Il Forbes AgTech Summit dello scorso giugno è stata una delle principali occasioni per mettere a confronto i produttori e gli utenti – anche potenziali – delle soluzioni di Smart Argriculture.
Di solito questi confronti vedono opinioni abbastanza diverse, su un argomento però c’è stata una inusuale sintonia: le vere potenzialità dell’applicazione di sensori sul campo. La discussione ha riguardato i sensori di umidità ma è estendibile, almeno in linea di principio, anche ad altri tipi di sensori.
Uno dei punti chiave messi in evidenza è l’importanza dell’affidabilità delle rilevazioni dei sensori sul campo. Se si vuole che il controllo sia sempre più delegato a sistemi automatici e a una combinazione di software e hardware, è necessario che le loro rilevazioni siano a prova di equivoco.
La principale critica mossa all’utilizzo dei sensori è che i loro valori raccolti possono essere incoerenti e questo è un rischio che i coltivatori non si possono permettere. Quando il terreno intorno ai sensori si frantuma, ha spiegato ad esempio il rappresentante un’azienda statunitense che coltiva carciofi, le rilevazioni non sono più affidabili. E un sistema che non funziona è peggio che non avere nessun sistema.
Da questo punto di vista il CEO di FarmQA ha ammesso che in diversi casi i sensori appaiono progettati da tecnici che non sembrano avere una vera comprensione di quello che accade nel terreno e dell’evoluzione nel tempo delle coltivazioni. Lo scopo ultimo dei sensori non è tanto rilevare una grandezza misurandola nel terreno ma arrivare a descrivere lo stato di salute delle coltivazioni e del suolo. Il che richiede una visione più ampia.
Un altro elemento importante è che i sensori devono portare un vantaggio rispetto alle rilevazioni convenzionali. La combinazione del loro hardware con le soluzioni software che li gestiscono deve essere in grado di prendere decisioni e dare indicazioni in tempi utili.
L’idea degli utenti è che questo spesso ancora non accada. Per i produttori invece ci siamo arrivati o ci siamo quasi. E inoltre i metodi di rilevamento visivi tradizionali restano comunque più lenti ed evidenziano problemi quando le coltivazioni sono già in sofferenza. Anche i produttori però ammettono che i dati raccolti dai sensori possono e devono essere usati meglio.
Ultimo punto chiave su cui lavorare è la semplicità d’uso. Per l’hardware non ci sono particolari problemi, mentre per il software – che è comunque indispensabile – lo spazio di miglioramento non manca. I vendor sottolineano che oggi devono creare soluzioni software ugualmente funzionali per vari tipi di utenti, sia tecnologicamente smaliziati sia informaticamente alle prime armi. E non è sempre semplice.