Anche in Italia il lavoro agile, o smart working è stato regolamentato, grazie al disegno di legge S2233 (4135), “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato“.
D’altronde lo smart working o lavoro agile è previsto nel Jobs Act per gli autonomi: se è particolarmente indicato per mansioni dirigenziali e creative, mantiene una sua validità anche in senso generale e in particolare nella Pubblica Amministrazione.
Lo smart working o lavoro agile non è puro e semplice telelavoro.
Si parla di lavoro agile se la prestazione avviene in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, senza una postazione fissa, ed entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, controllati con qualche apparato tecnologico anche software.
Le aspettative sono molto alte già per i primi anni, ma per quelli successivi si ipotizza che grazie al lavoro agile la PA sarà in grado di introdurre metriche innovative valide per tutti.
L’Osservatorio del Politecnico di Milano prevede che i lavoratori agili della PA saranno oltre un quarto del totale atteso in Italia. Si calcola un risparmio economico tra il 20 e il 30% e s’ipotizza una produttività superiore del 20%. E proprio una nuova misurazione della produttività, partendo dallo smart working, potrebbe essere introdotta nella PA per superare definitivamente la cultura della presenza.
Con lodevole iniziativa anche la PA sta cercando di adeguarsi, confidando di portare il lavoro agile al 10% dei dipendenti in tre anni, grazie alla direttiva Madia.
La Pubblica Amministrazione locale sperimenta da tempo soluzioni di lavoro agile, un settore ben avanzato nella Provincia Autonoma di Trento. La Presidenza del Consiglio e il ministero Economia e Finanze faranno da battistrada nella Pubblica Amministrazione centrale, ma altre amministrazioni sono al vaglio (e tra loro le aree recentemente colpite dal sisma).
Certo oggi le leggi e la loro applicazione sono più un problema che una soluzione: il rischio è l’eccessiva regolamentazione passata e presente, che potrebbe impedire un’armonica implementazione della direttiva Madia. Va però detto che l’introduzione della tecnologia e la relativa implementazione sono uno strumento formidabile per sciogliere la maggior parte dei nodi via via assommati nella matassa legislativa italiana