Non è una buzzword, ma un’evoluzione tecnologica che produce vantaggi competitivi. Lo spiega Albert Zammar di Riverbed Technology Italia.
Per molti l’ultima buzzword affrematasi nel mondo della tecnologia enterprise pare sia Software defined networking (Sdn).
Per Albert Zammar, Country Manager di Riverbed Technology Italia
bisogna chiedersi se sarà un ulteriore elemento da aggiungere al datacenter o se è davvero un nuovo modo rivoluzionario di architettare le funzioni di rete.
Sdn come fattore di cambiamento
L’Sdn, osserva Zammar, permette di gestire differenti elementi di rete via software attraverso la separazione del controllo e l’inoltro dei piani di rete. Le Api (application programming interfaces) uniscono le funzioni di rete sotto il controllo di software specializzato e le modifiche alle funzionalità non richiedono più aggiustamenti fisici all’infrastruttura.
Funzioni come il load balancing, che una volta necessitava di dispositivi dedicati, ora può essere realizzato da un software eseguito su un server hardware generico e le applicazioni che richiedono numerose configurazioni possono essere ospitate sullo stesso sistema senza problemi di compatibilità.
L’Sdn, quindi, semplifica l’infrastruttura fisica di rete e centralizza la gestione del traffico e della fornitura delle applicazioni.
Gli amministratori possono velocemente spostare le risorse da un’area a un’altra secondo le necessità, rispondendo alle esigenze di business in continua evoluzione, riducendo gli elementi ridondanti e sottoutilizzati.
Snd come trampolino
Nonostante l’Sdn stia già dimostrando il suo valore in numerose organizzazioni che gestiscono reti molto vaste, non dovrebbe essere visto come qualcosa da adottare fine a se stesso.
Piuttosto, per Zammar, si tratta di un passo intermedio necessario che porta a un cambiamento fondamentale nell’It: il software-defined datacenter (Sddc).
Data la transizione di molte funzioni hardware al software, la progressione naturale è quella eventualmente di virtualizzare l’intero data center.
Il datacenter software-defined è il risultato di un modello già familiare agli amministratori It, iniziato con la virtualizzazione dei server.
Non si tratta solo di moltiplicare diversi carichi di lavoro su macchine multiuso.
Elemento ancora più importante, una virtualizzazione dei server permette un’astrazione corretta per il datacenter: provisioning, spostamento, snapshot, e rollback sono problemi difficili affrontati nel segmento hardware, ma semplici nel software.
Un “computer software-defined” cambia il modello operativo e semplifica la gestione dei carichi di lavoro.
Il passo successivo nella virtualizzazione sono stati i computer desktop, che richiedevano tradizionalmente l’installazione manuale di ogni programma software necessario all’utente.
Negli ultimi dieci anni, le applicazioni sono state erogate agli utenti da server interni o fornite online come applicazioni web-based.
Ora le macchine completamente virtualizzate sono comuni, anche nel caso in cui il sistema operativo sottostante risieda su un server esterno alla macchina fisica dell’utente.
La virtualizzazione sta raggiungendo la rete
Da tempo le reti sono state costruite con diversi tipi di virtualizzazione ridotta. Le Lan virtuali permettono che segmenti di rete fisicamente separati vengano raggruppati in modo logico, e gli switch virtuali consentono a un singolo server di gestire il traffico su numerose macchine virtuali. Nonostante questo, la virtualizzazione di rete su larga scala è ancora nella fase dell’infanzia.
Una rete completamente virtualizzata potrebbe riunire tutti i diversi segmenti, le liste di controllo accessi, la trasmissione e la definizione delle policy e altri elementi in un’astrazione software portatile. Questa rete separa completamente la rete fisica dai suoi elementi virtuali, l’obiettivo del piano di controllo è di superare un singolo switch o router per far sì che venga controllato totalmente dal software. Dal punto di vista delle applicazioni e dei sistemi operativi, una rete virtuale funziona esattamente nello stesso modo di una rete fisica, senza configurazioni particolari necessarie “al di là” della rete.
La virtualizzazione, per Zammar, ha sicuramente dimostrato il suo valore. E il datacenter software-defined rappresenta una sorta di virtualizzazione “completa” che fornisce benefici in tre aree:
• Efficienza: in ogni macchina complessa, più elementi vengono introdotti più ci sarà la possibilità che uno di loro si guasti e blocchi l’intero sistema. Il data center software-defined permette di semplificare la rete fisica, in modo tale che le risorse possano essere condivise anche tra le applicazioni, incluse quelle con requisiti differenti.
• Sicurezza: attacchi di elevato profilo verso le aziende sembrano essere in continua crescita e le reti, diventando sempre più complicate, aumentano i punti di accesso per i codici pericolosi. In un datacenter software-defined il controllo di rete è consolidato e centralizzato e garantisce un livello migliore di visibilità del comportamento della rete e di verifica della sicurezza.
• Riduzione dei costi: con i budget costantemente in contrazione, agli amministratori It viene richiesto di compiere sempre più attività con meno risorse.
“White Box” generiche con capacità Sdn spesso sono molto meno costose delle macchine tradizionali, riducendo così le spese capitali e i costi di manutenzione.
Prepararsi per il futuro
Per molte aziende un vero datacenter software-defined è molto lontano, ma dovranno comunque concentrarsi su ciò che sperano di ottenere nei prossimi anni, per prendere oggi decisioni che possano supportare in futuro questa transizione. Le imprese dovrebbero adottare in prima istanza i corretti elementi di infrastruttura e iniziare a realizzare la virtualizzazione e l’Sdn disponibili, per essere in grado di progredire verso un datacenter totalmente virtualizzato.
Il datacenter software-defined sarà un cambiamento chiave nell’It e coloro che ne sono consapevoli e si sono preparati riusciranno a ottenere presto tutti i benefici.
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