Red Hat viene da 70 trimestri di crescita continua. Per tutti quelli che ancora se lo chiedono, ecco cosa ha comprato Ibm per 34 miliardi di dollari: una società che nella sua storia non ha mai perso.
A sottolineare il dato in questo modo è stato Werner Knoblich, Senior Vp e general manager Emea di Reed Hat, incontrato a margine del Red Hat Opensource Day, tour mondiale che in Italia fra Roma e Milano ha raccolto 4mila iscrizioni.
Insieme a Knoblich abbiamo incontrato Paul Cormier, numero 2 della società, Executive Vice President e President, Products and Technologies, il regional director di Red Hat per l’area mediterranea Gianni Anguilletti e il nuovo country manager italiano, Rodolfo Falcone.
Ovviamente a tenere banco sono state le politiche commerciali e collaborazione dopo l’acquisizione da parte di Ibm.
Per Cormier, Ibm e Red Hat pur concordando la linea strategica devono rimanere separate, a garanzia di quella neutralità che serve a Red Hat per relazionarsi con gli altri big come Microsoft.
Neutralità produce business
«Collaboriamo molto con Ibm, che ha una grande capacità di atterraggio sul mercato. È chiaro a tutti che insieme abbiamo soluzioni che fanno bene alla crescita del mercato opensource».
Ma Ibm e Red Hat tengono le realtà separate, come anche i partner. «Per esempio Intel, con cui lavoriamo da anni e con cui abbiamo un patto a cinque anni di non disclosure sulla tecnologia che sviluppano e che manteniamo».
Anche Werner Knoblich sottolinea come core value della relazione con i partner sia la neutralità, un fattore evidentemente molto apprezzato dal mercato e che fa fare business. «Pertanto Ibm – dice Knoblich – che su Red Hat ha investito 34 miliardi, ha tutto l’interesse a tutelare la neutralità» e anche a portarla su un mercato gliobale che Red Hat ancora non raggiunge.
Cormier sottolinea come quella fatta da Ibm sia stata la più grande acquisizione software di tutti i tempi, «teniamone conto. L’opensource è un modello di sviluppo, noi abbiamo ingegnerizzato dei prodotti su quel modello e aggiungiamo valore».
Kubernetes? «È uno dei progetti – dice Cormier -. La nostra differenziazione è creare un ecosistema che si prenda cura del ciclo di vita dei prodotti con l’opensource, contando sul fatto che i nostri ingegneri sono parte della community globale».
La sicurezza non è un problema, «è insita in tutti i livello del framwework. Il futuro è su Linux e noi possiamo dare una prospettiva di sviluppo opensource a Ibm».
In un certo senso, osserva Knoblich, «quello che ci è successo fra Ibm e Red Hat è molto simile a quanto accaduto fra Dell e Emc. Microsoft è ancora il nostro partner più grande, con Azure».
Nel framework di Red Hat i container sono building block e i microservizi sono la funzionalizzazione dell’It nella logica dell’efficienza. «Stiamo costruendo il cloud ibrido che durerà in futuro – dice Knoblich – con Openshift e cloud pubblico, la strada è questa».
Un framework, come osserva che ha la capacità di richiamare intelligenza artificiale, senza dimenticare le aperture alle applicazioni 5G.
A livello di mercato nazionale Gianni Anguilletti ha sottolineato come nel mercato PA nella convenzione Consip multibrand, Red Hat abbia preso la quota più alta.
Si evince che Ministero delle finanze e Sogei stanno costruendo il cloud per la PA con tecnologia Red Hat. La strada da fare per digitalizzare la PA è ancora lunga, ma la consapevolezza sull’open source c’è.
Rodolfo Falcone ha commentato il suo ingresso come country manager dicendo di «essere arrivato in un’azienda unica per modo di vendere e per la collaborazione che ha con il mondo orizzontale della community. Ibm è un detonatore, ci consentirà di essere dentro determinati progetti che prima non raggiungevamo, accelerando la trasformazione digitale di situazioni legacy».