Prima di tutto bisogna farsi capire. Bando ai tecnicismi e alle grandi visioni strategiche. Basilari intuizioni e "coraggio" per metterle in pratica
Gennaio 2005, Il problema numero uno con le piccole imprese non è
tecnico, non è nei prodotti, non è nelle strategie, ma è
nel "linguaggio", nel modo di dialogare con questi clienti. Produttori
e distributori concordano sul fatto che in questo mercato vince chi è
capace di attivare un vero punto di contatto. «Bisogna parlare la
loro lingua – osserva Mauro Catalano, direttore sales
and marketing di Ingram Micro – e nessuno può farlo meglio del trade».
L’ideale? Una forte alleanza con i rivenditori che a livello locale conoscono
perfettamente il tessuto economico, le aziende, i problemi e le opportunità.
Non a caso per Ingram Micro la Pmi è stata prima di tutto un oggetto
di studio: «Siamo convinti – spiega Catalano – che sia necessario
costruire un vero e proprio sistema di relazioni disegnato sulle esigenze di
queste imprese. Un sistema orientato allo studio del target e talmente flessibile
da modificare il proprio assetto in funzione della conoscenza che è in
grado di generare». Da queste premesse è nato il programma
Pmi Sviluppo d’Impresa, un’iniziativa che mette assieme grandi vendor, rivenditori
affiatati, editori di contenuti specializzati sulla Pmi e società di
servizi di marketing. «Le piccole imprese – spiega il manager
– hanno bisogno di soluzioni semplici, sia da capire, sia da implementare
che devono essere proposte in modo comprensibile da operatori che parlano il
loro stesso linguaggio». Pmi Sviluppo d’Impresa ha attivato una collaborazione
con un editore specializzato in contenuti per le Pmi (Agepe, casa editrice del
portale www.distrettopmi.it nonché
di Computer Dealer&Var e altre riviste specializzate). «A questo
editore abbiamo chiesto di individuare le soluzioni più vicine ai bisogni
delle Pmi costruendole e alimentandole con i prodotti e le tecnologie dei 20
vendor che partecipano all’iniziativa. Il tutto a completa disposizione del
pubblico su un sito dedicato: DistrettoPmi Offerte & Soluzioni (www.distrettopmi.it)».
Ma stiamo parlando di clienti finali e per un distributore è fondamentale
precisare che «i nostri interlocutori sono e continuano a essere i
rivenditori. Sappiamo bene che la stragrande maggioranza dei nostri partner
lavora con le piccole e medie imprese ed è a loro che trasferiremo i
vantaggi di questa operazione, sia in termini di generazione di leads, sia in
termini di attività di potenziamento delle loro attività di comunicazione
sui loro clienti».
Servono leads più qualificati
Anche per Alberto Fidanza, country manager di Ca Italia, il
punto centrale della strategia Pmi è nel concetto di semplicità:
«Dobbiamo snellire l’approccio tra il sistema dell’offerta e i clienti
e dobbiamo essere consapevoli che una delle maggiori criticità nell’ambito
Pmi è rappresentato dal linguaggio. Le piccole imprese sono fatte da
imprenditori o da manager che non hanno specifiche competenze Ict e hanno poco
tempo. È indispensabile condividere i loro problemi, portando soluzioni
e presentandole nel loro contesto, rispettando la loro cultura tecnica e imprenditoriale».
Ma per vincere la partita serve un strategia basata su iniziative forti, capaci
di attivare una forma di contatto diretta con le imprese. «La nostra
proposta si chiama Cic Customer Interaction Centre – prosegue Fidanza –
e si concretizza in un vero e proprio sistema per la creazione di referenze
qualificate. Da Barcellona, dove è basato il Cic, si potrà contare
su 100 persone che avranno la missione di studiare, analizzare, profilare e
infine contattare le piccole e le medie imprese di tutta Europa. Di queste 100
persone 8 sono dedicate al mercato italiano». Spesso le imprese sono
prese di mira da iniziative di marketing che hanno lo scopo di promuovere dei
prodotti o dei marchi e che puntano a trasformare una generica manifestazione
di interesse in un lead. «Noi vogliamo accendere l’interesse delle
imprese verso i nostri prodotti, i nostri servizi e vogliamo farlo segmentando
in modo preciso la clientela, fornendo ai potenziali clienti solo le informazioni
e le proposte che servono alle loro imprese e in più vogliamo corredare
le nostre richieste di attenzione con delle demo on line». Una operazione
che guarda ovviamente al lavoro dei partner: «Questi leads vengono
poi passati ai partner di canale sulla base di criteri legati alla presenza
geografica o alla specializzazione» conclude Fidanza.
