Ma passare dal pc al server based computing richiede un cambio di cultura infrastrutturale. Riflessioni di gruppo per proporre (con successo) il thin computing. Anche alle Pmi
Marzo 2006, È tempo di condurre le imprese italiane a
ripensare alla propria infrastruttura informatica in maniera produttiva.
È tempo di thin client. Un paradigma di computing basato su un
oggetto privo di disco fisso e con una capacità elaborativa estremamente
limitata, perché sfrutta quella del server o dello storage centralizzato.
Ma che con sé porta tutta una serie di vantaggi. Di business continuity,
in primis, visto che l’utente non è più legato all’hardware,
ridotto a pura commodity, ma anche di sicurezza, considerato che la capacità
elaborativa viene demandata al server, mentre il sistema operativo estremamente
“light” gira su flash memory. Indizi che trovano, solitamente, più
sensibile il cliente enterprise, dove la pianificazione è all’ordine
del giorno o dove, per effetto di merger e acquisizioni, occorre gestire
una complessità d’indirizzi tecnologici dei sistemi informativi
in uso. Meno interessato forse è, invece, il target della Pmi,
anche se per la stragrande maggioranza delle aziende italiane, It fa ancora
rima con pc.
Abbiamo chiesto il perché a Scc, Avnet
Visual and Data Solutions e Wyse Technology,
rispettivamente un integratore di sistema che fa capo a una holding internazionale,
un distributore specializzato in ambito storage e un vendor che, da pochi
mesi, ha scelto di aprire nuovamente una filiale diretta nel nostro Paese.
Con un obiettivo preciso: «Ricordare agli It manager –
spiega Fulvio Fabi, channel manager di Wyse – che
cos’é un thin client. In ottica aggiornata, vogliamo stuzzicare
il mercato sul ritorno, in termini di investimento, ma anche sui costi
di manutenzione e licenze, completamente diversi da quelli richiesti dai
pc».
Ma c’è chi si oppone
Se i vantaggi dei thin client si conoscono da tempo c’è, però,
chi ha interesse a mantenere lo status quo. Il dito di Matteo
Del Corno, senior consultant di Wyse Technology, è puntato
su quei vendor che esercitano grossissime pressioni perché i sistemi
informativi adottati dalle aziende continuino a basarsi su personal computer.
«Si tratta – spiega il manager – di realtà che
hanno a listino anche un’offerta di thin computing, ma che la propongono
solo quando il cliente non ha alcuna intenzione di continuare a spendere
cinque volte tanto quello che gli costa un pc».
Ancora più pragmatico, Stefano Sella, consultant
di Scc Italia, che pone l’accento sulla «capacità dei
grossi vendor di fidelizzare il cliente con una proposta ancora molto
indirizzata all’offerta hardware tradizionale. Una proposta che, a fronte
di una capacità elaborativa impensabile fino a tre anni fa, vanta
prezzi d’acquisto estremamente allettanti. Se si aggiunge, poi, che sul
cliente enterprise la capacità del vendor d’indirizzare le scelte
è molto forte, e che quasi nessuno propone soluzioni thin client
per prime, la risposta alla scarsa diffusione di questa tecnologia è
presto data».
A rendere ulteriormente difficoltosa una proposta di thin computing è
anche la necessità di integrare fra loro soluzioni di tipo diverso,
storage in primis, per gestire la complessità dell’ambiente. Come
se non bastasse, «le aziende nostrane – afferma Sella –
faticano a pianificare la crescita tecnologica dei propri sistemi
informativi. E questo avviene nelle piccole come nelle grandi imprese
dove, al verificarsi di una necessità pressante, la scelta propende
per un acquisto di tipo tradizionale, tecnicamente di valore, ma non certo
il più economico nel lungo periodo».
Nuovi driver di vendita
«Il tema forte per interessare gli interlocutori – interviene
Antonio Altamura, product manager storage di Avnet Visual
and Data Solutions – potrebbe, allora, passare dall’offerta a complemento
dei thin client, vale a dire il server o la storage consolidation».
Che, guarda caso, è esattamente il punto sul quale ha intenzione
di battere Sella: «Oggi – spiega – occorre puntare
sul singolo costo a postazione che, nel caso dei thin client, va calcolato
tenendo conto che, negli ultimi anni, il prezzo dei server ha subìto
un forte decremento, e quello che una volta si poteva fare con una farm
di una decina di server, oggi si realizza con una coppia di server, neanche
di fascia alta».
E se sulla sensibilità del cliente al prezzo ci si può sempre
contare, anche l’idea di un bundle può diventare un ottimo argomento
di conversazione. Integratore e distributore protagonisti di questo nostro
Faccia a faccia con il business ci hanno già pensato, proponendo
un’offerta composta da server Ibm, storage Emc2
e thin client Wyse, «tutti presenti nel nostro listino
– spiega Altamura – e con i quali Scc lavora, più o meno, da
tempo. Lo scopo è proporre al cliente una soluzione “chiavi in
mano”, dove noi forniamo supporto tecnico sulla tecnologia impiegata,
mentre il partner si occupa dei servizi d’integrazione che rendono operativa
la piattaforma».
