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La sicurezza dei dati quantistici nell’Internet del futuro

Supponiamo per un momento di ritrovarci improvvisamente nel 1968. La prima cosa che notereste (ovviamente!) è che avreste delle serie difficoltà a leggere questo articolo. Uno dei più potenti supercomputer dell’epoca, l’IBM System/360 Model 85, aveva l’equivalente di ben 4 megabytes di memoria. Era un gioiello di tecnologia, incredibilmente veloce e costoso, tanto che solo poche grandi istituzioni al mondo potevano permettersene uno – ne sono stati prodotti 30 esemplari. Consumava “solo” 4 kW di elettricità, ed era probabilmente più piccolo della vostra cucina. Probabilmente.

Oggi, nel 2018, portiamo nella tasca dispositivi grandi come il palmo di una mano che sono di diversi ordini di grandezza più performanti di tali antiquati behemot, e li usiamo quotidianamente per accedere a una Rete globale in grado di scambiare quantità mostruose di dati. Una rete anzi, a cui tutto oggigiorno è connesso e da cui tutto dipende.

Viviamo in “tempi veloci”: 50 anni cambiano molte, molte cose, soprattutto dal punto di vista del mondo IT. Diventa quindi naturale fare il paragone con quelli che oggi sono i primi futuristici prototipi di computer quantistico. Macchine estremamente sofisticate, costose, ingombranti e complesse, avanguardie di una tecnologia rivoluzionaria. Tecnologia che, per quanto indubbiamente giovane, sempre con meno confidenza può definirsi allo stato “embrionale”.

Negli ultimi anni si è assistito a una vera e propria esplosione nel campo della ricerca in quantum information processing. Cose che potevano sembrare fantascienza agli inizi del secolo sono ora a portata di mano: riusciamo a spedire e misurare informazione quantistica a centinaia di km di distanza, a correggere in maniera affidabile molti errori di trasmissione e si è passati in breve tempo dal contenere a fatica un singolo qubit (“bit quantistico”) ad avere macchine che di qubit ne hanno poco meno di un centinaio.

Considerando che secondo molti ricercatori 90-100 qubit sono il limite oltre il quale un computer quantistico può effettuare operazioni impensabili con il più potente supercomputer classico, la sensazione generale che si ha è che probabilmente non ci sarà bisogno di aspettare ancora 50 anni per assistere a quella che si preannuncia come una nuova rivoluzione informatica e tecnologica.

Bisogna quindi guardare al futuro e iniziare a considerare seriamente quali possibili scenari potrebbero conseguire da questa rivoluzione.

La sicurezza dei dati quantistici

La disciplina della crittografia è tradizionalmente vista come un’area che potrebbe venire impattata in maniera drastica dall’avvento del quantum computer. La possibilità teorica dei computer quantistici del futuro di poter compromettere cifrari che sono oggi usati ubiquitariamente per rendere affidabili infrastrutture critiche è vista come una minaccia globale, per difendersi dalla quale negli ultimi anni si sono moltiplicati gli sforzi di governi e istituzioni pubbliche e private.

Le aree di ricerca della cosiddetta crittografia quantum-safe e crittanalisi quantistica si occupano di preparare le infrastrutture moderne (Internet in primis) a uno scenario futuro in cui computer quantistici in grado di forzare le protezioni crittografiche moderne saranno a disposizione di pochi ma potenti attori – anche se non necessariamente a disposizione del resto della popolazione.

Tale scenario sembra non configurarsi più oramai come qualcosa di troppo remoto, nè troppo futuristico, ma la buona notizia è che già oggi disponiamo di soluzioni adatte. Ad esempio in IBM Research, dove lavoro, stiamo sviluppando e perfezionando un tipo di schemi crittografici che protegge i dati codificandoli all’interno di complessi problemi matematici (strutture algebriche) chiamati “reticoli” (“lattices” in inglese).

Questi problemi sono così difficili che si stima che neanche un potente computer quantistico del futuro sarà in grado di risolverli. Ciò è molto utile per noi crittografi, perché significa che possiamo proteggere già da oggi i nostri dati in uno scenario in cui i computer quantistici diventeranno abbastanza forti da rompere la sicurezza degli schemi tradizionali odierni. Ovvero, non è necessario (né consigliabile!) attendere lo sviluppo di quantum computer potenti per iniziare a migrare le nostre infrastrutture verso una sicurezza a prova di futuro: i nostri schemi di crittografia quantum-safe sono ormai pronti per l’adozione su larga scala e sono già entrati nel processo di standardizzazione. IBM Research è alla continua ricerca di partner interessati a far parte di programmi pilota in questo senso.

Guardare al futuro però significa guardare anche oltre tale scenario. Magari traendo ispirazione proprio dalla storia del calcolo moderno.

Proprio come agli albori dell’era informatica solo poche grandi organizzazioni potevano permettersi di lavorare con un computer, oggi solo poche grandi aziende e centri di ricerca dispongono di un prototipo di computer quantistico. Ma, come tutti noi sappiamo, storicamente questo stato di cose non ha avuto vita lunga: la potenza di calcolo a disposizione è andata aumentando, e ben presto i primi computer sono stati connessi tra di loro, all’inizio in piccole reti, che sono poi cresciute man mano, a formare quella che oggi è la rete delle reti: Internet.