Per Giorgio Mini, amministratore delegato di Zucchetti: «Non
esiste (per noi) una rigida divisione tra vendita diretta e indiretta. La scelta
arriva dal mercato. Quando il cliente è troppo complesso sono i partner
a chiedere l’aiuto della struttura di vendita diretta». La rete,
però, deve essere educata per portare ai clienti il corretto messaggio
dell’azienda e il tema del linguaggio con il quale comunicare alle Pmi passa
anche attraverso insistenti campagne pubblicitarie che, sottolinea Mini, «non
passano inosservate». Messaggi radiofonici giocati sui doppi sensi
e ammiccamenti sono il menu della campagna Zucchetti che punta soprattutto su
commercialisti, Pa e aziende e cerca di stanare i propri clienti soprattutto
nel periodo estivo «quando hanno più tempo di leggere i quotidiani».
Si tratta di messaggi che puntano soprattutto sulla valorizzazione del brand
e non tanto sui prodotti in sé. «Questo mercato – osserva
Mini – è soprattutto di sostituzione per i consulenti, mentre le
aziende sono più indietro e in qualche caso adottano un gestionale per
la prima volta. In questo contesto il marketing è fondamentale, così
come è indispensabile individuare e coprire per tempo le esigenze che
emergono dal mercato».
Servizi e supporto per il canale
Ed è proprio la necessità di essere sempre pronti e "sempre
specializzati" che rischia di trasformare un punto di forza in una debolezza.
Secondo Matteo Restelli, direttore commerciale di Esprinet,
il trade italiano ha grandi doti di eccellenza, ma non sa e non può fare
tutto, mentre su questi clienti occorre portare un’offerta completa: «La
risposta secondo Esprinet sta nei servizi ovvero nella capacità di mettere
a disposizione di ciascun rivenditore un portafoglio di attività che
gli permetta di completare la propria offerta di servizi senza dover assumere
l’onere di formare delle persone o di investire in strutture. Questo vuol dire
che un rivenditore può servire i propri clienti continuando a concentrarsi
sui propri punti di forza cui aggiunge quei servizi che potrà acquistare
nella forma e nella modalità più opportuna e che gli permetteranno
di costruire un’offerta completa».
In effetti, la piccola e media impresa non solo è numerosa, ma è
anche complessa e chiede soluzioni complete. Per Ibm la prospettiva con la quale
guardare a questi clienti si chiama Full Equation: «Ibm crede che
è necessario portare al cliente tutto quello che serve nella misura in
cui gli serve. Non possiamo immaginare – spiega Francesco Strappa,
direttore Smb di Ibm Italia – che possa prevalere la tecnologia o il servizio
o il post vendita. Quando diciamo Full Equation diciamo che per ciascuna Pmi
serve un sapiente dosaggio di prodotti, infrastrutture, sviluppo, formazione
e servizi. Un insieme completo che tenga conto degli obiettivi e dei budget
che l’azienda si è posta». Ed è anche da questa convinzione
che parte la strategia On Demand. «Con le Pmi siamo ancora in una
fase di evangelizzazione – spiega il manager -. L’On Demand è
una realtà completamente nuova che porta a nuove scelte e a nuove soluzioni».
Ma cosa vuol dire "On Demand" per una media impresa? Come si traduce
in pratica? «Noi aiutiamo i clienti a identificare i processi critici
di competitività del loro business attraverso un profondo lavoro di analisi.
Una volta messi a fuoco questi fattori indichiamo una serie di interventi e
di progetti di automazione che consentono di velocizzare i processi, di aumentare
la produzione e di abbassare i costi attraverso soluzioni On Demand, ovvero
in modo proporzionale agli obiettivi che l’azienda si propone di conseguire
e ai mezzi che decide di investire».
Ma l’On Demand è un metodo estremamente innovativo che comunque si basa
sul concetto di soluzione. «Le piccole e medie imprese hanno bisogno
soprattutto di soluzioni, è solo attraverso una proposta basata sulla
concretezza che si può conquistare questi clienti – sottolinea con
forza Strappa -. Noi di Ibm abbiamo uno straordinario punto di forza rappresentato
dal modello Acg, una grande libreria di applicazioni per le piccole e le medie
imprese che conta a oggi 7mila clienti. Su queste piattaforme i nostri Business
partner possono costruire le loro soluzioni verticali, senza dover partire da
zero».
