Secondo uno studio pubblicato in questi giorni da Juniper Research, in otto mesi dal lancio del suo Watch, Apple è riuscita a guadagnare una quota pari al 52% del mercato mondiale degli smartwatch, valutato 17,1 milioni d unità a fine 2015, eclissando di fatto tutti i competitor, per quanto blasonati.
Secondo i dati della società di analisi infatti, Samsung Gear, a dispetto delle buone recensioni ricevute nel corso dei mesi, non è riuscita a fare il salto e oggi si aggira su una share inferiore al 10 per cento del mercato totale.
Il resto del mercato è costituito da una pletora di vendor più piccoli, la cui offerta è costituita da dispositivi a basso prezzo, corredati di funzioni più basilari.
Cosa vogliono gli utenti?
Fatti salvi dunque Apple e Samsung, la maggior parte dei dispositivi non solo offre un range piuttosto limitato di notifiche, ma soprattutto non è dotato di un sistema operativo in grado supportare un ecosistema di App, che al momento conta oltre 10.000 applicazioni per iOS e più di 4.000 per Android.
Il quesito tuttavia si pone: gli utenti sono davvero interessati a questi arricchimenti funzionali?
Perché in mancanza di una richiesta certa, pare evidente che la maggioranza dei produttori scelga di non fare il passo in più.
Secondo James Moar, l’autore dello studio, “gli smartwatch sono una categoria che attende un mercato. I dispositivi più recenti hanno un look più rifinito e qualche funzione in più. Ma non mostrano alcun cambiamento davvero significativo nelle funzionalità o nell’esperienza d’uso. […] Allo stato attuale sembra che tocchi ora ai consumatori decidere cosa vogliono”.
Tuttavia, nonostante la situazione particolare del comparto, intorno ai dispositivi sta crescendo l’ecosistema, fatto da società di software interessate a fornire sia giochi, sia app per la produttività personale.
Il problema reale è che non esiste al momento alcuna killer application.
Non solo, anche quelle esistenti, in particolare quelle che consentono di trasferire all’orologio le notifiche dei messaggi o degli alert che arrivano sul telefono cellulare, non vengono particolarmente apprezzate: in fin dei conti non c’è alcun alleggerimento, solo il trasferimento della notifica da un dispositivo a un altro.
Il prezzo conta
Resta poi la barriera del prezzo.
Nell’ambito del campione di potenziali utenti interpellati da Juniper, il 30 per cento di coloro che si dichiara non intenzionato all’acquisto di uno smartwatch sostiene di non percepirne l’utilità, ben il 50 per cento dello stesso gruppo non sarebbe in ogni caso convinto di pagare più di 99 dollari per un dispositivo.
E in ogni caso, anche tra gli interessati la disponibilità media della spesa si attesta intorno ai 175 dollari.
Ben al di sotto della fascia di prezzo sulla quale si orientano i big player.
Se a questi elementi si aggiunge il fatto che nel frattempo i produttori di dispositivi per il fitness stanno integrando nuove funzionalità di connessione, comunicazione e notifica nei loro dispositivi, migliorandone nel contempo l’estetica, si capisce come alla fine l’elemento prezzo finisce per essere la discriminante in fase di scelta