Enterprise vs Pmi
Un’offerta, quella bundle, che può diventare uno stimolo importante
per le Pmi. Altra cosa è l’interlocutore di grandi dimensioni.
«Ma se sui large account i vendor la fanno da padroni –
afferma Altamura –, perché non provare con un approccio dal
basso verso l’alto, conquistando le piccole aziende, che possono, così,
dare il buon esempio alle grandi?». Non ci crede Del Corno,
per il quale: «L’Italia è un Paese che funziona al rovescio.
Sarei felice se da noi le medie imprese insegnassero alle enterprise,
temo, però, che avvenga il contrario. E se trovo corretto l’approccio
del canale sulla media impresa, reputo altrettanto doveroso non tralasciare
il resto del mercato, solo perché appannaggio di altri vendor di
pc».
Gli risponde Sella: «Presso le Pmi – spiega – è
il partner che, solitamente, veicola le tecnologie. Sulla corporate, invece,
il cosiddetto trusted advisor non è più il partner, ma il
vendor e, in questo caso, il nostro ruolo diventa marginale».
Perché. suggerisce allora il vendor, non conquistare la grande
azienda passando dalla porta dipartimentale? «Un approccio che
piace anche a noi – gli risponde il manager di Scc –, ma in Italia
sono poche le aziende che pianificano la crescita dell’It. Quando lo fanno
difficilmente coinvolgono un partner e, per chi non ha già una
soluzione thin in casa, adottarla significa ragionare sui livelli di servizio
e di costo. Senza dimenticare che, al momento della pianificazione finale,
la corporate chiederà del vendor, non del partner. Vero è,
però, che sono pochissime le enterprise che non sperimentano, che
non fanno progetti pilota», «o che – gli fa
eco Del Corno – non affidano a terzi progetti di grandi dimensioni,
anche per risparmiare, visto che il loro core dovrebbe essere produrre
profitto».
Ma a volte la difficoltà è proprio quella di far sì
che un’installazione dipartimentale diventi uno standard tecnologico per
l’enterprise. E qui il valore del canale è anche di tipo economico.
«Per portare avanti questo genere di progetto – ricorda
Sella –, il partner deve impiegare le migliori risorse che ha, come
se si trattasse di una forma d’investimento totalmente a suo carico. La
situazione si ribalta completamente quando la soluzione diventa lo standard
tecnologico dell’azienda».
L’esigenza va indotta
Alla fine, però, una divisione enterprise services come quella
a cui appartiene Sella ha ragione di essere solo se nel nostro Paese esiste
la voglia di ripensare alla propria infrastruttura informatica. «Grossa
parte del nostro fatturato – ammette il nostro interlocutore –
arriva ancora dalla fornitura delle soluzioni e dal servizio di manutenzione
del parco It esistente. E, in un momento in cui il mercato cresce poco,
si sta assestando su questi valori. Non a caso, la difficoltà è
quella di affrontare una strategia di vendita in risposta a un’esigenza
che va indotta, se non creata. E per far questo servono persone di vendita
in grado di preparare i clienti a un’ottimizzazione dei costi, che ben
presto diventerà ineluttabile, come la necessità di reimpostare
il dialogo con i clienti, per ragionare insieme sui progetti».
Tutti temi di comunicazione che risvegliano l’interesse del vendor che,
per Del Corno ha due compiti: «Produrre il miglior prodotto
possibile e fornire strumenti marketing che permettano ai partner di proporli
nel modo più corretto». Con un ultimo monito da parte
del canale: «Il driver per vendere queste tecnologie passa sì
dal promuovere la riduzione dei costi di produttività, ma stando
attenti alle corde (leggi ridimensionamento del personale – ndr)
che si vanno a toccare». Per Fabi, «si tratta
solo di razionalizzare l’infrastruttura, perché ci sarà
sempre l’amministratore delegato che utilizzerà il portatile nelle
trasferte di lavoro. La stragrande maggioranza dei dipendenti non hanno,
invece, bisogno di un pc per le attività che devono svolgere».
«E qui – gli risponde Sella – si tocca un nervo scoperto».
«Di sicuro – si difende Fabi – la tecnologia va proposta
attentamente. Occorre far passare il concetto che anche da un thin client
è possibile collegarsi al Web, anche se magari non si potrà
più ascoltare la musica dal Cd».
Pianificare è un “must”
Chi parla di server based computing deve farlo in termini di pianificazione
perché, come afferma Sella: «è una scelta fortemente
orientata alla produttività. Ma il cliente deve voler investire,
perché quello che gli stiamo promettendo non è che non spenderà
più, ma che spenderà ora a fronte di vantaggi futuri».
Senza, naturalmente, buttare quel che ha già in casa. «Da
tenere sott’occhio – conclude Altamura – sono le aziende che
stanno cambiando il proprio parco pc. A loro va proposta una migrazione
graduale». Non certo pretendendo di sostituire d’emblée
le forniture desktop con quelle thin client.