Con lo smart farming gli approcci tradizionali alla coltivazione e all’allevamento dovranno man mano essere affiancati da altri più tecnologici e anche inusuali.
La prospettiva di avere nove miliardi di persone da alimentare sul nostro pianeta lo rende inevitabile, dunque tutto ciò che è smart farming è benvenuto.
L’obiettivo a tendere non può però essere solo aumentare la produttività dei sistemi di coltivazione e allevamento che già ci sono. Per questo si stanno diffondendo strade complementari, con vari gradi di evoluzione tecnologica.
Quelle più evidenti riguardano le varie forme di Indoor Agriculture, come ad esempio il vertical farming. Si tratta cioè di coltivazioni al chiuso che cercano di ottimizzare la resa attraverso un controllo mirato delle condizioni ambientali.
Non è una novità concettuale, dato che le serre sono in uso da secoli, l’evoluzione qui sta nel grado di tecnologia e automatismo che si può raggiungere nel controllo ambientale e nella gestione delle coltivazioni.
Questo ha ad esempio permesso di realizzare soluzioni di Indoor Agriculture anche in ambienti di dimensioni relativamente piccole – magazzini, container, edifici – in modo da essere vicini ai consumatori e di ridurre i costi e gli impatti ambientali della logistica.
Il controllo preciso e automatizzato di luce, acqua e nutrimento per le piante serve a ottimizzare la resa e a eliminare, o quantomeno contenere, l’imprevedibilità delle coltivazioni tradizionali.
Le innovazioni tecnologiche e di approccio legate all’allevamento animale sono meno evidenti per i consumatori, ma altrettanto importanti in prospettiva.
Gli allevamenti ittici stanno affrontando una fase di transizione particolarmente rilevante a livello globale: producono circa la metà del consumo mondiale di pesci, crostacei e molluschi ma consumano anche, come alimento, circa un terzo del pescato fuori dagli allevamenti. Una quantità sempre meno sostenibile.
L’evoluzione in quest’ambito è poco tecnologica ma legata alla sostituzione di questi alimenti con altri – in particolare gli insetti – e all’aumento dell’efficienza degli allevamenti collegandoli con “coltivazioni” diverse.
Ad esempio è possibile creare soluzioni di indoor farming idroponiche per la coltivazione di vegetali che sfruttino i rifiuti generati dai pesci come fertilizzante. O anche puntare sulla coltivazione di alghe alimentari, un mercato che si stima arrivi a 45 miliardi di dollari nel giro di cinque anni. In questi ambiti le innovazioni chiave sono le stesse del vertical farming.
Smart farming tra insetti e batteri
Si sta diffondendo un buon grado di automazione anche per due forme di allevamento che hanno prospettive sicuramente interessanti.
Una senza dubbio ed è l’allevamento di insetti e larve. Se ne parla da tempo, le norme per il loro consumo stanno cambiando, l’unico fattore di freno è culturale, almeno nelle aree del mondo che non sono (più) abituate al consumo di insetti.
L’allevamento di insetti e larve è tecnicamente semplice, le aziende che già sono impegnate in questo campo stanno man mano aumentando il grado in cui i loro processi sono automatizzati.
Più futuribile, ma nemmeno tanto, è l’allevamento mirato di microbi. Il grande vantaggio di batteri e lieviti sta nella possibilità di riprogrammare il loro DNA in base al “prodotto” che si vuole ottenere.
Qui il grado di innovazione tecnologica è ovviamente elevato anche se per ora non si parla propriamente di “mangiare” microbi o enzimi ma di studiare quelli che possono agevolare i processi di fermentazione tipici di molte preparazioni alimentari. Ma gli usi possibili sono anche altri.