la soddisfazione personale, nel poter svolgere compiti di valore più elevato; i data lake per allenare gli algoritmi stessi di intelligenza artificiale e machine learning e per migliorare gli insight e gli analytics a supporto del business. Tutte queste tecnologie trovano nel cloud il modello di sourcing ottimale sia per la prototipazione di nuovi progetti che per il lancio “a scala” delle nuove tecnologie a costi contenuti.
Lo smart working diventerà strutturale: con quali impatti tecnologici e organizzativi, in termini di workflow?
La crescita esponenziale del remote working e, auspicabilmente, del vero e proprio smart working ha prestato il fianco all’interruzione o comunque alla disruption di una serie di processi aziendali che erano stati disegnati e realizzati richiedendo la presenza fisica. Inoltre, se da un lato si è investito molto sulle tecnologie a supporto del lavoro remoto dei dipendenti, come ad esempio, sistemi di videoconferenza, strumenti di collaborazione e condivisione, potenziamento delle linee dati, dall’altro molti sistemi aziendali di back-end non sono ancora entrati nel circolo virtuoso di accessibilità da remoto su larga scala.
Un altro tema rilevante è l’accesso ai dati, per prendere decisioni informate sul business, soprattutto in scenari a dir poco fluidi quali quelli che stiamo vivendo, allo scopo di garantire ai propri clienti, ma anche a tutti gli stakeholder aziendali più in generale, ossia dipendenti, partner, fornitori, un’esperienza e un supporto di alto livello.
Stiamo costruendo una società che deve imparare a coltivare i dati sin da quando nascono. Cosa servirà fare, soprattutto sul fronte delle Pmi?
Sul tema dei dati e sul rendere le aziende più data-driven nella gestione del proprio business vedo almeno due macro aree di intervento: una – squisitamente tecnologica – di gestione evoluta dei dati, l’altra invece è legata alle competenze e al change management necessario per abbracciare in maniera efficace un percorso digital.
Occorrono tecnologie di data lake in grado di connettere silos informativi ed eventi diversi con formati, semantiche e modelli differenti, garantendone un accesso combinato e in modalità real-time; sarà sempre più necessario avere, anche nelle PMI, livelli di servizio e di sicurezza che definirei di classe enterprise perchè gli attacchi informatici e i guasti di sistema stanno aumentando in maniera esponenziale, e costituiscono oggi una delle voci di rischio operativo aziendale, con impatti anche a livello reputazionale e strategico più importanti.
Le competenze di gestione e pulizia del dato, di realizzazione di architetture moderne e scalabili, di coding e sviluppo applicativo moderno e, infine, di statistica e algoritmica saranno imprescindibili e dovranno essere amalgamate con le funzioni aziendali. Dovrà aver luogo un rigoroso processo di change management, perchè la tecnologia e le competenze non potranno mai essere messe a terra se la gestione del business non verrà supportata e guidata da decisioni data-driven.
Nel 2021 il cloud sarà per tutto e per tutti: il multicloud diventa la nuova pista di decollo?
Il cloud è già adesso il modello di sourcing ideale – e questo non solo per l’innovazione, ma anche per la capacità di gestire i workload informativi aziendali in maniera più sicura e resiliente. La prossima onda sarà caratterizzata da due importanti fenomeni: quello dei cloud progettati e realizzati appositamente per le applicazioni mission-critical e la nascita di soluzioni multicloud. In particolare quest’ultimo fenomeno sarà importante, perchè garantirà alle aziende di combinare e connettere (“mix&match”, potremmo dire) le migliori soluzioni in modo tale da massimizzare il fit tecnologico con i workload informativi, di poter fare arbitraggio sul pricing dei servizi e, infine, di salvaguardare e ottimizzare gli investimenti fatti in tecnologia e competenze, prolungandone il beneficio su diversi cloud provider. Le barriere che finora hanno impedito una vera e propria strategia multicloud tra i fornitori “best of breed” sono state rimosse: la latenza non è più un problema, dato che molti provider sono co-locati all’interno degli stessi datacenter con connettività locali dirette; inoltre esistono già partnership strategiche, ad esempio tra Oracle e Microsoft Azure, che garantiscono supporti unificati alla risoluzione di problemi e hanno procedure di accesso sicure condivise. Le strategie multicloud si possono realizzare sia a livello SaaS, integrazione di processi nuovi con quelli standard, sia a livello infrastrutturale, ottimizzando così le prerogative dei diversi cloud vendor.
Al pari della salute, la sicurezza è sempre più un tema da regia nazionale. Per quella digitale l’Italia è chiamata a fare un passo avanti. Cosa servirà per compierlo?
Fino ad ora lo sforzo principale per mettere in sicurezza l’Information Technology e i dati delle aziende e della Pubblica Amministrazione è stato rivolto quasi esclusivamente a definire processi e procedure e focalizzato sulla sicurezza perimetrale. Sappiamo che quasi il 90% degli attacchi e delle frodi informatiche tendono ad accedere o rubare i dati, di conseguenza è fondamentale proteggerli con estrema attenzione, tramite l’introduzione di tecnologie di crittografia, mascheramento o di data redaction.