Esperienza totale
Il tema della "visione globale" è condiviso anche da Hp la
cui strategia Pmi è tutta incentrata sulla Total customer experience.
Secondo Laura Torretta, marketing manager Smb di Hp Italia,
serve una attenzione totale a tutte le parti di tecnologia e di prodotto che
compongono la soluzione, così come al processo di acquisto e alla implementazione:
«Lavoriamo – per dare al cliente tutti i tasselli necessari alla costruzione
della soluzione alle sue esigenze, dalla componente infrastrutturale, alle tecnologie,
ai prodotti, puntando in modo particolare sulle soluzioni dei partner, sulle
loro verticalizzazioni e sui servizi che comprendono la consulenza nella pre
vendita, la formazione e il supporto sul post vendita». Ma uno dei
problemi che più penalizza le piccole e medie imprese riguarda le risorse
finanziarie e l’accesso al credito. «Riteniamo che una strategia di
offerta alle Pmi non possa non passare da un’importante offerta di servizi finanziari
pensati per aiutare i partner e i clienti nell’implementazione delle proprie
soluzioni nel rispetto dei propri budget e dei propri limiti di spesa».
Ma il punto critico secondo Laura Torretta è nella comunicazione:
«è fondamentale parlare a questi imprenditori usando il loro linguaggio,
rispettando la loro cultura e la loro competenza».
«La piccola e medie impresa – sostiene David Moscato
– ha bisogno di concretezza e di messaggi semplici. Sono imprenditori che
hanno grandi competenze nei loro specifici settori e che hanno poco tempo per
interessarsi di sistemi informativi e di soluzioni. Per questo è fondamentale
usare un linguaggio che sia rispettoso della loro cultura, che non dia nulla
per scontato». Un disegno che deve coinvolgere anche i prodotti.
«Per esempio – spiega il responsabile Smb di Microsoft – noi
abbiamo iniziato a ripensare il licensing lanciando la formula Open3 con lo
scopo di rendere più facile il livello di accesso alle licenze».
Ma per Moscato le Pmi vanno conosciute a fondo, occorre parlarci, studiarle,
confrontarsi con loro: «Vogliamo raddoppiare il tempo che i nostri
venditori dedicano a questi clienti. Dobbiamo sfruttare al massimo la nostra
capacità di relazione per trasferire i nostri valori e per raccogliere
preziose informazioni che servano a migliorare la nostra offerta e il nostro
sistema di relazioni».
Un aiuto a investire
E poi bisogna aiutarle a scegliere e a investire. Le piccole e medie imprese
lamentano difficoltà di accesso a finanziamenti e troppo spesso penalizzano
proprio l’innovazione a causa di questa cronica mancanza di risorse. Nello stesso
tempo anche il canale non se la passa benissimo dal punto di vista finanziario
e rischia di non esprimere al meglio tutti i propri valori nella creazione di
soluzioni innovative e nella capacità di trasferirle ai propri clienti.
«Per questo abbiamo definito un doppio programma che mette in parallelo
i finanziamenti ai clienti e i finanziamenti al canale».
Ma non è solo un problema di linguaggio, servono anche strumenti di valutazione
nuovi. Per Giorgio Campatelli di Cisco: «Bisogna
aiutare le aziende a comprendere il valore dell’investimento It!».
E il problema è, con una brutale sintesi giornalistica, quello di confrontare
il Catalyst con il tornio. Le Pmi conoscono esattamente il loro ritorno sull’investimento
quando investono in un tornio (o in uno strumento di produzione tradizionale),
mentre quando si tratta di capire quali vantaggi può portare una soluzione
informatica fanno più fatica a stimarlo. E nel caso di Cisco va ancora
bene, perché se a un’azienda si propone l’adozione del Voice over Ip
i risparmi sulla bolletta sono quantificabili ed evidenti.
La sfida è nel "fare capire come la tecnologia può essere
d’aiuto all’azienda". Nel confronto "Catalyst-tornio" bisogna
lavorare di psicologia sapendo che i clienti sanno di cosa possono avere bisogno,
ma ignorano quale tecnologia gli può essere utile. «Alla fine
di tutto questo, però – è il commento di Campatelli -,
dobbiamo verificare la soddisfazione e il feedback dei clienti. Per questo abbiamo
realizzato un progetto di customer satisfaction per valutare la relazione con
Cisco e i partner».