Valutare il reale assorbimento energetico di un datacenter ottenendone così il reale costo operativo di esercizio. Per Alessio Nava è l’effettiva efficienza la chiave per rientrare dall’investimento.
Quando si parla di datacenter non c’è solamente la potenza di calcolo a cui guardare. Ne è convinto Alessio Nava che, in qualità di responsabile divisione It & Telecomunicazioni in Rittal Italia, su questa tematica mette ragionevolmente l’accento su sistemi di alimentazione modulari e di climatizzazione moderni, «anche se il nostro – puntualizza il manager – resta un Paese mediamente poco attento all’efficienza e al risparmio energetico sia come dovere etico che come competitività aziendale»
Perché se è vero che, nel breve periodo, le tecnologie e le soluzioni su cui i responsabili dei datacenter devono pensare di investire sono quelle «che permettono di ottenere i risultati prefissi in ambito di virtualizzazione o di adeguamento a modelli emergenti come il cloud computing», nell’ambito delle infrastrutture di datacenter vanno senz’altro selezionate «soluzioni scalabili, che permettono una modularità immediata a garanzia di un investimento non sovradimensionato».
A sostenerlo è una realtà che, allargando la definizione di datacenter a qualsiasi sala Ced presente in aziende di piccole dimensioni, si dice convinta che, «dalle Pmi alla grande industria», qualsiasi realtà imprenditoriale ha bisogno di It. Ciò detto, e ribadendo che i prodotti Rittal coprono le esigenze sia delle sale per l’elaborazione dati di piccole dimensioni, sia dei datacenter di svariati metri quadri, «in Italia – per Nava -, la dimensione del parco installato, in quasi il 90% dei casi, non supera le piccole-medie dimensioni».
Con questo, fatto 100 il business di Rittal in Italia, circa l’80% del giro d’affari riguarderebbe la media industria. Realtà che, per fare private cloud nei propri datacenter, «devono puntare su performance chiare perché sulla scia del vecchio consolidamento e della più attuale virtualizzazione, il cloud sta portando a un aumento della capacità elaborativa a cui corrisponde un altrettanto importante crescita in termini di densità delle macchine che, per quanto miniaturizzate, popolano gli odienti datacenter e ne aumentano la densità e, di conseguenza, l’energia assorbita».
Abituata «a non vendere prodotti, bensì efficienza», Rittal ragiona sì in termini di ritorno dell’investimento, utilizzando, però, i parametri di valutazione unificati e standardizzati come il Pue, acronimo di Power usage effectiveness, «che attraverso una serie di misurazioni riscontra il reale assorbimento energetico di un datacenter ottenendo il costo operativo di esercizio e l’effettiva efficienza per rientrare dall’investimento nel più breve tempo possibile».
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