Il cloud pubblico in questo contesto, e soprattutto quello di seconda generazione di Oracle, fa del tema della sicurezza un elemento imprescindibile garantendo lo stato dell’arte delle tecnologie di sicurezza senza compromessi, per esempio non è possibile fare opt-out dalle feature di sicurezza del dato applicate ai DB.
Inoltre sta emergendo come sempre più critico il cosiddetto debito tecnologico di molte infrastrutture IT aziendali, soprattutto nella loro componente di obsolescenza di molti software business-critical.
Abbiamo verificato, infatti, che nell’80% degli attacchi informatici, la minaccia era già conclamata e la presenza di “patch” di sicurezza era già disponibile ma non adeguatemente installata. È anche per questo che Oracle sulle tecnologie dati ha sviluppato motori esperti e intelligenti – come quello dell’Autonomous Database – in grado non solo di monitorare e bloccare accessi anomali, ma anche di aggiornare in modo tempestivo i software sottostanti, per prevenire malfunzionamenti o attacchi informatici.
Sdoganata dalle applicazioni consumer, l’intelligenza artificiale non sembra più essere un “nemico” della società. In che modo la vedremo messa a frutto per la crescita del Paese?
Non solo è stata già sdoganata dalle applicazioni consumer, ma anche nell’ambito della consulenza finanziaria si sta già facendo ampio uso di motori di intelligenza artificiale. Aggiungo anche che, da una nostra recente ricerca su scale mondiale, AI at Work, i dipendenti delle aziende sarebbero inclini a farsi supportare nel loro lavoro quotidiano – e anche nelle problematiche da stress, cosi comuni in quest’anno 2020 – da applicazioni di intelligenza artificiale piuttosto che da persone o manager, in quanto la prima garantisce maggiore riservatezza, minore giudizio personale e su tanti argomenti può dare suggerimenti più efficaci e organizzati, grazie a una più ampia casistica e agli algoritmi di machine learning.
Ritengo che un utilizzo sempre più pervasivo di queste tecnologie accompagnate da insight funzionali e di business di tipo data-driven sarà cruciale per la crescita e la competitività del nostro Paese. Il combinato disposto di intelligenza artificiale, machine learning e IoT permette di automatizzare molti elementi della catena del valore (non solo la produzione e la logistica, ma anche il front-end commerciale, il customer care, le attività gestionali di back office) superando uno dei principali handicap che hanno le nostre imprese, ovvero il basso livello di produttività.
Il 5G è alle porte. Come si potrà partire contestualizzandolo nei settori del recovery plan?
La nuova connessione ultraveloce rappresenta una discontinuità tecnologica, soprattutto per le imprese: grazie alla velocità di accesso alla rete e alla bassa latenza il 5G consentirà il trasferimento di grandi quantità di informazioni in tempo reale, attraverso una copertura capillare. Ciò significa, ad esempio, che tutti i segmenti di mercato, i distretti manifatturieri distribuiti e le municipalità che fino ad ora non hanno potuto contare su accessi broadband di alta qualità e quindi partecipare attivamente alla digital transformation avviata nel Paese, potranno finalmente farlo.
E proprio grazie al 5G si potrà spingere sull’acceleratore di un’altra tecnologia cruciale per la digitalizzazione delle imprese: l’IoT, che richiede il trasferimento veloce degli eventi e dei dati grezzi da parte dei sensori alle applicazioni per la loro elaborazione, nessuna limitazione nel numero di oggetti connessi e, infine, un raggio d’azione ben superiore alla prossimità. Tutte queste caratteristiche cruciali per l’IoT verranno garantite dalla banda 5G.
L’ottavo elemento: cosa caratterizzerà l’agire di Oracle nel 2021?
In Oracle abbiamo tre linee guida strategiche per il 2021: la prima è di supportare l’innovazione di processo – funzionale e di business – con soluzioni moderne, scalabili, agili e tecnologicamente avanzate, in grado di erogare servizi di intelligenza artificiale “in a box”, ovvero senza difficoltà di progettazione o gestione per l’azienda utente; il tutto realizzato con una suite di applicazioni SaaS corredate da una piattaforma PaaS, per eventuali integrazioni e sviluppi personalizzati sul cliente.
La seconda linea guida è quella di garantire l’eccellenza tecnologica per le strategie digital e data-driven attraverso la gestione avanzata dei dati, servizi cloud di livello enterprise e un’elevata automazione di tutto lo stack IT, allo scopo di migliorarne la sicurezza e la resilienza. A tale proposito, entro la prima metà del 2021 apriremo un datacenter a Milano per offrire servizi di public cloud “di seconda generazione”, sia per le aziende che per il settore pubblico.
Da ultimo, vogliamo accompagnare i nostri clienti nella trasformazione che stanno intraprendendo agendo come partner di fiducia e minimizzando il rischio legato all’evoluzione digitale della loro catena del valore. La nostra mission è quella di garantire una solida partnership tecnologica e di processo alle aziende che vorranno intraprendere una trasformazione digitale a supporto di strategie competitive e di resilienza, anche legate alla crisi pandemica.