È stata una presa di posizione chiara e netta: la Silicon Valley si è mostrata compattamente contraria alla decisione del presidente americano Donald Trump di di porre un bando all’immigrazione.
Una presa di posizione non semplicemente formale: nel corso del fine settimana, aziende come Apple, Google, Microsoft hanno inviato lettere ai propri dipendenti offrendo supporto legale a chi si trovasse in difficoltà, e alcuni tra gli executive della regione hanno effettuato donazioni sempre per poter supportare legalmente gli immigrati colpiti dal ban.
“Apple non esisterebbe senza l’immigrazione, né sarebbe tale la sua capacità di innovazione”, ha scritto Tim Cook, che ha definito il ban di Trump “una politica che non supportiamo”. (La lettera non è stata resa pubblica, ma è stata pubblicata da alcuni siti americani)
“Da immigrato e da Ceo ho sperimentato e visto l’impatto positivo dell’immigrazione nella nostra azienda, nel Paese e nel mondo. Noi continueremo a sostenere questo tema”, ha a sua volta scritto Satya Nadella nella lettera ai dipendenti.
A sua volta Sam Altman, alla guida di Y Combinator, incubatore di startup quali Dropbox, Airbnb, Reddit, ha definito il ban “una rottura con il contratto che gli Stati Uniti hanno con gli immigrati del Paese”.
Contrari si sono dichiarati anche Elon Musk e Travis Kalanick, rispettivamente Ceo di Tesla e di Uber, che non solo hanno promesso di portare la questione sui tavoli industriali ai quali partecipano, ma hanno promesso – in questo caso Uber – la creazione di un fondo di 3 milioni di dollari per aiutare i suoi driver che dovessero trovarsi in difficoltà.
E mentre si registrano i primi casi di dipendenti in possesso di visti H1B, quelli che consentono ai lavoratori stranieri con competenze specifiche di prestare lavoro presso aziende statunitensi, bloccati all’estero, si comincia a sottolineare come l’impegno dei big dell’ICT sia indispensabile, soprattutto per spianare la strada anche alle realtà più piccole che non possono permettersi un impegno legale simile.
Resta il fatto che il provvedimento ha colto molti di sorpresa e non c’è una via univoca alla reazione.
C’è chi ha garantito il proprio sostegno alla ACLU, l’American Civil Liberties Union, come il fondatore di Slack, c’è chi ha dato vita a un progettom Project Ellis, Entrepreneu’s Liberty Link in Silicon Valley per assistere le startup e le piccole imprese della Silicon Valley, c’è chi già pensa all’apertura di sussidiarie in Medio Oriente, se sostenere le startup straniere negli Sati Uniti dovesse alla lunga rivelarsi impossibile .
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