Riparte l’export delle imprese milanesi ma non l’occupazione

Migliora il giro d’affari per l’industria manifatturiera, il commercio e i servizi, mentre aumenta il numero di nuove aziende e si guarda con più attenzione ai Paesi emergenti

Milano rischia di crescere senza creare nuovi posti di lavoro. La contraddizione si trova nel rapporto annuale “Milano produttiva”, curato dalla Camera di commercio del capoluogo lombardo. Difatti, almeno finora, la progressiva ripresa economica non trova riscontro nell’occupazione, che rimane un cruccio soprattutto per i neolaureati. Nel 2009, il tasso di disoccupazione a Milano ha raggiunto il 5,5% (+1,6% rispetto al 2008) e addirittura il 13,6% per i giovani con età inferiore ai 30 anni. Complessivamente sono spariti 39mila posti da un anno all’altro con una diminuzione pari al 2,2% (contro il -1,1% a livello regionale e il -1,6% in Italia), soprattutto tra collaboratori e autonomi, calati rispettivamente del 24,5 e 7% in confronto al 2008. Nel primo trimestre 2010, le ore di cassa integrazione sono aumentate del 447,8% rispetto allo stesso periodo di un anno fa, salvando la stabilità del lavoro dipendente.

Manifattura, commercio e servizi: tutto giù nel 2009
Milano sembra quindi accentuare, nel bene e nel male, le tendenze dell’attuale ciclo economico. Per quanto riguarda la produzione manifatturiera, il commercio al dettaglio e la vendita di servizi, il 2009 ha visto riduzioni tra il -5,4 e il -8,8% mentre il primo trimestre 2010 mostra miglioramenti in tutti i settori. L’industria manifatturiera si è un po’ risollevata rispetto ai primi tre mesi del 2009 (+1,7%); il dato lombardo (+2,5%) e quello nazionale (+3,1%) evidenziano una ripresa più rapida, ma come conseguenza di una caduta più accentuata durante la crisi economica internazionale. Sempre nel primo trimestre 2010, il commercio al dettaglio nel capoluogo lombardo ha rallentato la discesa (-2,2%) dal medesimo periodo dell’anno precedente; le micro società con meno di dieci dipendenti sono quelle che soffrono maggiormente (-5%). Analoghe considerazioni per il volume d’affari dei servizi: -1% a Milano con le micro imprese al -4,6% da un anno all’altro, mentre le aziende più grandi mostrano già il segno più (+2,4%).

Tuttavia le nuove aziende superano quelle chiuse
Ciò che fa ben sperare è la vitalità del tessuto imprenditoriale milanese. Nel 2009 il numero delle aziende è salito a oltre 284mila (+1,7% dal 2008) grazie esclusivamente al terziario. Il primo trimestre 2010 ha confermato l’ottimismo perché ci sono 651 nuove imprese in più rispetto a quelle che hanno dovuto chiudere i battenti dall’inizio dell’anno. Ad aprile e maggio si sono verificati altri due balzi, rispettivamente +1.427 e +1.167 nuove aziende in più rispetto a quelle non più in attività. Anche il commercio dell’area milanese con il resto del mondo sta riemergendo dopo le recenti batoste. L’export, precipitato del -17,5% dal 2008 al 2009 (peggio la Lombardia con -21% e l’Italia con -20,6%), è risalito del 2,4% nel primo trimestre 2010 nel paragone con lo stesso periodo del 2009, contro però il +4,4% della Lombardia e il +15% del dato nazionale. In netta ripresa l’export dell’industria chimica milanese, passato dal -16,4% nel 2009 al +20,8% nei primi tre mesi dell’anno; bene anche il settore alimentare (+1,7% contro una perdita del -10,7% in tutto il 2009) mentre sono in rosso la meccanica e il tessile, oltre alla farmaceutica che però, nel 2009, ha sfiorato una crescita pari al 12% in confronto al 2008.

Più coraggio verso i mercati emergenti
Un altro dato che può instillare fiducia per il futuro dell’economia milanese e lombarda è l’aumento dell’export verso i mercati emergenti, soprattutto Russia, Brasile, India e Cina senza fossilizzarsi sugli sbocchi tradizionali in Europa. Certo il Vecchio Continente rimane il principale punto di partenza e destinazione per gli investimenti diretti esteri, ma sta crescendo il ruolo di altri Paesi, come quelli dell’Asia e dell’America Latina, per le attività delle aziende lombarde. A livello regionale ci sono oltre 10mila aziende che possiedono interessi attivi all’estero (soprattutto partecipazioni), circa il 33% sul totale italiano, dando lavoro a quasi 415mila dipendenti e generando un fatturato superiore a 112 milioni di euro. Sull’altro lato della medaglia, ci sono poco più di 6mila imprese straniere con interessi a vario titolo in Lombardia (oltre la metà di quelle presenti in tutta Italia), sviluppando un giro d’affari per 242 milioni di euro.

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