Allo stesso modo, non appena i computer quantistici cominceranno a diffondersi su larga scala, sarà naturale connetterli tra di loro: la tecnologia necessaria a scambiare dati quantistici esiste già e non serve quindi un grande sforzo per immaginare una “Internet quantistica” del futuro, in cui dati quantistici vengono codificati in pacchetti d’onda, fotoni, o particelle, e scambiati da quantum computer a quantum computer a velocità folli tramite laser, o fibre ottiche, o quant’altro la tecnologia del futuro potrà metterci a disposizione. Dopo l’evoluzione quantistica della tecnologia dei computer, una rete per lo scambio di dati quantistici sarebbe la naturale evoluzione delle reti dati moderne.

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Lasciamo da parte per un momento le sfide ingegneristiche e tecnologiche da risolvere per arrivare a realizzare una “quantum Internet”, di cui senza una sfera di cristallo possiamo dire ben poco. I problemi da risolvere sono prima di tutto di natura squisitamente teorica.

Il punto è che, come ormai noto da più di un secolo sia nel campo delle discipline fisico-matematiche che ingegneristiche, l’informazione di tipo quantistico si comporta in maniera peculiare, del tutto controintuitiva rispetto ai “dati digitali” classici a cui siamo abituati e su cui i computer tradizionali lavorano, a causa delle leggi fisiche della meccanica quantistica. Progettare una “Internet quantistica” richiederà prima di tutto capire come gestire questi comportamenti “anomali”.

Tommaso Gagliardoni, Ibm Research

Ad esempio, l’informazione quantistica non può essere copiata – quindi risulterebbe difficile effettuare un backup, o un log del traffico. Oppure: dati quantistici possono entrare “in interferenza” tra di loro, cancellandosi o rafforzandosi a vicenda – non solo durante la trasmissione ma anche durante il calcolo. Tutte queste caratteristiche, così “aliene” al nostro modo moderno di concepire le reti di dati, significano che ci sarà bisogno di approcci e protocolli di trasmissione completamente nuovi. Bisognerà rivedere il modo in cui i dati vengono rappresentati, codificati, trasmessi, manipolati. E protetti.

Infatti sarà importante non ripetere gli errori del passato: quando le prime reti di computer sono state create, la sicurezza delle comunicazioni non è stata considerata una priorità. Internet stessa non è stata strutturata pensando alla sicurezza: protocolli per cifrare e autenticare i dati in transito sono stati aggiunti solo in un secondo momento, “a strati”, con difficoltà tecniche notevoli di cui ancora subiamo i contraccolpi.

Oggi sappiamo quanto sia un errore tralasciare la sicurezza. Nel creare una Internet quantistica, un ruolo fondamentale dovrà avere la crittografia: quello che servirà saranno protocolli quantistici (da far girare su un quantum computer insomma) in grado di garantire sicurezza, privacy, autenticità, e integrità dei dati. Tali protocolli dovranno lavorare nativamente su dati quantistici, per cui le tecniche crittografiche moderne (inclusa la crittografia quantum-safe) non saranno di aiuto: serviranno schemi completamente nuovi.

Quantum security

La ricerca che porto avanti nel gruppo di Security & Privacy allo Zurich Research Lab di IBM è nel campo della “quantum security”. La quantum security è lo studio matematico della sicurezza delle informazioni in presenza di processi quantistici, di qualsiasi tipo. Questo include la crittografia quantum-safe e il modeling di “avversari quantistici”, ma un focus particolare è dato allo studio di protocolli crittografici per la sicurezza di dati quantistici.

In questo tipo di ricerca studio, ad esempio, come un algoritmo quantistico possa cifrare un dato in maniera tale che senza avere la giusta chiave di sblocco nessuno, neanche un altro computer quantistico, potrebbe mai recuperarlo.

In uno dei nostri lavori più recenti, pubblicato alla conferenza EUROCRYPT, io e i miei collaboratori abbiamo risolto un problema fondamentale: come garantire l’integrità di un dato quantistico in transito su una rete, anche nel caso che il modello di minaccia includa avversari tecnologicamente molto potenti. Stiamo al momento studiando la sicurezza di altri protocolli (sia per computer classici che quantistici) che siano sicuri contro gli “hacker quantistici” del futuro.

Questo campo di ricerca è giovane e terribilmente stimolante. Il conto alla rovescia è partito, ma assistiamo a continui progressi e sono più che sicuro che arriveremo preparati con strumenti adeguati a rendere l’Internet del futuro più sicura che mai.

Vale infine la pena ricordare che non è necessario attendere sviluppi futuri per poter “toccare con mano” un computer quantistico: con il programma Q Experience di IBM si può imparare a scrivere codice per programmare quantum computer, accedere gratuitamente (via cloud) ai prototipi di quantum computer sviluppati da IBM (attualmente fino a 16 qubit), e far girare algoritmi quantistici su tali macchine.

Questo network è già utilizzato da una miriade di studenti, ricercatori e università in tutto il mondo, e rappresenta uno strumento di importanza fondamentale per acquisire il know-how necessario ad arrivare preparati all’imminente rivoluzione informatica.

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